domenica 31 gennaio 2021

Ardena, Calcata, Viterbo, Sposetti, Fioroni…

 


Era il 23 aprile del 2009,  mentre tornavo a casetta, reduce dai giardinetti del paese nuovo dove ero andato a giocare assieme al nipotino Sava, ho incontrato sulla porta della sua abitazione di via Cadorna l’amico Fabietto, appena mi ha visto ha detto: “Aspetta, aspetta che debbo darti una cosa favolosa.. favolosa…”.

Se ne è entrato in casa e dopo un po’ ne è uscito con una foto e me l’ha messa in mano dicendo: “L’ha scattata mia madre, Mimma, tanti anni fa..”.

Ero io, ritratto una dozzina di anni fa nella vecchia sede del Circolo, con fiori attorno e maglioni colorati addosso. L’aspetto personale non mi sembrava però molto fresco infatti ho commentato: “Ah la vecchia sede, ma qui sembro quasi più vecchio di adesso… ma son contento di questo ricordo, grazie!”. Così con la foto in mano ho proseguito verso la mia casupola.

Prima di scendere da via del Fontanile, ho visto davanti alla vecchia sede del Circolo, in piazza Roma, un ammasso di vecchi mobili e tavole di legno a fianco del cancello, lì dappresso c’erano Filippo ed Ettore (qualcuno forse li ricorda sono quei due amici gay che abitavano a Nepi e che volevano sposarsi in chiesa una dozzina di anni fa, da alcuni anni si sono anch’essi trasferiti a Calcata), stavano rovistando cercando tavole per fare mensole -mi hanno detto- ed allora mi sono avvicinato anch’io ed ho prelevato due pezzi di sottomisura per aggiustare la porta della Stanzetta del Pastore che sul fondo si è fracicata. Così tra un convenevole e l’altro ho mostrato a Filippo la foto dicendo “guarda come sembravo vecchio quando stavo ancora qui con il Circolo..”.


Poi ritornato a casa mi son chiesto: “come mai ho continuato ad insistere sul fatto che sembro più vecchio in questa foto? Ci sarà una ragione psicologica..”. Allora ho cercato alcune notizie sugli anni nei quali più o meno la foto è stata scattata, sarà stato il 1997 (forse il 1996) ed ho scoperto varie cosette interessanti su quel periodo. Alcune notizie le inserisco sotto, come sono riprese da alcuni giornali, ci sono poi dei ricordi che mi sono affiorati alla mente, un po’ anche perché collegati a qualcosa che sta avvenendo in questi giorni per la vicenda della defenestrazione dell’assessore alla cultura della Provincia, Renzo Trappolini.

Pare che un certo Regino Brachetti, ex mastelliano ora Rosa Bianca, ha chiesto la testa di Trappolini d’accordo con Sposetti (l’ex uomo forte e tesoriere del PDS ora nel PD). Sposetti sponsorizza la candidatura di Brachetti a sindaco di Tuscania, contro il parere della sezione PD di Tuscania. Mi sono così ricordato di come conobbi questo Sposetti, grande e capace nei traffici politici, avvenne proprio in quegli anni (quelli della foto per intenderci) o forse poco prima.

A quel tempo in Provincia c’era Ugo Nardini, ma comandava dietro lo quinte lo stesso Sposetti. Io facevo parte dei Verdi ed in seguito alla vittoria di Nardini, alla quale avevamo contribuito, era stato nominato un nostro membro come assessore all’ambiente, Henrici si chiamava. Un giorno chiedemmo ad Henrici di fare il punto sulla situazione e sulle proposte da portare avanti in Provincia, soprattutto in ambito della cultura, dei rifiuti, dell’ambiente, etc.

Così una nostra delegazione, composta dal sottoscritto, da Enzo Robutti, da Augusta Svalduz e non ricordo più chi, si recò all’assessorato e lì ci mettemmo attorno ad un tavolo assieme ad Henrici per discutere le istanze… Non potete capire la nostra meraviglia (soprattutto la mia) quando Henrici disse che alla riunione c’era anche Sposetti… e ce lo presentò lì per lì. Restammo con un palmo di naso, certo Sposetti era un uomo importante, deputato ed amico di D’Alema, ma che c’entrava con noi Verdi? Non era nemmeno un ambientalista dell’ARCI, insomma che voleva? Io comunque non mi persi d’animo ed iniziai a parlare proponendo ciò che ritenevo giusto... dopo un po’ che era stato a sentire Sposetti, sbuffando, iniziò un ricco perborino a commento, bocciando tutto e dicendo che l’unica cultura che si poteva fare a Viterbo era attraverso l’Università della Tuscia (e perciò che non rompessimo oltre..). Guardammo stupiti Henrici ma lui imbarazzato si stropicciava le mani come dire…”Che posso farci… qui comanda lui, mica io…!”.

