domenica 30 giugno 2019

Capitana Rackete Carola... eroina del mare o pirata del racket(e)?



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Dunque riepilogando: È in atto  una destabilizzazione dell’Europa una vera azione di guerra che spinge una valanga umana  come se fossero animali da macello verso l’Europa. Lo avevano minacciato da tempo. L’Italia con leggi a hoc tenta disperatamente di arginare il flusso purtroppo con scarso successo, in attesa che l’Europa trovi una linea comune risvegliandosi dall’ebbrezza finanziaria. 

E noi anziché sostenere un risveglio dell’Europa incoraggiando i politici ad andare nei paesi di origine per contrastare le partenze magari cooperando per la loro stabilizzazione sociale ed economica, invece preferiamo combattere il nostro stesso governo comunque eletto democraticamente e che almeno ci prova in solitudine.

E la disobbedienza della capitana, pubblico ufficiale che non si ferma nemmeno con un ordine militare lo vediamo come un atto di eroismo? Minimizzare questa disobbedienza paragonandola ad una ambulanza che viola la legge passando a un semaforo rosso come han fatto Delrio ed Orfini dimostra tutta l’ipocrisia della politica che secondo il mio modesto parere ha perso la bussola. Da tempo non mi identifico più in questa sinistra.
(G.G.)

80 euro compresa calamarata a bordo



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Stremati












(Bartolomeo Prinzivalli) – Omero era cieco e compensava la disabilità con una fervente fantasia, ma forse una scena del genere non avrebbe mai potuto immaginarla: lo scatto di Migliore che cinge in un abbraccio Orfini, segnato dall’esperienza traumatica appena vissuta, dopo il rocambolesco sbarco della SeaWatch nel porto di Lampedusa. Erano partiti in cinque i nostri eroi, timorosi ma determinati, pronti a sfidare il destino sul ponte di una nave, all’addiaccio, per vivere un’avventura al cui confronto Ulisse sarebbe sembrato uno scappato di casa. Poche ore lontani dagli studi dei talk show e dagli apericena, circondati dall’ignoto, privati di tutto, persino della Playstation; un’eternità. Roba per stomaci forti, per uomini veri.
Il censimento dei passeggeri guardandoli negli occhi, come appreso dal mago Martina, era durato poco; poi le lunghe passeggiate sul ponte dove la tensione si faceva palpabile, rimuginando sul fato, la vacuità dell’esistenza, il terrore della morte che si nasconde dietro ogni anfratto, o forse era solo astinenza da spritz. Per la sacra missione si è disposti a questo ed altro: non per i terremotati, i malati dell’Ilva, i truffati dalle banche, i bambini mercificati e torturati, dove le responsabilità dirette ed indirette sono evidenti, no, è quella dell’immigrazione irregolare la battaglia delle battaglie, quella capace di dividere l’opinione pubblica e garantire longevità politica, ove le soluzioni tampone fanno gioco ad entrambi gli schieramenti mentre i veri responsabili rimangono compiaciuti e ben nascosti; un gioco in cui vincono tutti, tranne forse gli stessi immigrati, di cui in fondo non importa nulla a nessuno, in quanto pedine sacrificabili, volti intercambiabili da utilizzare per scatenare rabbia o solidarietà momentanea, a cui subentra il silenzio a riflettori spenti, oltre che un malcelato fastidio.
Erano lì su quel natante gli ormai cinque profughi (per spirito d’immedesimazione, metodo Stanislavskij), indecisi sul fatto di gettare i passaporti in mare, mentre i quaranta migranti li osservavano chiedendosi in quale lager fossero stati rinchiusi e quali torture avessero subito per essersi ridotti così. Erano lì, al fianco della capitana coraggiosa che aveva scelto l’Italia e solo l’Italia, poiché non esistono leggi umane e terrene che possano opporsi alla volontà divina di alimentare una tratta così efficace e remunerativa che consenta la percorrenza del sentiero scelto a tavolino da chi comanda davvero le sorti del mondo, sfruttando l’ambizione o l’inconsapevolezza di comparse che vogliano dare un senso alla propria esistenza vivendo momenti di gloria.
Ormai era notte, era giunto il momento, i cinque eroi, stremati, non avrebbero resistito un secondo di più, bisognava forzare il blocco, e con stile. Come nei romanzi pirateschi ciascuno era ai propri posti: Faraone e Delrio a prua, l’uno a fare da polena e l’altro da rostro, come nelle galee romane, i rimanenti tre in agguato, attaccati all’albero maestro, pronti all’arrembaggio al primo cenno; o più probabilmente erano tutti in cambusa, a chiedersi chi glielo avesse fatto fare, anche se la risposta la conoscevano già. L’unica soddisfazione nella calca dell’approdo è stata lo speronamento di un’imbarcazione della Guardia di Finanza, a parziale risarcimento dei danni causati al partito in passato tramite sequestri ed arresti eccellenti.
“E’ finita, Matteo. E’ finita”, sembra raccontare quell’immagine che ormai è storia, quell’abbraccio di un Migliore che quasi faticava a riconoscere il compagno, il compare, il complice, manco avesse appena varcato i cancelli di Auschwitz dopo anni di prigionia invece di aver trascorso qualche ora in gita a sbafo, ma la missione era compiuta, l’opinione pubblica divisa, manipolata, gabbata per l’ennesima volta.
Omero era cieco, fortunatamente. Poiché davanti ad una scena del genere si sarebbe volontariamente cavato gli occhi…
Fonte: https://infosannio.wordpress.com/2019/06/30/stremati/




