Dopo mesi di trattative, l’accordo sulle terre rare ucraine confezionato dall’amministrazione Trump è stato firmato dalle autorità di Kiev. L’intesa prevede la creazione di un fondo comune preposto alla gestione delle risorse naturali ucraine e alla ricostruzione post-bellica del Paese, ma presenta seri problemi di realizzabilità. Il punto, sostiene l’Atlantic Council, è che l’Ucraina aveva «poca scelta se non quella di accettare condizioni che la riducono allo status di una colonia virtuale».
D’altro canto, però, l’intesa fornisce de facto quelle garanzie di sicurezza statunitensi che il presidente Zelensky e i suoi collaboratori hanno sempre considerato imprescindibili. Il presidente Trump, dal canto suo, ha annunciato lo spostamento di un sistema antimissilistico Patriot da Israele all’Ucraina, e dichiarato che, «forse, la pace in Ucraina è impossibile».
Ora, si tratta di vedere come reagirà il Cremlino, che solo pochi giorni fa ha annunciato la completa riconquista, con il supporto delle forze nordcoreane, dei territori dell’oblast’ di Kursk interessati dalla penetrazione ucraina.
Nel frattempo, Zelensky in persona ha dichiarato che l’Ucraina non può garantire la sicurezza dei rappresentanti istituzionali stranieri che visiteranno Mosca in occasione della parata del Giorno della Vittoria, avvertendo così che la responsabilità rispetto a qualsiasi incidente sul territorio russo dovesse verificarsi in quel lasso di tempo ricadrebbe esclusivamente sul Cremlino. Gli ha risposto Medvedev, secondo cui, nel caso in cui il 9 maggio 2025 dovesse verificarsi qualche episodio increscioso riconducibile al governo ucraino, la ritorsione russa si declinerebbe sotto forma di devastazione totale della città di Kiev.
Giacomo Gabellini
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