Sposetti,  Sposetti… ora non è più tanto potente essendo stato superato in “potenza” da un altro big della politica viterbese, l’ex sbardelliano di ferro Giuseppe Fioroni. Ma di lui non voglio parlare, anzi smetto proprio di parlare di queste cose… se no la mia faccia in fotografia mi sembrerà ancora più vecchia e stanca…


Ora passo alla cronaca di quegli anni, con una notizia bella ed una brutta, prima la bella:



La Rete Bioregionale Italiana, nata nel Parco di Monte Rufeno, ad Acquapendente (Viterbo), nella primavera del 1996, alla presenza del presidente della Provincia Ugo Nardini (da me invitato per l'occasione),  è un insieme di gruppi, associazioni, comunità e singole persone che condividono l’idea bioregionale e in prima persona, nel proprio luogo, si danno da fare per praticarla.

La Rete è un “terreno comune” per condividere idee, informazioni, esperienze, progetti ma anche emozioni, al fine di sviluppare forme e pratiche – culturali, sociali, spirituali, politiche ed economiche – appropriate di vita in armonia con il proprio luogo, la propria bioregione, le altre bioregioni e l’intera terra.

La Rete è ispirata dal concetto di bioregione, aree omogenee definite dall’interconnessione dei sistemi naturali e dai viventi che le abitano. Una bioregione è un insieme di relazioni in cui gli umani sono chiamati a vivere e agire come parte della più ampia comunità naturale che ne definisce la vita.


Poi la notizia brutta...


Tratto dal Corriere della Sera: 6 marzo 1997

Acceso botta e risposta ieri a Roma tra il regista e gli abitanti del borgo “defraudati” del nome Barbareschi – Calcata, lite al cinema ROMA – A qualcuno il film e’ persino piaciuto. Ma quel manifesto, con il loro borgo arroccato sullo sperone di tufo, li ha punti sul vivo. Colpa del titolo, “Ardena”, che l’ispirazione ha suggerito al regista Luca Barbareschi. Ma che, ai loro occhi, è un peccato di lesa maestà cittadina. “Ardena? Ma perché Ardena, se questa è Calcata?”, si domandava ancora stupito uno dei 50 calcatesi che ieri, alle 19, si sono dati appuntamento al cinema Barberini per protestare contro Luca Barbareschi. La sua colpa? Avere girato il film nel cuore di Calcata, borghetto medievale del Viterbese a 47 km da Roma, e averlo poi intitolato “Ardena”. Davanti al cinema si è presentato anche Barbareschi, baldanzoso e irrefrenabile. “Ma cosa vogliono questi? Sono pazzi.

Dovrebbero farmi un monumento perché sono l’unico regista al mondo che ha girato un film a Calcata e invece protestano”, diceva mentre i dimostranti attaccavano un cartello con scritto “Calcata is not for sale”. “Ecco, questi sarebbero gli intellettuali, questa sarebbe la cultura di sinistra. Se il mio film non gli sta bene, che si facciano fare un documentario bulgaro. L’arte e’ anche finzione, dovrebbero saperlo.

Ardena è un luogo della mia memoria, per me esiste. Oltretutto nei titoli di coda ho inserito un bel ringraziamento a Calcata”…. Ignari di ciò, i calcatesi lo incalzavano, miti ma testardi come i 200 asinelli che sono il mezzo di trasporto per le strette viuzze del paese. “Noi vogliamo che Calcata sia riconosciuta. Nessuno avrebbe scritto “Torre di Pisa” sopra al Colosseo. Questa non e’ arte, è distorsione della realtà”, hanno affermato Paolo D’Arpini, del Circolo vegetariano, e l’assessore Maurizio Soria. Dopo lunga discussione, tra un “non capite niente, fatevi meno canne” e un “lei è un villano”, nessuno ha convinto nessuno. Barbareschi è tornato a casa. I manifestanti sono entrati a vedersi “Ardena”. Sognando Calcata. (Cavalli Giovanna)



(Nota del Redattore: “Ricordo che dopo la visione del film, appena di ritorno a Calcata, vomitai, anche perché mi ero reso conto che la manifestazione di protesta in realtà era andata a vantaggio di Barbareschi, aveva fatto pubblicità al suo film... Anche se dietro le quinte avevo approfittato della presenza al Barberini di parecchi giornalisti per denunciare l'orrido progetto del "verde" Hermanin, assessore all'ambiente della regione Lazio, di installare una discarica con annesso inceneritore nella valle del Treia”).