giovedì 27 giugno 2019

Tuscia: acqua bene comune - Erbetti: "L'acqua potabile della Talete deve restare pubblica..."



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Il movimento 5 stelle appoggia la petizione indetta dal comitato “non ce la beviamo” volta a sollecitare la regione Lazio in merito all’applicazione della legge n.5, ferma da anni in regione in attesa della definizione dei bacini idrografici, e che permetterebbe la gestione del servizio idrico tramite consorzi gestiti direttamente dai comuni.

Una iniziativa che il M5S ritiene ancor più urgente alla luce di quanto dichiarato dal nuovo presidente del CDA di Talete, che ritiene plausibile e necessario l’ingresso nella società di soci privati.

Una posizione perfettamente in linea con quanto più volte espresso da partiti di destra e di sinistra, di cui il presidente Ing. Andrea Bossola è espressione, ma in netto contrasto invece con quanto più volte espresso dai cittadini della provincia viterbese, in primis con il largo consenso al referendum del 2011, circa la volontà che la gestione del servizio idrico sia assolutamente pubblica.

Esprimiamo inoltre estremo disappunto per l’azione intrapresa da Talete che sta effettuando distacchi di contatori a cittadini morosi contravvenendo in questo modo al principio di accessibilità all’acqua potabile sancito in 50 litri giornalieri per persona come stabilito dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato in gazzetta il 14 ottobre 2016.

Per questo il M5S allestirà banchetti per la raccolta firme in tutti i comuni in cui è presente con consiglieri comunali e gruppi di attivisti.

L’acqua deve essere pubblica ed il Movimento 5 Stelle, in linea con la posizione assunta fin dalle sue origini, adotterà tutte le misure necessarie al fine di garantire questo fondamentale principio.

Massimo Erbetti 

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Ed i gruppi M5S di:
Viterbo
Montefiascone,
Ronciglione
Bolsena
Caprarola
Soriano nel cimino
Bagnoregio
Montalto di Castro
Sutri
Tuscania
Capranica
Tarquinia
Civita Castellana

martedì 25 giugno 2019

Karma ricorrente - "Muoia Sansone e tutti i filistei"


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Spesso, durante la mia permanenza in India, diverse persone ponevano domande ai vari maestri (presso i quali andavo a soggiornare) in merito al destino dei popoli, alla crudeltà di Hitler, alla persecuzione millenaria degli ebrei, alla distruzione delle civiltà meso-americane, alle guerre civili e simili argomenti apocalittici. La riposta dei saggi era sempre più o meno la stessa: “Come esiste un destino individuale esiste anche un destino per le nazioni e per i popoli”.

