lunedì 30 ottobre 2017

Si avvicinano le (e)lezioni e le agenzie di rating Standard & INPS e ISTAT & Poor’s danno in netta ripresa il Paese


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Mentre le prestigiose agenzie di rating

Standard & INPS e ISTAT & Poor’s

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danno in netta ripresa il Paese e il lesto(fante) servizio pubblico frodovisivo della Rai, mantenuto dagli italiani con scippo mensile in bolletta, in rinnovato clima di porco-ndicio, ne dà grande risalto, fornendo al bugiardo di Rignano una nuova occasione per vantarsi dei crimini commessi in barba  ai fondamenti costituzionali e a danno degli italiani, con l’introduzione del fraudolento Jobs Act,  Francesco Mazzuoli scrive in un suo illuminante articolo su quel che accade oggi nel mondo - “le bombe demografiche, con l’arrivo di un esercito di nuovi schiavi, oltre a creare il caos e lo sgretolamento del tessuto sociale, tengono alta la disoccupazione, portando i salari sempre più al ribasso e scatenando una guerra fra poveri”.

Ma di queste cose il sionalismo nostrano non parla!

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Forse, allora, vale la pena di approfondire: leggere, dunque ,….meditare con calma 


Adriano Colafrancesco - www.adriacola.altervista.org



Quando, per chi lo ricorda, uscì sugli schermi del nostro sventurato Paese 1997: fuga da New York di John Carpenter, regista di horror e fantascienza a basso costo con al suo attivo alcuni titoli preveggenti, (oltre a quello testé citato, l’inquietante Essi vivono), le immagini di quella pellicola ci sembravano fantasie lontane, fantascienza appunto.

Oggi, dopo decenni di sonno comatoso, anche l’italiano medio – quello che si agita per la sconfitta della propria squadra in trasferta, ma che continua a seguire imperterrito campionati truccati – inizia ad avvertire di essere precipitato in un mondo in cui la fantascienza è stata superata da una realtà mostruosa, tale da rendere 1984, di George Orwell, lettura di intrattenimento per scuole medie inferiori.

Certo, chi fa parte della casta collaborazionista (la categoria più odiosa è quella dei radical chic), vive sempre alla grande – o almeno crede – e ci dirà tutt’ora, citando un articolo di Repubblica, che questo è il migliore dei mondi possibili, il regno della libertà e della democrazia, dove chi non può avere figli avrà persino un utero in affitto (e chissà se chi non può permettersi nemmeno un monolocale, potrà permettersi almeno quello…); con tanto tempo libero a disposizione da impiegare nei viaggi, nello yoga, nella meditazione, nei botox party, in cui ci si inietta un po’ di botulino antirughe per apparire eternamente giovani.

Ma sorvoliamo sui rentiers e altri dorati cascami umani assimilabili: essi non pagheranno mai, per il semplice fatto che siamo noi a pagare per loro.

Passiamo alla classe media, o meglio ciò che ne rimane.

Chi – beato lui, perché oggi la schiavitù è una conquista – ha ancora un lavoro, tenta di esorcizzare la realtà con uno scambio di battute davanti alla macchina del caffè dell’ufficio sull’ultimo programma visto in tv; con un tradimento coniugale organizzato via smartphone (di marca, per carità!); oppure rifugiandosi nell’effige del salvatore di turno: Cristo è passato di moda, ora ci sono Grillo, Renzi, o qualunque uomo-immagine fabbricato dal sistema di potere per infinocchiare i diversamente intelligenti. Deluso anche dal movimento cinque stelle, visto l’impoverimento inesorabile, voterà il nascente cinque stalle.

Chi, invece, un lavoro non lo ha più, se ha potuto è emigrato, se non ha potuto, vive a ricasco di qualcuno (“per farsi amare” diceva Flaiano “bisogna farsi mantenere”); oppure è riverso in qualche angolo di strada da dove la visione della realtà non è offuscata dalle luci della televisione e dove “la durezza del vivere” che predica Monti (naturalmente per gli altri), gliene ha tolta anche la voglia.

Tuttavia, persino chi la propaganda, scientemente fin dai banchi di scuola, ha annichilito nelle proprie capacità di essere razionale – sempre che tra i bipedi a stazione eretta tali facoltà esistano (come qualcuno ha scritto, la migliore prova che esista vita intelligente nell’universo è che nessuno ha mai cercato di contattarci) – si rende conto che si sta materializzando un vero e proprio incubo e che le spiegazioni ufficiali – della tv, della stampa, dei governi – stridono con l’enormità dei fenomeni in corso: non ultima l’invasione programmata per sostituire gli attuali popoli europei.

Quali sono queste spiegazioni ufficiali? Be’, la corruzione continua a spiegare quasi tutto. Sono tutti ladri: è per questo che dopo i quaranta cadono i capelli; il resto è dovuto alla cattiveria di Putin. Oltre siffatti “ragionamenti”, adatti alle classi differenziali del secolo scorso, c’è solo la globalizzazione, un altro concetto onnicomprensivo e spacciato per naturale, inevitabile e non storicamente determinato dai poteri dominanti.