Grazie per aver letto sin qui…  Vostro affezionato 

Paolo D’Arpini











Fonte secondaria: http://www.lacitta.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=58416:miscellanea-di-ricordi-ardena-calcata-viterbo-sposetti-fioroni&catid=81:cultura

venerdì 29 gennaio 2021

Povero Urcionio. Cancellato, ucciso, dopo aver dato la vita a Viterbo!


1985 l'uscita accanto a Porta Faul del Torrente Urcionio, immagine ormai perduta per sempre perché l'uscita è stata sotterrata (Foto Mauro Galeotti)


La bambina mi fissava curiosa mentre attonito contemplavo il panorama dal cortile alto del palazzo dei Priori.

“Com’è strano visitare Viterbo con gli occhi di chi non la conosce... ” dichiarò seriamente quasi rivolta a se stessa, mentre la madre, una giovane e bella signora di nome Barbara, mi indicava la sottostante piazza dei Caduti, dicendo “ecco lì sotto scorre l’Urcionio!”.

Aguzzai la vista e non scorgendo altro che la spianata di un ampio parcheggio, con alla sinistra i ruderi di una chiesa e a destra un monumento moderno, domandai “dove…. dove?” E lei “lì.. proprio lì sotto”. Compresi allora che doveva trattarsi di un corso d’acqua interrato, e parafrasando il nome dissi “ah, è stato riempito con gli orci (nome desueto per vasi)” – “può darsi..” commentò Barbara per nulla confusa dalla mia battuta.

Ed io insistetti “eh sì, evidentemente il nome Urcionio deriva dagli orci che vi sono stati riempiti e svuotati nel passato”. Poi ce ne restammo in silenzio mentre cercavo d’immaginare il torrente che scorreva dabbasso….

E lo vidi, con gli occhi della fantasia. Quella piana in fondo sembrava fatta apposta affinché la percorresse un fiume. Notai allora come l’orografia del territorio ricordasse un ideale alveo, una valle dolce e rigogliosa – un tempo – ora un posteggio…!

Sulla costa, risalendo con lo sguardo dall’altro lato, diverse nuove costruzioni, nuove si fa per dire ovviamente, forse risalenti al Ventennio, e l’Urcionio scomparve dalla mia immaginazione e ridiventò un fiumiciattolo “intubato”.



Triste destino per il rio che vide sorgere l’antica Viterbo, ed infatti è risaputo che gli Etruschi costruissero le loro città presso i corsi d’acqua, utili per l’approvvigionamento idrico, per le coltivazioni, per la pesca, per i bagni estivi… poi rividi con gli occhi della mente uomini e donne intenti a risciacquarsi i panni, a riempirvi gli orci oppure a rinfrescare quelli usati per le deiezioni notturne. Infine vidi la Viterbo ottocentesca e quella degli inizi del secolo scorso, con le prime condotte fognarie scaricanti nel fiume, finché esso stesso divenuto una cloaca a cielo aperto fu chiuso, alla vista ed all’olfatto.


“Povero Urcionio! Cancellato, ucciso, dopo aver dato la vita a Viterbo!”.

Così riflettevo fissando distrattamente le auto in sosta, e quelle che entravano ed uscivano dal “boulevard” Marconi, la continuazione dell’alveo interrato.

Mi accorsi allora degli occhi grigi di Barbara puntati su di me, sentii la sua malinconia, ricordai quella volta in cui venne a trovarmi a Calcata e passeggiando sulle rive del Treja le raccontai leggende e storie di antichi riti, di lavacri sacri, del fatto che in tempi remotissimi Calcata fosse stata un’isola del proto-Tevere, del fossato che in epoca medioevale difendeva la “bocchetta” d’ingresso al paese, di come poi fosse stato riempito di come verso fine ottocento avessero innalzato il terrapieno che costituisce l’attuale piazza Roma, di come questa stessa piazza sia stata ignominiosamente e volgarmente utilizzata come parcheggio per le auto delle orde turistiche, insomma di come Calcata e Viterbo avessero tradito le proprie origini…

Paolo D'Arpini









Calcata. Ponte sul fiume Treja



Fonte: http://www.lacitta.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=58385:altra-favola-del-tempo-che-fu-urcionio-a-viterbo-e-treja-a-calcata-da-valle-dell-eden-a-parcheggio&catid=81:cultura

giovedì 28 gennaio 2021

Racconto di un viaggio in Ciociaria...