Insomma par di capire che la summa di atti e coinvolgimenti che videro diverse anime convergere in un particolare momento storico non è altro che un riaggiustamento karmico. Questo non significa che coloro che furono perseguitati come ebrei, ad esempio, sono nati sempre in quella religione o razza, anzi parrebbe essere proprio il contrario, e cioè che l’entrata in un particolare karma collettivo sia necessario per un riequilibrio degli opposti. Ad esempio se diversi individui furono perseguitati durante la strage degli Ugonotti pareggiano il conto perseguitando a loro volta, in un’altra condizione gli zaristi durante la rivoluzione bolscevica. Oppure se le anime dei Maya cercano rivalsa si incarnano in Spagna e scatenano la guerra civile. Quindi perseguitati e persecutori si scambiano le parti a seconda delle circostanze sino al compimento finale ed alla comprensione che son la stessa identica cosa, sono lo stesso sognatore che prende varie forme.

Lasciando da parte questa analisi di causa effetto vorrei solo soffermarmi un attimo sulla tendenza karmica che contraddistingue il popolo ebraico.

La chiave della comprensione del destino di questo popolo sta nel senso del sacrificio, della trasgressione e della punizione. “Occhio per occhio, dente per dente”. E quando ci si trova alle strette si preferisce la morte onorevole, come avvenne ai rivoluzionari di Masada che preferirono il suicidio collettivo piuttosto che cadere in mano ai Romani (ma anche questa è solo una favola). L’esempio più significativo di questa filosofia di vita collettiva è il famoso detto: “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Che siano tutti morti è meglio che qualcuno salvato, soprattutto se quel qualcuno è un “altro”.

Questo mi fa pensare a cosa succederà delle testate nucleari conservate da Israele… Finché si tratta di spedire queste bombe verso la lontana Persia non ci sono problemi ma se si tratta di usarle contro i nemici vicini, come la Siria, i rischi di ricadute per i cittadini israeliani sono maggiori… ma se dovessero infine essere usate contro la Palestina chi si salverebbe?

Il muoia Sansone e tutti i Filistei è un mito ricorrente…

Paolo D’Arpini

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Comunicazione Psicosomatica: “Urlate, perché è vicino il giorno del Signore, esso viene come una devastazione… e il giorno del Signore arriva, crudele, … per fare della terra un deserto e sterminare da essa i peccatori… chiunque sarà incontrato, sarà trafitto, e chiunque sarà sorpreso, cadrà di spada. I loro piccoli saranno schiacciati davanti ai loro occhi, le loro case saranno saccheggiate le loro mogli violate”  (Bibbia – Parole del Signore)

venerdì 21 giugno 2019

Governo giallo-verde: "Volemose bbene, annamo d'accordo..." ed intanto facebook lancia la sua moneta