Eppure, se esistessero in giro cervelli in grado di articolare un pensiero, ci si sarebbe posta una semplice domanda: come mai la corruzione c’è sempre stata, ma prima si stava meglio?

Certuni, anche grazie all’opera divulgativa di sparuti intellettuali, hanno capito che l’euro c’entri qualcosa. Ma quasi nessuno è andato avanti nella spiegazione. Del resto, andare avanti può costare la reputazione, la carriera, la vita: dipende quanto avanti si va e il coraggio – scriveva Manzoni – “uno non se lo può dare”, specialmente in un Paese, citando Longanesi, in cui sulla bandiera nazionale, dovrebbe essere scritto, a caratteri cubitali: “Tengo famiglia”.

E così, ben pochi hanno cominciato ad allargare l’orizzonte dello sguardo: l’italiano soffre di miopia e più di quanto gli è vicino non riesce a vedere.

Qualcuno, timidamente, ha cominciato a tirare in ballo l’Unione Europea, ma come se si trattasse di un’entità indipendente e non di un progetto americano, teso – all’indomani della seconda guerra mondiale – a mantenere in pugno l’Europa occidentale, impedendo di fatto che potenze antagoniste agli Stati Uniti potessero contenderne il dominio e, soprattutto, saldare i propri interessi con quelli russi, come è naturale vista la prossimità geografica.

In particolare, l’intendimento americano è stato – ed è – quello di impedire che la Germania si avvicini alla Russia e che rimanga strettamente legata al carro atlantico. L’euro è nato anche a tale scopo: favorire l’economia tedesca per dare alla Germania una posizione di predominio in Europa (precisamente di sub-dominio rispetto agli USA), che la distogliesse dalle tentazioni di pericolose liaisons con la Russia. Ed è, ovviamente, una delle principali ragioni per le quali la nefasta unità monetaria non viene smantellata (in questo modo, tra l’altro, lo Zio Sam, quando deve fare il cattivo in Europa, si traveste da tedesco e gli fa fare il lavoro sporco…).

Una volta per tutte, bisognerebbe far comprendere ai sonnambuli che ci circondano che non esiste “L’Europa”, né mai esisterà: essa è pura mistificazione della propaganda. Si tratta soltanto di una propaggine del declinante impero americano.

In tale quadro, l’Italia è l’ultima delle colonie, il Paese servo per eccellenza, un Paese che non decide nulla e con una classe dirigente, politica e imprenditoriale, non corrotta perché rubi, ma corrotta perché collaborazionista e nemica della propria nazione e quindi degli interessi della maggioranza. Nel suo libro Omaggio agli italiani, la compianta Ida Magli ha raccontato come la nostra storia sia quella dei continui tradimenti delle élites ai danni dei governati, cioè nostri.

Purtroppo, è l’inevitabile portato storico di un processo di unificazione eterodiretto da potenze straniere, mistificato dai miti del Risorgimento e risolto con una annessione del Meridione e nessun serio tentativo di creare una coscienza nazionale, pericolosa perché avrebbe potuto fare del nostro Paese una potenza autonoma e scomoda nell’arena geopolitica internazionale.

È qui, in questa mancanza di una visione storica elementare, che cadono gli illusori movimenti “sovranisti” – del resto praticamente risibili – che vorrebbero attecchire nella penisola.

Come ha scritto Gianfranco La Grassa, viviamo in un periodo che assomiglia agli ultimi decenni dell’ottocento, quando un altro impero, quello inglese, stava inesorabilmente declinando, a fronte dell’emergere di potenze antagoniste, su tutte gli Stati Uniti. E, oggi, sono proprio gli Stati Uniti che tentano di difendere la propria traballante supremazia, trasformando l’Europa in un fortino anti-russo, con una incessante espansione della Nato verso oriente, cercando di resistere, inutilmente, al vento inarrestabile della storia che sta proiettando nuovi attori globali (in primis Russia e Cina) verso il palcoscenico di un mondo multipolare.

Con tanti saluti all’eccezionalismo dello Zio Sam, è giunta l’ora che faccia le valigie e torni al di là dell’Atlantico a mangiare hamburger.

Ma lo Zio Sam non si arrende così facilmente: sta facendo di tutto per ritardare il suo ritiro nell’ospizio della storia e ha messo in opera la strategia del caos. Il caos, infatti, è scientificamente organizzato ai confini dell’impero, per ostacolare il coagulo di nuove alleanze geopolitiche in funzione anti-americana che potrebbe ulteriormente accelerare la caduta della superpotenza yankee.

Regimi strategicamente importanti sono destabilizzati e rovesciati mediante falsi rivolgimenti spontanei, promossi e finanziati da ONG coordinate dalla CIA (il caso delle varie “primavere”, come dell’Ucraina); oppure manipolando il terrorismo – così come avviene almeno dagli anni settanta, quando la famigerata strategia della tensione insanguinò l’Italia con la messa in scena di opposti estremismi, per dar luogo a una restaurazione autoritaria decisa a Washington.

