Succedeva il  18 maggio 2025. Doveva essere il giorno inaugurale della pulizia etnica una volta per tutte, con le operazioni di terra che avrebbero definitivamente ammassato a sud della striscia di Gaza una popolazione già stremata da 19 mesi di guerra, gli ultimi dei quali segnati dal blocco degli aiuti, dalla pianificata carestia, dalla deportazione come unico possibile orizzonte per i sopravvissuti: l’apocalisse della quale siamo tutti  da mesi impotenti testimoni…

E invece (colpo di scena) ecco che nel primo pomeriggio, sulle stesse chat che avevano contribuito a promuovere il People Peace Summit di Gerusalemme dello scorso 8 e 9 maggio, arriva la seguente notizia/convocazione:   

E’ oggi! Molla tutto e unisciti a noi. Appuntamento alle 17.000 alla Stazione di Sderot per la marcia verso il Muro di Gaza: basta con la guerra, tutti a casa! Attivisti anti-guerra e anti-carestia, famiglie degli ostaggi, madri dei soldati, riservisti: mobilitiamoci tutti, finiamola con questa follia! 

Siamo di fronte a un’emergenza. Nelle prossime ore, giorni, Smotrich, Ben-Gvir e Netanyahu progettano di invadere la striscia con decine di migliaia di soldati per affamare ancor più bambini, uccidere ancor più civili palestinesi, evacuare ancor più nuclei familiari, e senz’altro sacrificare gli ostaggi oltre a chissà quanti addetti alla cosiddetta sicurezza, con l’unico obiettivo di insediarsi nella striscia e impadronirsi di Gaza.

Il 18 maggio sospendiamo qualsiasi altro impegno per essere il più numerosi possibile alle 17 alla stazione ferroviaria di Sderot. Da lì ci metteremo poi in marcia verso il muro di Gaza dove pianteremo le tende per le notte, creeremo azioni di disturbo, faremo massa critica.” 

Il messaggio si concludeva con le istruzione circa come arrivare: via treno, bus pubblici o privati, auto comunitarie… e qualche ora dopo, dalle pagine social di vari attivisti partecipi di quel variegato ‘Campo di Pace’ che da tempo seguiamo su questa testata, ecco le foto della Sderot Station riempirsi di gente, con il post (uno fra i tanti): “… sta arrivando gente da tutta Israele! E’ chiaro a tutti che questa è una situazione di emergenza… E’ ora di chiedere seriamente la fine della guerra, denunciare l’abbandono degli ostaggi e mettere fine a questo indiscriminato massacro dei civili!” 

Dalla pagina FB di un’altra attivista alcuni scatti presi durante in viaggio in treno: per esempio per documentare il trasporto di un carro armato, in viaggio verso Gaza; e lo scompartimento pieno di soldati, “giovani ragazzi che vengono mandati a servire in una guerra brutale e delirante, mettendo in pericolo se stessi, uccidendo e magari venendo anche uccisi, per ragioni di vendetta che non esita a utilizzare l’arma della fame.” 

Solo mezz’ora dopo: la marcia è cominciata e dalle brevi riprese che circolano in rete si capisce che sono in parecchie centinaia. Eloquente striscione con i volti di Smotrich, Ben-Gvir e Netanyahu ad aprire il corteo, slogan scanditi con convinzione…

… ma poi, h 18, è già tutt’altro film, con gli stessi attivisti che aprivano la marcia reggendo lo striscione, buttati a terra e malmenati dagli sbirri. I quali però appaiono più che altro rabbiosi di sorpresa: niente caschi, né scudi, né tenuta antisommossa, e però quella massa di pacifisti vocianti di slogan al rullo dei tamburi devono essere fermati…

Il pomeriggio si conclude con l’arresto di Alon Lee Green, personaggio ben noto nell’ambito del pacifismo israelo-palestinese, nel ruolo di co-direttore di Standing Together, movimento arabo-ebraico popolarissimo tra i giovani, sedi operative in varie città d’Israele e Cisgiordania. Arrestati insieme a lui altri nove: violazione dell’ordine pubblico, blocco di traffico, deviazione dal percorso inizialmente concordato, i soliti capi d’imputazione.

La replica di Standing Together: “Questo arresto è un tentativo di mettere a tacere la protesta di un crescente numero di persone, israeliani e palestinesi, contro le uccisioni, la fame, le devastazioni.  Non ci fermeremo finché la guerra non finirà e finché non verrà raggiunto un accordo che riporti indietro tutti gli ostaggi e garantisca un futuro di sicurezza per tutti. Questa protesta non può essere fermata.”