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Tante volte si è detto che il governo giallo-verde era sul punto di cadere, ma altrettante volte Salvini ha preferito non staccare la spina.
Adesso questo governo dovrebbe avere una prospettiva meno problematica, almeno in teoria: la Lega é dappertutto vincente, e quindi non mostra interesse ad interrompere un trend per lei estremamente favorevole; e i Cinque Stelle Cadenti perdono su tutte le ruote, e quindi non hanno alcun interesse a tirare troppo la corda ed a rischiare elezioni anticipate.
Calma assoluta, verrebbe da dire. Se nonché a mettersi di traverso é adesso il terzo membro della coalizione, quello che nei palazzi qualcuno chiama “il partito del Presidente”. Non che Mattarella, naturalmente, abbia una sua rappresentanza nel governo... Si tratta soltanto di una pattuglia di “tecnici” che non rispondono completamente né alla Lega né ai grillini, e che sembrano messi lí apposta per evitare che i gialli e i verdi vadano un po’ troppo oltre nei loro sogni di palingenesi.
Fin quando tutto é tranquillo, questi tecnici appaiono defilati, fino ad essere addirittura accusati di essere ininfluenti, dei semplici esecutori d’ordini di Salvini e Di Maio. Ma, quando le cose si complicano, eccoli riemergere dalle nebbie e rivendicare il loro pieno diritto a rappresentare l’Italia nei consessi internazionali – in ámbito europeo, principalmente – e ad assumere le decisioni del caso.
E questo é, appunto, uno di quei momenti complicati, con una Commissione Europea oramai prossima alla fine del suo mandato che, prima di andare via, vuole porre all’Italia l’ennesimo ricatto. O noi diamo le “assicurazioni convincenti” pretese dai nostri nemici piú accaniti (Moscovici e Dombrovskis), o contro l’Italia sará proposta una “procedura d’infrazione”, con il rischio che ci venga comminata una multa miliardaria.
A questo punto, Salvini ha alzato la voce, peraltro con il pieno sostegno di Di Maio (forse per i motivi di cui sopra). E i nostri “tecnici” sembra che si siano dati una regolata. Adesso Tria tiene un profilo basso e va dicendo che il governo italiano é in grado di offrire a Bruxelles ogni chiarimento necessario; ma non si capisce ancóra se (o in che misura) la Commissione Europea fará finta di credere alle “giustificazioni” del ministro italiano.
Se cosí non dovesse essere, allora sí che si andrebbe al redde rationem. La scelta sará semplice: o chinare ancora una volta il capo, come quando ci siamo rimangiati sull’unghia il deficit al 2,40%; o respingere al mittente la procedura d’infrazione, dicendo chiaro e tondo che non pagheremo alcuna multa.
Cosa possono farci? Escluderci dall’Unione Europea? Non é detto che per noi sarebbe un male. Ma per l’Unione sarebbe certamente una catastrofe. Immaginate un’Europa che, dopo aver perso l’Inghilterra, perdesse anche l’Italia? Aggiungete che pure la “locomotiva” tedesca si é fermata. E aggiungete ancóra che la forte crisi economica di Berlino ha fatto perdere il senso della misura a Emanuelino Macron, che adesso vorrebbe per la Francia e per il piccolo gruppo parlamentare dell’ALDE (cui aderiscono gli eletti macroniani) nientedimeno che la Presidenza della Commissione Europea. Follía pura, considerato anche che Parigi ha un deficit del 3,1%: cioé un punto in piú rispetto a quello di Roma, che – non si capisce per quale arcano motivo – dovrebbe pagare una multa che ai “cugini” francesi dovrebbe essere risparmiata.
L’aspetto burocratico del conflitto con la Commissione Europea, quindi, non dovrebbe preoccupare. A patto, naturalmente, che il governo italiano mostri, questa volta, coraggio.