Secondo questo disegno, attraverso ripetuti attentati terroristici e l’invasione demografica è artatamente creata instabilità sociale nelle colonie europee, al fine di indebolirle e meglio controllarle, rendendo ancora più improbabile che si riorganizzino dal punto di vista geopolitico. Intanto, la distruzione delle organizzazioni statuali prosegue senza sosta, mediante la cessione della sovranità residua ad organismi sovranazionali centralizzati, non eletti democraticamente e controllati dalla longa manus di Washington.

Avanza, di conserva, la distruzione dell’identità dei popoli e del legame con il proprio territorio (l’incentivo all’emigrazione, o alla “libera circolazione”, come è chiamata nel linguaggio propagandistico, va proprio in questa direzione); e l’annientamento dei popoli stessi, fisicamente sostituiti con immigrati di culture differenti e inassimilabili, in modo da costruire un mosaico multietnico di interessi contrastanti e inconciliabili in nome di un interesse comune, che si riconosca in un territorio e voglia difenderlo. Il progetto imperiale prevede, infatti, anonimi territori coloniali, sprovvisti di storia comune e abitati da individui sradicati in perenne conflitto tra loro.

Anche i generi sessuali sono moltiplicati per aumentare divisione e conflittualità e l’omosessualità è salvaguardata e promossa perché – come aveva intuito la Magli ne La dittatura europea – è un modo astuto di sterilizzare la razza bianca (i mussulmani sono refrattari alla propaganda gay).

Dal punto di vista dell’ingegneria sociale, il progetto imperiale prevede la cancellazione della storia e della geografia (ecco la ragione per cui lo studio di quest’ultima è stata abolita dalla riforma Gelmini). Il modello della società globale è costituito da internet (tecnologia nata in ambito militare – Arpanet il suo nome originario – non a caso resa disponibile gratuitamente): una indistinta e virtuale rete mondiale (World Wide Web), abitata da un essere umano de-territorializzato, che esiste appunto in questo non luogo geografico e in un eterno presente, creato mediante la simultaneità degli scambi (tempo e spazio sono dimensioni collegate ed internet annulla l’una e l’altra).

Internet, ad oggi, è stato il più intelligente – direi geniale – cavallo di Troia della globalizzazione.

Geniale anche come strumento di controllo totale, capace addirittura di dare al suo utente controllato l’illusione della libertà e di ottenere spontaneamente, anzi con voluttà, informazioni sensibili che una volta i servizi segreti dovevano sudare sette camice per carpire.

Neppure l’istituzione della confessione era arrivata a tanta perfezione. (Se si vuole avere un’idea di che cosa sia questo grande fratello, così amato dai sudditi, che accumula dossier particolareggiati su ognuno di noi e il cui utilizzo è incentivato in ogni modo, si legga Il potere segreto dei matematici, di Stephen Baker).

E prosegue, altresì, il saccheggio e lo sfruttamento economico delle colonie europee. Le bombe demografiche, con l’arrivo di un esercito di nuovi schiavi, oltre a creare il caos e lo sgretolamento del tessuto sociale, tengono alta la disoccupazione, portando i salari sempre più al ribasso e scatenando una guerra fra poveri.

La pressione demografica e la diminuzione del gettito fiscale, dovuto all’alto numero dei disoccupati e al calo dei salari, generano ulteriori pressioni sulle casse degli Stati perché si privatizzino pensioni e sanità, ormai economicamente insostenibili.

Nell’ottica imperiale, infatti, tutto deve essere privatizzato, naturalmente a esclusivo beneficio dell’impero e dei suoi collaborazionisti e scherani. (In questo delirio acquisitivo dell’homo habens americano si è arrivati addirittura a brevettare le specie biologiche esistenti in natura).

In ultimo, di pubblico non esisterà più nulla e gli Stati esisteranno solo in funzione di esattori delle imposte per conto dell’impero.

La sottomissione di un impero così vasto non si ottiene soltanto con la forza militare e la compiacenza delle élites a libro paga, ma anche con quella dei sudditi. In questo gli americani sono indiscussi maestri, padroneggiando come nessuno le sottili armi della propaganda, di cui Holliwood è stata per molto tempo la punta di diamante.

La colonizzazione culturale ha sempre accompagnato la penetrazione americana – altro tema che i cosiddetti sovranisti nostrani non comprendono – e fa più danni un telefilm americano di un discorso di Renzi a reti unificate.

Questa penetrazione subdola e melliflua, attraverso l’intrattenimento, ha ormai contaminato la nostra cultura fino al linguaggio, infarcito in maniera ossessiva di americanismi e dove si è arrivati al punto che battezzare qualcosa (un programma televisivo, un libro, persino una società a responsabilità limitata) senza un termine inglese, equivale a dequalificarlo come vecchio e deteriore.

