Dunque
riepilogando: È in atto una destabilizzazione dell’Europa
una vera azione di guerra che spinge una valanga umana come se
fossero animali da macello verso l’Europa. Lo avevano minacciato
da tempo. L’Italia con leggi a hoc tenta disperatamente di arginare
il flusso purtroppo con scarso successo, in attesa che l’Europa
trovi una linea comune risvegliandosi dall’ebbrezza finanziaria.
E
noi anziché sostenere un risveglio dell’Europa incoraggiando i
politici ad andare nei paesi di origine per contrastare le partenze
magari cooperando per la loro stabilizzazione sociale ed economica,
invece preferiamo combattere il nostro stesso governo comunque eletto
democraticamente e che almeno ci prova in solitudine.
E la disobbedienza della capitana, pubblico ufficiale che non si ferma nemmeno con un ordine militare lo vediamo come un atto di eroismo? Minimizzare questa disobbedienza paragonandola ad una ambulanza che viola la legge passando a un semaforo rosso come han fatto Delrio ed Orfini dimostra tutta l’ipocrisia della politica che secondo il mio modesto parere ha perso la bussola. Da tempo non mi identifico più in questa sinistra.
(G.G.)
80 euro compresa calamarata a bordo
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Stremati
(Bartolomeo Prinzivalli) – Omero era cieco e compensava la disabilità con una fervente fantasia, ma forse una scena del genere non avrebbe mai potuto immaginarla: lo scatto di Migliore che cinge in un abbraccio Orfini, segnato dall’esperienza traumatica appena vissuta, dopo il rocambolesco sbarco della SeaWatch nel porto di Lampedusa. Erano partiti in cinque i nostri eroi, timorosi ma determinati, pronti a sfidare il destino sul ponte di una nave, all’addiaccio, per vivere un’avventura al cui confronto Ulisse sarebbe sembrato uno scappato di casa. Poche ore lontani dagli studi dei talk show e dagli apericena, circondati dall’ignoto, privati di tutto, persino della Playstation; un’eternità. Roba per stomaci forti, per uomini veri.
Il censimento dei passeggeri guardandoli negli occhi, come appreso dal mago Martina, era durato poco; poi le lunghe passeggiate sul ponte dove la tensione si faceva palpabile, rimuginando sul fato, la vacuità dell’esistenza, il terrore della morte che si nasconde dietro ogni anfratto, o forse era solo astinenza da spritz. Per la sacra missione si è disposti a questo ed altro: non per i terremotati, i malati dell’Ilva, i truffati dalle banche, i bambini mercificati e torturati, dove le responsabilità dirette ed indirette sono evidenti, no, è quella dell’immigrazione irregolare la battaglia delle battaglie, quella capace di dividere l’opinione pubblica e garantire longevità politica, ove le soluzioni tampone fanno gioco ad entrambi gli schieramenti mentre i veri responsabili rimangono compiaciuti e ben nascosti; un gioco in cui vincono tutti, tranne forse gli stessi immigrati, di cui in fondo non importa nulla a nessuno, in quanto pedine sacrificabili, volti intercambiabili da utilizzare per scatenare rabbia o solidarietà momentanea, a cui subentra il silenzio a riflettori spenti, oltre che un malcelato fastidio.
Erano lì su quel natante gli ormai cinque profughi (per spirito d’immedesimazione, metodo Stanislavskij), indecisi sul fatto di gettare i passaporti in mare, mentre i quaranta migranti li osservavano chiedendosi in quale lager fossero stati rinchiusi e quali torture avessero subito per essersi ridotti così. Erano lì, al fianco della capitana coraggiosa che aveva scelto l’Italia e solo l’Italia, poiché non esistono leggi umane e terrene che possano opporsi alla volontà divina di alimentare una tratta così efficace e remunerativa che consenta la percorrenza del sentiero scelto a tavolino da chi comanda davvero le sorti del mondo, sfruttando l’ambizione o l’inconsapevolezza di comparse che vogliano dare un senso alla propria esistenza vivendo momenti di gloria.
Ormai era notte, era giunto il momento, i cinque eroi, stremati, non avrebbero resistito un secondo di più, bisognava forzare il blocco, e con stile. Come nei romanzi pirateschi ciascuno era ai propri posti: Faraone e Delrio a prua, l’uno a fare da polena e l’altro da rostro, come nelle galee romane, i rimanenti tre in agguato, attaccati all’albero maestro, pronti all’arrembaggio al primo cenno; o più probabilmente erano tutti in cambusa, a chiedersi chi glielo avesse fatto fare, anche se la risposta la conoscevano già. L’unica soddisfazione nella calca dell’approdo è stata lo speronamento di un’imbarcazione della Guardia di Finanza, a parziale risarcimento dei danni causati al partito in passato tramite sequestri ed arresti eccellenti.
“E’ finita, Matteo. E’ finita”, sembra raccontare quell’immagine che ormai è storia, quell’abbraccio di un Migliore che quasi faticava a riconoscere il compagno, il compare, il complice, manco avesse appena varcato i cancelli di Auschwitz dopo anni di prigionia invece di aver trascorso qualche ora in gita a sbafo, ma la missione era compiuta, l’opinione pubblica divisa, manipolata, gabbata per l’ennesima volta.
Omero era cieco, fortunatamente. Poiché davanti ad una scena del genere si sarebbe volontariamente cavato gli occhi…