A preoccupare, invece, é l’aspetto sostanziale del problema, quello relativo al cappio del nostro debito pubblico. Un cappio che ci é stato gentilmente offerto dai “mercati”, che noi siamo stati lesti a stringerci al collo da soli, e che adesso, naturalmente, rischia di strangolarci. Esattamente come accade a chi si mette nelle mani degli strozzini: paga, paga, paga, ma alla fine quelli gli portano via anche la casa.
Da quando l’Italia ha deciso di privatizzare il proprio sistema bancario, siamo stati costretti a ricorrere ai “mercati” per finanziare la spesa pubblica, facendo lievitare il nostro debito fino a un livello che lo rende ora matematicamente inestinguibile. Pensare adesso di incrementarlo ulteriormente non é un dramma, come fingono di credere certi Soloni dell’austeritá. Resteremmo un paese indebitato fino al collo, esattamente come ora.
Ma non é con questi sistemi che potremmo tirarci fuori dai guai, perché resteremmo sempre nelle mani degli strozzini. É necessario, é indispensabile che lo Stato italiano crei una liquiditá propria, con la quale finanziare almeno le spese indifferibili. «Basterebbe emettere una sorta di moneta parallela – scrivevo ben prima dell’esplodere dell’attuale polemica sui mini-bot – o magari ricorrere alla emissione di simil-moneta da parte del Ministero del Tesoro. Andrebbero bene, tanto per cominciare, anche i “mini-bot” di cui si è parlato in questi giorni: titoli di Stato di piccolo taglio, spendibili come normale denaro e la cui circolazione sia rigorosamente limitata all’àmbito nazionale.» [su “Social” dell’8 giugno 2018]
I mini-bot, quindi, potrebbero servire oggi a pagare i debiti dello Stato verso le aziende (90 miliardi di euro, mica bruscolini)... Ma domani potrebbero servire a ben altro: per esempio, a finanziare la spesa generale dello Stato (sicurezza, sanitá, previdenza, infrastrutture, eccetera), mentre si potrebbe utilizzare la moneta ufficiale – l’euro – per pagare gli interessi ed anche per ridurre sensibilmente il nostro debito verso i “mercati”. Senza contare che i mini-bot potrebbero servire anche a tutelarci da una crisi di liquiditá artificiale, che la finanza internazionale potrebbe provocare sul nostro mercato interno per piegarci, come hanno fatto con la Grecia. Tanto per rendere l’idea: se quel cuor-di-leone di Tsipras si fosse inventato qualcosa di simile ai mini-bot, sarebbe stato oltremodo difficile per lo strozzinaggio straniero asfissiare l’economia greca.
Naturalmente – non occorre dirlo – i nostri “tecnici” sono contrari. Conte vede i mini-bot come il fumo negli occhi... Tria, non ne parliamo.
Ma la politica la fanno i politici. I tecnici devono trovare i modi piú appropriati per dare attuazione alle indicazioni dei politici, i quali – a loro volta – sono legittimati da una cosa soltanto: la volontá popolare.
Le regole della democrazia sono queste. La tecnocrazia é tutt’altra cosa: é la negazione del primato della politica e – con esso – del concetto stesso di rappresentanza della volontá popolare. Tutto ció – piccolo particolare – nel presupposto necessario che la classe politica sia all’altezza dei suoi cómpiti. Diversamente, non sono i tecnici ad usurpare il ruolo che sarebbe dei politici; ma sono i politici stessi, consci della loro incompetenza, a chiedere ai tecnici di surrogare il loro ruolo.
Ma questa é una divagazione d’indole teorica, che ci porterebbe troppo lontano. Ritornando alla realtá del momento: dopo essere sopravvissuto agli attriti fra Lega e Cinque Stelle, l’attuale governo sopravviverá anche alle bizze del “partito del Presidente”? E Salvini – oramai il vero motore della coalizione giallo-verde – riuscirá ad imporre una linea di dignitosa resistenza di fronte alle pretese di una Commissione Europea che ci è apertamente ostile? Io spero di si, spero che a prevalere sia la linea della fermezza, e non quella della resa.