Chi ha studiato un po’ sa che pensiero e linguaggio sono interrelati e il secondo influenza largamente il primo (v. il determinismo linguistico di Whorf); quindi, parlare con termini americani significa pensare in termini americani. È per questo che la propaganda è così attenta al linguaggio ed è stato inventato il politicamente corretto: quello che non si può più dire, si finisce per non pensarlo nemmeno più. E quello che si dice, si finisce col pensarlo.

Un popolo che perde la sua lingua, perde la sua identità, perché i termini di una lingua cristallizzano i postulati fondamentali di una filosofia implicita, nei quali è espresso il pensiero di quel popolo e di quella civiltà.

Ci sarebbe da ridere, se non fosse tragico: una volta, in un documento aziendale, ho visto scritto “ad ok”, invece che il latino “ad hoc”
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Nel nostro Paese, culla del Rinascimento, siamo giunti – passando da Machiavelli a Renzi, da Giuseppe Verdi a X Factor, da Storia della mia vita di Casanova a Rocco, ti presento mia moglie di Rocco Siffredi – all’annichilimento culturale: non c’è più un libro che si possa leggere, un film che si possa vedere, neppure una canzonetta ascoltabile. In questo deserto, ha buon gioco qualunque obbrobrio proveniente da oltreoceano; e quel poco che viene da noi prodotto non ne è che lo scimmiottamento. La nostra cultura qualitativa è stata trasformata in una incultura quantitativa.

L’abbassamento del gusto, l’annientamento di ogni pensiero critico (considerato dal potere una pericolosa recidiva intelligente dell’homo videns), sono perseguiti con determinazione, a partire dalla riforma della scuola: il programma prevede di eliminare l’analfabetismo di ritorno, rafforzando quello di partenza.

Accenniamo, per concludere, all’atmosfera di perenne guerra strisciante in cui siamo costretti a vivere. Una guerra che si gioca su tutti i terreni: culturale, economico, e naturalmente militare. Una guerra che pervade l’aria come un gas asfissiante, che nelle zone di frizione con la Russia (l’Ucraina, la Siria, gli Stati baltici) rischia di deflagrare in scontro aperto, extrema ratio dell’impero americano: scagliare l’attacco profittando della superiorità militare, oppure perire.

No, non ho dubbi: non c’è fantascienza peggiore di questa realtà americanizzata, di questo morente impero che ci tiene prigionieri e ci costringe non più a scappare da New York, bensì dall’intera Europa.
Eppure dovremmo riprenderci il nostro Paese. Ma la cosa in Italia è impossibile: perché non l’abbiamo mai posseduto e quindi non abbiamo neppure la coscienza che sia nostro; e l’italiano si cura solo della propria conventicola, cui appartiene per nascita o entra per cooptazione. Come scrisse Sant’Agostino: extra ecclesia, nulla salus. E, infine, perché un paese di servi sa solo immaginarsi un nuovo padrone e per quieto vivere si accontenta di quello che ha.

Lasciamoci con una citazione da La pelle, di Curzio Malaparte, alla quale non si può aggiungere davvero nulla, se non l’amara constatazione che lo spirito di un popolo non cambia mai.

E più affettuoso onore gli era venuto, nei giorni della liberazione, dal suo rifiuto di far parte del gruppo di signori napoletani prescelti per offrire al Generale Clark le chiavi della città. Del qual rifiuto si era giustificato senza alterigia, con semplice garbo, dicendo che non era costume della sua famiglia offrir le chiavi della città agli invasori di Napoli, e che egli non faceva se non seguir l’esempio di quel suo antenato, Berardo di Candia, che aveva rifiutato di rendere omaggio al re Carlo VIII di Francia, conquistatore di Napoli, sebbene anche Carlo VIII avesse, ai suoi tempi, fama di liberatore. «Ma il generale Clark è il nostro liberatore!» aveva esclamato Sua Eccellenza il Prefetto, che per primo avuto la strana idea di offrire le chiavi della città al Generale Clark. «Non lo metto in dubbio» aveva risposto con semplicità cortese il Principe di Candia «ma io sono un uomo libero, e soltanto i servi hanno bisogno di essere liberati». Tutti si aspettavano che il Generale Clark, per umiliare l’orgoglio del Principe di Candia, lo facesse arrestare, com’era usanza nei giorni della liberazione. Ma il Generale Clark lo aveva invitato a pranzo e lo aveva accolto con perfetta cortesia, dicendosi lieto di conoscere un italiano che aveva il senso della dignità.”

Francesco Mazzuoli


sabato 28 ottobre 2017

Roma, 5 novembre 2017 - Incontro cenobitico su Esoterismo, Ipnosi Regressiva, Reincarnazione, Ufologia ed altro ancora...


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Ipno-Salotto Cultural Esoterico Romano, dedicato all’Esoterismo, all’Ipnosi Regressiva, all’ipotesi della Reincarnazione, all’Ufologia ed alla Karmica Serenità Esistenziale (in ogni Spazio-Tempo)!

Domenica 5 Novembre 2017, a Roma-Parioli, dalle ore 15.15 PRECISE fino alle ore 20.15, ci incontreremo con altri

Appassionati Cultori di Ipnosi Regressiva (ad eventuali Vite precedenti) e “Scienze di Confine”, di Sensitività e Paranormale, di Medianità e Manzie, aperti allo spirito della New-Next Age e guidati dal desiderio di autentica Ricerca “Sapienziale”: il tutto  in una ottica Eubiotico-Energetico-Olistica-Universalista-non Antropocentrica, saggiamente autoironica, pur nel rispetto delle eventuali credenze religiose dei Presenti.

Protagonisti saremo tutti noi Partecipanti, impegnati a confrontarci su temi affascinanti come: 

REIKI e PRANA, SEDUZIONE ed ANIME GEMELLE KARMICHE, LIBERAZIONE dai DEBITI KARMICI e MISTERO della FEDE “RELIGIOSA E NON SOLO” CHE AIUTA A VIVERE MEGLIO, VITE PRIMA DI QUESTA VITA E VITE OLTRE QUESTA VITA, DESTINO E LIBERO ARBITRIO, MANTICHE e MAGIA e altro e ... oltre!

Potremo anche forse trovare il senso, in chiave di    KARMICO CAMMINO EVOLUTIVO, delle esperienze che sembrano continuare a segnare il nostro percorso  esistenziale  (in questa ed eventualmente anche in altre vite) accanto a persone ripetutamente “significative”, pur nel mutare delle “forme”  e dei “ruoli” da esse assunti, nella specificità delle esperienze situazionali nelle quali potremmo averle già incontrate.

Obiettivo di questi incontri è inoltre cominciare ad intuire quale sia la nostra personale MISSIONE ESISTENZIALE in rapporto all’AMORE, alla CONOSCENZA ed alla VITA in sè; ma anche in rapporto alla FRATELLANZA COSMICA con altri Abitanti  dell’Universo; in particolare con i nostri Cari non più tra noi, forse DIVERSAMENTE VIVI in qualche altra forma in qualche altro Spazio/Tempo, non percepibile da tutti, ma solo da chi abbia sviluppato la capacità di “sentirli”!

PER ESSERE AMMESSI agli Ipno-Salotti CulturalEsoterici, tenuti normalmente in case private, é necessario essere stati da noi personalmente invitati e CI SI DEVE PRENOTARE, impegnandosi a rispettare le modalità di partecipazione di volta in volta stabilite, TELEFONANDO IMPROROGABILMENTE E PERSONALMENTE (entro  il  2 Novembre 2017  alle ore 17) al numero 335 725 3150 oppure al 331 401 1485.  

I posti sono limitati; non saranno ammessi minori di 18 anni non accompagnati da almeno un genitore e neanche persone che non abbiano da noi ottenuto, ESPLICITAMENTE, il consenso a presentarsi.

Al termine dell’incontro, tradizionalmente ma senza obbligo di adesione, si potrà proseguire la serata in maniera eubioticamente ipno-conviviale, in qualche locale non troppo lontano.

Chiudo con il tradizionale augurio CIPIAno di BUONA VITA (e, perché no? buone Vite, dato che personalmente io credo nella Reincarnazione)! Occhiolino

E, se per caso qualcosa recentemente non è andata secondo i vostri piani,  vi suggerisco di meditare su questa saggia riflessione “aeronautica”, applicabile ad altre situazioni esistenziali: “MEGLIO ESSERE A TERRA E DESIDERARE DI ESSERE IN VOLO, CHE ESSERE IN VOLO E DESIDERARE DI ESSERE A TERRA”!

Evaldo NAABIL Cavallaro Tel. +39 335 725 31 50 - +39 331 401 14 85  -  

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venerdì 27 ottobre 2017

Italia "Refugium peccatorum" - Accogliere i rifugiati, cosa pensavate che fosse...?