Michele  Rallo - ralmiche@gmail.com

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P.S. -  ANCHE FACEBOOK HA I SUOI MINI-BOT.
Le agenzie battono in questi giorni la notizia che Facebook starebbe per lanciare una sua similmoneta: si chiama “Libra”, e andrebbe ad aggiungersi alle altre monete elettroniche (Bitcoin, eccetera) che viaggiano su internet. Domanda: perché quello che è consentito a una ditta privata non dovrebbe essere consentito – mutatis mutandis – a uno Stato sovrano?

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venerdì 14 giugno 2019

CHI HA PAURA DEI MINI-BOT ?


C’era da aspettarselo: l’approvazione della mozione che apre la strada alla emissione dei “mini-bot” ha fatto saltare i nervi ai paladini dei mercati.

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Il piú arrabbiato, il piú acido, il piú cupo di tutti sembra essere il governatore uscente della BCE, Mario Draghi, il quale ha scandito che i mini-bot o sono un titolo di debito (e in questo caso aumentano il debito pubblico complessivo) o sono una valuta parallela (e in questo caso sono illegali).
Doppia inesattezza (e uso un termine gentile). Il debito, “questo” debito c’é giá. É quanto la pubblica amministrazione deve ai privati italiani: 90 miliardi di euro circa, e non giá gli «oltre 50 miliardi» (e scusate se é poco) di cui parlano con pudica ritrosía i telegiornali. É una parte del nostro debito pubblico complessivo, accertato, certificato e messo a bilancio.
I mini-bot, dunque – lo capiscono anche i bambini – non sono e non possono essere altro debito, bensí soltanto la attestazione di quel debito. É come se lo Stato, invece di riconoscere genericamente quel debito, lo consacrasse con l’emissione di un titolo specifico. Esattamente come fa quando si fa prestare i soldi dai “mercati”: prendendo del danaro e rilasciando in contropartita dei titoli, che in quel caso sono i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali). Nel nostro caso, il corrispettivo del danaro lo Stato l’ha giá preso (sono le merci e i servizi che ha ottenuto a credito) e i mini-bot (dove “bot” sta per Buoni Ordinari del Tesoro) non sarebbero altro che l’equivalente casereccio dei BTP.
Con una differenza, e non di poco conto: i BTP sono titoli fruttiferi, a fronte dei quali lo Stato italiano deve corrispondere, per un determinato numero di anni, gli interessi che sono determinati dallo spread e dagli altri meccanismi che si é inventati l’usurocrazia globalista; i mini-bot, invece, sono titoli infruttiferi, che, oltre a non aumentare l’ammontare del debito pubblico, non ci costano neanche un centesimo di interessi.
Seconda opzione di Draghi: se non sono debito aggiuntivo, i mini-bot sono “valuta parallela”, e sono perció illegali. Iniziamo col dire che i mini-bot sarebbero semmai una moneta parallela, non una valuta parallela. La differenza é enorme, perché la moneta puó circolare solo all’interno del paese emittente, mentre la valuta é una moneta che sia negoziabile anche all’estero. Quello che la normativa europea ci inibisce é di emettere euro per conto nostro, e comunque di stampare una valuta, cioé una moneta che abbia corso legale anche all’estero. Nulla vieta che uno Stato dell’UE possa mettere in circolazione una pseudomoneta aggiuntiva o, a maggior ragione, dei certificati di credito destinati ad una circolazione soltanto interna. É appena il caso di ricordare che la Banca di Francia emette una moneta convertibile con l’euro: é il Franco CFA, destinato alla circolazione nelle ex colonie africane ma a corso legale anche in territorio francese.
La Banca Centrale Europea ha il monopolio dell’emissione dell’€uro, non di qualunque moneta nazionale; anche perché molti paesi dell’UE non hanno adottato la moneta unica. E comunque, anche a voler ammettere che non si possa emettere una moneta nazionale, nulla vieta una moneta parallela, una moneta aggiuntiva, una moneta fiscale, né tantomeno l’emissione di certificati di credito o di buoni del tesoro di qualunque taglio.
Diciamola tutta: Draghi ha sbagliato clamorosamente (o ha voluto sbagliare per lanciare un messaggio). Comunque ha sbagliato e, con lui, hanno sbagliato i tanti draghetti (dal ministro Tria al presidente di Confindustria) che si sono precipitati a ripetere pappagallescamente lo slogan che riconduce i mini-bot a debito o illegalitá.
Ma, stando cosí le cose, perché mai i mercati si mostrano tanto allarmati? Per due motivi. Il primo: perché i mini-bot sarebbero di piccolo taglio (si ipotizza da 5 a 100 euro), di formato simile a quello delle banconote e, soprattutto, trasferibili a terzi che potrebbero utilizzarli per il loro fine naturale (pagare le tasse) o per cederli ad altri soggetti ancóra. La qualcosa ne farebbe di fatto una sorta di moneta parallela, in grado di mettere in discussione il dogma della dittatura monetaria dell’€uro nel nostro paese.
Il secondo motivo d’allarme risiede nella creazione di un precedente assai pericoloso (per loro). Se oggi lo Stato italiano puó pagare qualcosa (i debiti della pubblica amministrazione) con risorse proprie, senza essere obbligato a passare per la mafia dei mercati e senza pagare un centesimo di interessi, cosa impedisce – in un domani nemmeno troppo lontano – che possa utilizzare lo stesso sistema per pagare altro? Chessó... la messa in sicurezza del territorio contro il dissesto ambientale, o la manutenzione delle scuole pericolanti, o – perché no? – quota 100 e il reddito di cittadinanza? E tutto questo con risorse proprie, senza fare crescere il debito pubblico, senza ricorrere al massacro sociale. Cosa pericolosissima (sempre per loro, naturalmente) perché in questo caso la speculazione straniera non potrebbe piú venire in Italia a fare shopping a spese della nostra economia nazionale.
Avete capito cosa possono rappresentare i mini-bot? Ben piú di un mezzo per pagare i debiti della pubblica amministrazione verso i privati, come da interpretazione (riduttiva) dei vertici di Lega e Cinque Stelle. I mini-bot possono rappresentare l’inizio di una vera inversione di tendenza, il ritorno alla speranza, alla ragionevolezza, l’alt al degrado, all’impoverimento, al massacro sociale. E – sia pure in prospettiva – possono annunciare la rinascita dello Stato, con tutte le sue naturali attribuzioni, con le sue regole, con i suoi “muri”, con il suo diritto-dovere di battere moneta, di lavorare per il benessere dei propri cittadini e non per la felicitá dei mercati.
Naturalmente, tutto ció potrá avvenire soltanto se il governo che al momento ci rappresenta avrá il coraggio e la determinazione per andare fino in fondo. E non mi riferisco soltanto alle risposte da dare alle lamentazioni immancabili della Commissione Europea, ma anche all’assedio spietato, cattivo, senza esclusione di colpi cui ci sottoporranno i “mercati” allo scopo di riportarci all’ovile. Come é avvenuto in Grecia, inducendo quel leone di Tsipras ad alzare súbito bandiera bianca e ad arrendersi ai figli di troika.
Se i nostri governanti se la sentono di sfidare i poteri fortissimi, bene. Altrimenti, che ci risparmino almeno la pantomima del vorrei-ma-non-posso. 
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com