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L’ultima frontiera della strategia immigrazionista passa attraverso un banale giochetto di parole. Avevano iniziato con “accoglienza” e con “solidarietà”, fidando sulla bontà d’animo degli italiani. E, fino a un certo punto, sono riusciti a prenderci per i fondelli.
Poi, quando i ritmi dell’invasione sono diventati terrificanti, il castello di carte buonista è crollato miseramente, travolgendo i trafficanti dell’accoglienza e i predicatori dell’inclusione. Alla fine lo hanno capito anche loro: gli italiani non ne vogliono più sapere, si sono rotti i cosiddetti, vogliono riappropriarsi dei loro treni, dei loro giardini pubblici, delle loro periferie lasciate in mano alla delinquenza d’importazione, delle loro case popolari, dei loro posti-letto in ospedale, dei loro posti di lavoro sempre più contesi da una concorrenza spietata, dei loro soldi gettati nella fornace di una solidarietà pelosa che ci costa fior di miliardi (che paghiamo con i “sacrifici”).
È così. Se ne son dovuti fare una ragione anche i chierichetti di el General e i maggiordomi dei miliardari filantropi. In attesa che il concetto riesca a penetrare anche le teste di coccio di certa sinistra italiana, che galoppa gagliarda verso il suicidio elettorale.
A questo punto, però, gli strateghi dei poteri forti hanno suggerito ai loro seguaci italiani una tattica alternativa: non parlare più di “solidarietà”, di “accoglienza”, di “disperati in fuga dalle guerre e dalle dittature”, e fingere di voler venire incontro alla popolazione italiana. Le tappe di questa strategia le abbiamo viste negli ultimi mesi: stretta sull’anarchia ONG, un ministro degli Interni travestito da “duro”, espulsione di qualche jihadista colto con le mani nel tritolo, promessa (solo promessa) di effettuare i rimpatri degli irregolari, e – soprattutto – l’immissione nel circuito giornalistico-televisivo di una nuova parola magica: “integrazione”.
È una parola che si presta ad un uso duro, austero, quasi di difesa dei tanto vituperati “muri”. Chi vuole restare in Italia, deve accettare di “integrarsi”, deve – cioè – accettare le leggi e gli usi del paese che lo ospita, deve capire che in Italia ci sono ancora dei cristiani – Bergoglio permettendo – e deve quindi concederci di festeggiare il Natale di Nostro Signore e la Pasqua di Resurrezione, deve rinunziare a picchiare la moglie se mette un rossetto, deve pagare il biglietto sugli autobus, e così via dicendo. Deve anche cercarsi un lavoro, un alloggio e tutto quanto connesso ad una civile sistemazione. Tutto ciò – aggiungono i più duri fra i duri – solo dopo essere stati ammessi fra chi “ha diritto” di restare in Italia.
Dunque, cominciamo dalla coda: nessuno straniero “ha diritto” di restare in Italia. È il nostro Stato che, avendo sottoscritto delle convenzioni internazionali, concede oggi a talune ristrette [?] categorie di migranti (ma non è detto che continui a farlo domani) la possibilità di soggiornare in Italia per un periodo più o meno lungo.
Una sola categoria di stranieri ha pienamente diritto di rimanere in Italia: quella di coloro che hanno un rapporto di parentela (anche acquisita) con cittadini italiani. Per il resto, sono tutti ospiti; anche quei pochi che rispondano ai requisiti di cui alla convenzione ONU che abbiamo sottoscritto: coloro, cioè, che abbiano abbandonato il proprio paese «per fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica».
Ma, attenzione: anche costoro, i pochi veri “rifugiati”, non hanno “diritto” ad essere accolti; hanno “i requisiti” per essere accolti. A norma del diritto internazionale, nessuno ha diritto di entrare in uno Stato di cui non ha la cittadinanza. Esattamente come, secondo le più elementari norme del diritto civile, nessun soggetto ha il diritto di entrare a casa d’altri. È il padrone di casa ad avere il diritto di ammettere o meno qualcuno entro le proprie mura, di imporre delle condizioni per essere ammesso (per esempio, delle regole di comportamento) e di stabilire se l’ospite possa fermarsi per un’ora, un giorno o un anno. Ed è esattamente così anche in scala maggiore: lo Stato, ogni singolo Stato, ha il diritto inalienabile di accogliere o di respingere chicchessia.
Accertato così che nessuno straniero “ha diritto” di venire in Italia, torniamo alla “integrazione”. Vero capolavoro di tecnica subliminale: vogliono farci accettare come positivo il punto maggiormente negativo del fenomeno migratorio. Infatti, l’aspetto peggiore dell’assalto dei migranti ai nostri confini non è la “accoglienza”: facciamo bene a “salvarli”, a nutrirli, a vestirli, anche a regalar loro biciclette e telefonini. Ma, poi, il nostro interesse primario è quello di rimandarli indietro nel più breve tempo possibile: prima che si “integrino”, prima – cioè – che si trovino un lavoro (togliendolo agli italiani), che si trovino un alloggio popolare (togliendolo agli italiani), che vadano ad incidere pesantissimamente sul sistema sanitario, sul sistema previdenziale, sul sistema carcerario, su tutti i settori della nostra vita nazionale; settori per cui i migranti, lungi dall’essere “una risorsa”, sono un peso aggiuntivo che è oggettivamente insostenibile da parte delle nostre scassatissime finanze.
È un peso che non ci possiamo accollare. Esattamente come – ritornando ad un parallelo casereccio – una famiglia in ristrettezze economiche deve dedicare ogni risorsa per sostenere la propria prole, e non può decidere di accogliere uno o più figli adottivi.
Di primo acchito, ci sembra un fatto positivo vedere un africano “integrato” che veste l’uniforme di carabiniere, o una asiatica “integrata” che fa la ballerina in tv. Ma – se ci riflettiamo un momento – ci rendiamo subito conto che questo significa un ragazzo italiano che non riuscirà a fare il carabiniere, o una ragazza italiana che non riuscirà a fare la ballerina di fila.

Il nostro interesse – e spero che i governanti di domani lo comprendano – non è quello di integrare, di “includere”. Il nostro interesse è di rimandarli a casa loro. Qui – come dicono a Roma – “nun c’è più trippa pe’ gatti”.

Michele Rallo - ralmiche@gmail.com

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Mio commentino:

Ma dove pensavate che portasse questa accoglienza? Arrivano centinaia di migliaia di giovani maschi atti alle armi, perlopiù ex carcerati e guerriglieri. Mai ci fosse una donna in mezzo a loro. Vengono in Italia e stuprano le donne italiane... ma è normale non sono né eunuchi, né frati di clausura. Vengono apposta per conquistarci e le donne sono il loro primo bottino. Il secondo sarà la presa del potere! (P.D'A.) 

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giovedì 26 ottobre 2017

La storia del blog "Altra Calcata... altro mondo" e quel che era scritto sul frontespizio


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Nella tarda primavera del  2009, un anno prima  di lasciare Calcata, ma non sapendo quel che sarebbe avvenuto di lì a poco, decisi di aprire un nuovo blog che chiamai  "Altra Calcata...  altro mondo"  per fare da tandem a quello già esistente del Circolo Vegetariano Calcata. La ragione? Pensavo che alcune notizie "diverse"  dovessero essere inserite in un contenitore più idoneo, che non fosse quello più "specifico" del Circolo. Ma poi -pian piano- come sempre succede nelle mie cose, in entrambi i blog cucinai la solita frikassea. Un melange di cose serie e meno serie, di Calcata e di fuori Calcata. Riporto qui di seguito la presentazione che inizialmente  era stata pubblicata nel frontespizio di quel blog (poi andata persa per un mio errore): 

 "Altra Calcata... altro mondo" - Questo blog nasce per l'esigenza di restituire identità al luogo ed a noi  stessi.

Negli anni passati avevo coniato il motto "Una, cento, mille Calcata.." per significare  come l'esperimento in corso nel vetusto borgo potesse essere esemplificativo di un nuovo  modo di rapportarsi con la natura e con se stessi. Non è certo Calcata, in quanto  comunità o località, che va riprodotta ma un modo di percepire la presenza umana nel  luogo. Una presenza inserita nel contesto della natura, nel consesso dei viventi, in condivisione olistica e  simbiotica.

Infatti - come disse Nisargadatta Maharaj - noi non possiamo essere altro che una parte  integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera  possiamo esserne separati.

Molto spesso però ho notato che l´uomo tende a dare maggiore importanza al contesto  sociale in cui egli vive. E´ nella società umana, con le sue esigenze e movimenti, che si  fa la storia e si sancisce la caratteristica di un posto, molto spesso dimenticando  l'appartenenza al tutto, ignorando l´inscindibile co-presenza della natura e degli animali. Per tentare di riscoprire le  nostre radici naturali, continuando a prendere ad esempio un certo modo di vivere il  luogo e nel luogo, ho pensato di affidare le mie riflessioni a questo blog. In esso si  parla di Calcata ma anche di tutto il mondo, ma potremmo dire che è un'altra Calcata ed un altro mondo.

Programmi, storie, descrizioni dell´ambiente (sia naturale che umano), poesie, riflessioni... è ciò che troverete in questo blog. Non sarà quindi un sito di servizi, per promuovere il turismo o la speculazione commerciale, ma un luogo di incontro e di fusione delle anime.

Paolo D'Arpini  

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mercoledì 25 ottobre 2017

Docufilm sulle aree terremotate del Centro Italia - "O la troika o la vita, epicentro sud"


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Segnaliamo un  backstage* di bellissime foto, scattate da Roberto Cherubini, attivista 5Stelle di Macerata, nel corso delle nostre riprese nei territori terremotati a più di un anno dal sisma, quando l’inettitudine, i ritardi, gli errori degli interventi erano diventati disastro collettivo e scandalo politico.

Il capitolo fa parte del nuovo docufilm O LA TROIKA O LA VITA – Epicentro Sud in cui, alla luce dei misfatti del concerto euroatlantico Usa, Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, abbiamo voluto raccontare quanto è stato fatto e viene ancora fatto alla Grecia, quali conseguenze siano derivate dalla Troika e dal suo governo fantoccio a Roma al territorio italiano e alle comunità locali in termini di degrado da devastazioni ambientali,  petrolifere e altre, e di incapacità delle istituzioni di arginare la tragedia del terremoto sul piano di prevenzione, soccorsi, restauro, ricostruzione. Sempre alle determinazioni della Troika e dei poteri che gestiscono questa Idra tricefala è da ricondurre la fenomenologia migranti, da noi esaminata nei suoi aspetti più oscuri e più manipolati dalla vulgata dirittoumanista che il  neocolonialismo, funzionale al Nuovo Ordine Mondiale, diffonde attraverso amici del giaguaro e utili idioti.
 