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mercoledì 12 giugno 2019

Banche: una disfatta su tutte le fideiussioni...?

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Potrebbe davvero essere una Caporetto per tutte le banche, la nuova sentenza della Cassazione in materia di fideiussioni (Cass. sent. n. 13846/19 del 22.05.2019). In pratica se hai prestato una garanzia per un’apertura di credito o un finanziamento e il tuo contratto è simile allo schema prefissato dall’Abi qualche anno fa, sei libero. Libero da cosa? Dal rischio di un pignoramento nell’ipotesi in cui il debito non venga restituito.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

Le banche hanno a lungo utilizzato tutte lo stesso schema di contratto di fideiussione che era stato loro predisposto dall’Abi. Ma questo comportamento è stato ritenuto illegittimo nel 2005 da Bankitalia: esso cioè finiva per limitare qualsiasi concorrenza tra gli istituti di credito imponendo ai clienti le medesime condizioni. In pratica, a qualsiasi sportello ti rivolgevi avevi sempre le stesse condizioni. Una scelta era così impossibile.


Neanche a dirlo: le banche se ne sono infischiate e, nonostante il provvedimento dell’Autorità Garante (appunto Bankitalia) hanno continuato a fare di testa propria. Ora è arrivata la Cassazione a sottolineare: le fideiussioni redatte secondo questo schema sono nulle in automatico. Non c’è neanche bisogno di una valutazione del giudice sull’illegittimità delle clausole della fideiussione visto che questa valutazione è già stata fatta, a monte, dalla Banca d’Italia. Il tribunale deve quindi limitarsi a verificare se il contratto è sostanzialmente simile a quello dell’Abi e, in tal caso, annullarlo.

Immacolata De Nittis  - pressofficemadonnadebitores@gmail.com


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P.S.  Per capire se il tuo contratto di fideiussione è legittimo o meno confrontalo con lo schema Abi del 2003. 

lunedì 10 giugno 2019

THC. La modica quantità... e "l'efficacia drogante"!