Il documentario “O LA TROIKA O LA VITA-epicentro Sud”  sarà disponibile – con richiesta a visionando@virgilio.it – a partire da metà novembre 2017 


Fulvio Grimaldi -  fulvio.grimaldi@gmail.com

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* Backstage menzionato: 
https://youtu.be/s7urXD6u5c8

martedì 24 ottobre 2017

Roma. Parco AMA “L’isola che c'è” - Il progetto Ecoparco del Riuso


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Parco AMA “L’isola che c'è”
un’opportunità per cittadini, quartiere e istituzioni
Il progetto Ecoparco

Premessa
L’esperienza consolidata nel primo anno di gestione del parco, a cura del Comitato di Quartiere Porro Lambertenghi, ha consentito di instaurare un quadro positivo di relazioni tra soggetti diversi del territorio, ciascuno dei quali, con specifiche iniziative, ha contribuito ad animare la vita del parco stesso realizzando, nell’insieme un unico progetto sinergico, ulteriormente implementabile nella prospettiva di breve e medio termine.   

In particolare
  • Attivamontesacro, aggregazione di diverse realtà di associazionismo impegnato nel sociale, basato sul volontariato, con iniziative quali L’ecobaratto, piuttosto ilProgetto salva mamme e altro,
  • la Banda Musicale di Montesacro, espressione artistica tradizionale del Municipio,
  • il Centro di Cultura Popolare del Tufello, realtà storica del quartiere, da sempre impegnata nella selezione e valorizzazione di talenti artistici, attraverso eventi e spettacoli di elevato livello qualitativo
  • la Comunità di Sant’Egidio, con le sue sedi territoriali nel quartiere e, in particolare, col gruppo di operatori volontari impegnati nell’assistenza a favore di soggetti “portatori di handicap”
  • le parrocchie del quartiere - prima tra tutte, per ragioni logistiche, quella di Santa Maria della Speranza,
  • le scuola pubbliche (cinque istituti) che afferiscono al complesso Bruno Munari,
  • le scuole private  in particolare l’Istituto di Santa Maria Ausiliatrice,
  • le scuole di musica operanti nel quartiere: “Officine zero”, “Sentieri Musicali”, e “Novamusica
  • l’associazione sportiva calcistica Spes Montesacro
  • l’associazione Terre Vivaci, con pluriennale esperienza nell’organizzazione di incontri ed eventi ricreativi e culturali
  • il Caffè letterario della Domus Città Giardino
sono i soggetti con cui si è realizzata la collaborazione nel primo anno (*)  e con cui si è creato un primo tavolo di lavoro per la definizione di una nuova e più articolataprogettualità condivisa che  vede in un particolare nel “progetto”, brevemente descritto di seguito, il proprio epicentro.

Il Progetto Ecoparco - Il progetto consiste nella creazione di uno spazio in cui gli obiettivi ambientali di contenimento dei rifiuti e la messa a punto di modelli di riutilizzo e recupero di materiali si accompagnano al sostegno di attività lavorative, creative e culturali nel territorio del III Municipio.
In particolare mira:
  • alla riduzione della produzione di rifiuti attraverso il riuso e recupero di materiali dismessi;
  • alla creazione di uno spazio di creatività e socializzazione per il territorio del III Municipio, a supporto anche e soprattutto dell’inserimento sociale di soggetti svantaggiati
grazie alla creazione di un laboratorio prossimo all’isola ecologica, dove conferire oggetti ancora utilizzabili o riparabili per il relativo riciclo, nello spirito e secondo disposizioni UE in materia di Riduzione dei rifiuti e recupero-riuso dei materiali.
Il 2 Luglio 2014 la Commissione Europea ha adottato alcune proposte intese a sviluppare un’economia più circolare in Europa e a promuovere il riciclaggio negli Stati membri. In un’economia circolare i rifiuti spariscono e il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio diventano la norma. Si parla di “Riutilizzo” di beni che non sono rifiuti e di “Preparazione al Riutilizzo” di quei beni classificati come rifiuti. La sperimentazione e messa a punto dei modelli di Riutilizzo e Preparazione al Riutilizzo è prettamente territoriale, e pertanto gli stakeholder locali - gli enti, i gestori dei servizi di igiene urbana, gli operatori dell’usato, le associazioni - hanno un ruolo di primo piano nella costruzione dei sistemi di gestione dei rifiuti che includano e integrino queste opzioni finora scarsamente utilizzate.
In pratica, per la contiguità con l’isola ecologica, fonte di raccolta della materia prima, il  parco - già luogo di richiamo e socializzazione - ben si adatta ad ospitare spazi nei quali si realizzi una filiera di riutilizzo nel territorio di beni “ingombranti” esclusi dalla raccolta “porta a porta”, rappresentati essenzialmente da prodotti di arredo e da beni domestici e dell’abitare, quali mobili, vestiario, oggettistica, hobbistica.
Diverrebbe una sorta di fabbrica del riuso e delle idee (Bottega dei mestieri o Accademia delle arti) dove conoscenze e informazioni vengono apprese, trasmesse, rielaborate e trasformate in prodotti e servizi con effetto moltiplicativo sul territorio.
Insieme a singoli cittadini che comprendono quanto sia necessario agire in prima persona, il progetto intende coinvolgere, in special modo comunità di recupero(psicofisiche, disabilità, ecc.) che vedono in questo progetto una opportunità di reinserimento per i propri assistiti.

Adriano Colafrancesco - adrianocolafrancesco@gmail.com

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