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A parte la follia demente del proibizionismo (ai cui fautori auguro di andare all'inferno e rimanerci, in base ad una serie di gravi motivi troppo lunga per essere qui citata), i giudici della Suprema Corte alla fine di maggio hanno prodotto un ulteriore mostro giuridico, peraltro di una tipologia tristemente già nota.
Introducendo il concetto imprecisato di "efficacia drogante" non ne hanno specificato i termini, men che meno quantitativi.
Sembra di essere tornati ai tempi della vaghissima "modica quantità".
Che cosa significa?
Un grammo?
Dieci grammi?
Cento grammi?
"Signor giudice, è vero, a casa mia c'erano 365 grammi di cannabis. Ma si tratta della mia scorta annuale, per il modicissimo quantitativo di appena un grammo al giorno. E poi, scusi, c'è anche mia sorella, mica posso lasciarla sfornita".
Il ragionamento è ineccepibile: nessuno potrebbe accusare di ubriachezza molesta un tale che abbia una cantina ben fornita, dalla quale estrarre ogni giorno una buona bottiglia da mettere in tavola per la convivialità familiare.
E se il criterio vale per l'alcol deve valere anche per il Thc.
Accettereste come norma del codice stradale "È vietato correre"?
Che cosa significa "correre"?
"Limite di velocità 110 km/h" è una norma chiara: oltre il limite sei in contravvenzione, al di sotto no.
Invece "correre" è una dicitura vaga, preda di qualunque arbitrio interpretativo.
Col che andrebbe in malora il principio di certezza (almeno formale) del diritto.
Questo esattamente accade con l'ipocrita vaghezza di concetti ascientifici come "modica quantità", "uso personale", "effetto drogante".
Il giudice deve applicare la legge, ma la legge non dice cosa fare, ed automaticamente il giudice si trova ad esercitare l'arbitrio personale, dal quale l'imputato non ha modo di difendersi per inesistenza dei precisi termini necessari a farlo.
La sentenza della Corte è una emerita schifezza che grida vendetta al cospetto di dio e degli uomini giusti.
Una vergogna giuridica.
Si può convivere pacificamente con uno stato così?


Vincenzo Zamboni

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Mio commentino: "Per restare in tema consiglio la lettura del "divertente" libro di Michael Pollan: "La Botanica del desiderio" di cui qui una mia recensione: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2017/05/12/giardino-terrestre-le-piante-psicoattive-da-la-botanica-del-desiderio-di-michael-pollan/" (Paolo D'Arpini)

martedì 4 giugno 2019

Roma. Biglietti, controllori e regole ignorate


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Da qualche anno, il gestore del Trasporto pubblico romano ha sotto tiro le persone da multare perché viaggiano senza biglietto. Si susseguono i comunicati autoreferenziali che, come fossero "bollettini di guerra", sprizzano grande soddisfazione per i risultati ottenuti. Purtuttavia, aumenta il numero dei controllori e i gruppi che prima operavano con tre controllori ora operano con quattro controllori. (Sono pochi i controllori in divisa e creano qualche legittima diffidenza.)

I controllori operano in totale autonomia e in assenza totale di riscontri oggettivi. Salgono e scendono dai bus in mezzo alla strada e non ai marciapiedi. Anche se il bus viaggia con 40-50 viaggiatori (mezzo carico), controllano quei viaggiatori e, anche se trovano tutto regolare  quindi è una operazione priva di incasso ma di sola spesa  non scendono subito, si intrattengono sul bus a parlottare.
Quando scendono, continuano a parlottare in attesa del bus successivo.


Orbene, succede che, a Roma, tutte quelle fermate dei bus pubblici sono strapiene di veicoli privati parcheggiati abusivamente. Tutti quei veicoli sono multabili; le patenti di guida dei loro conducenti devono perdere, minimo, 2 punti; tutti quei veicoli possono essere rimossi. Ad ogni fermata (sia salita o sia discesa), quei quattro (o tre o due o un controllori) possono capitalizzare circa n. 9 multe; far perdere minimo 18 punti alle patenti dei conducenti di quei veicoli; rimuovere almeno un veicolo (a titolo educativo).

Tutta questa copiosa materia pluri-culturale (di diritto e dignità per i pedoni-viaggiatori paganti; nonché economica, politica, sociale, civile e morale) che è ferma lì, a disposizione, viene ignorata totalmente.

A chi giova questa immensa "ignoranza" (compresa, anche, nel Codice della strada)?

Vito Nicola De Russis -  v.derussis@teletu.it

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