Mentre aspettavamo non si sa bene cosa, un treno, una grazia, un’ispirazione, un aiuto dal destino, nella stazione di Colleferro, la porta della Ciociaria, ecco che Laura ha trovato su una lapide in pietra affissa all’interno una poesia di Gabriele D’Annunzio, che sembrava scritta apposta per noi.

Sarà stata dedicata alla terra Ciociara dal poeta ancor in giovane età, nel 1889, allorché visitando quelle parti restò incastrato da qualche intoppo che gli impedì di proseguire. 

Ecco il poemetto: “L’alberello. Oh tu nell’aria grigia, torto e senza fiori, alberel di Segni Paliano, che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza….” (Gabriele D’Annunzio).


Tutto è iniziato con l’invito ricevuto da alcuni amici di Castro dei Volsci che desideravano farci conoscere il posto. Avevano predisposto tutto per riceverci: il pranzo di benvenuto al ristorante centrale, la camera nell’albergo “diffuso”, la festa serale in piazza, il raduno di vari artisti del territorio giunti a Castro dal mattino per poterci incontrare… Ma il fato volle che restassimo invece alle porte della Ciociaria, a Colleferro, e che mangiassimo un tramezzino al bar della stazione e che riposassimo le esauste membra sulle panchine di pietra della stazioncina ferroviaria… in attesa di qualcosa che non sapevamo bene cosa fosse ma che alla fine, giunte le ore pomeridiane, si trasformava nell’unica possibilità rimasta: tornarcene a casa!

Ma comincio dall’inizio. Da quando decisi di affrontare il viaggio in Ciociaria, per rendere omaggio ai miei avi e per combattere la mia pigrizia inveterata. Ma mi sono trovato a vivere un’avventura epica, a vari livelli, dall’infernale al paradisiaco con tutte le vie mediane.

Mentre a Calcata avevo trascorso la notte del 31 luglio in ambasce, in seguito ai rimbombi dei bassi che giungono sin dentro casa dalla “festa” rave tecno music organizzata a Monte Gelato, musica a palla giorno e notte, con il beneplacito delle autorità  (roba da matti: http://www.circolovegetarianocalcata.it/tag/mazzano-romano/
).

Insomma per allontanarmi dall’inferno dantesco del rumore tecnologico mi sembrava una benedizione andare a Castro dei Volsci. Ma già all’inizio sono accadute varie cosucce che mi hanno segnalato quale sarebbe stata l’energia della giornata. Appena uscito per strada ho incontrato il solito satanasso, soddisfatto dai suoi dispetti ordinari, che canticchiava maligno e quello mi è sembrato un segnale nefasto, poi ho atteso a lungo sul cavalcavia Luisa, che a mia insaputa era stata bloccata a casa sua da una assurda storia di piscina da curare lasciatale in eredità dai suoi vicini… che -bontà loro- son partiti in vacanza. La piscina si è riempita di alghe e lei ha dovuto chiamare vari tecnici, tutto dalle 6 e mezza di mattina sino alle 9 e mezza, ed ha dovuto procurarsi varie sostanze e tipi di cloro da immettere nella vasca. Poi dopo aver combattuto per tre ore con questa sua prova carmika/piscinale è venuta a prendermi al cavalcavia dove io l’attendevo da tempo non sapendo degli intoppi.

A Roma con qualche piccola vicissitudine abbiamo raccattato Laura, e poi sulla Tuscolana a Cinecittà abbiamo raccolto il quarto ospite, Vincenzo, che ci aspettava alla fermata di un autobus. Poi abbiamo girato in tondo per andare a bere un cappuccino nel “baretto giusto”, infine avendo fatto il pieno di benzina ci siamo avviati sull’A1 verso Napoli. Giunti all’altezza di Colleferro la macchina di Luisa ha iniziato a fare rumori strani, si era dimenticata di ingranare la quarta ed avevamo viaggiato in terza per tutto il percorso autostradale. La spia dell’olio era rossa. Ci siamo fermati ad una piazzola e lì stavamo già pensando di chiamare un carro attrezzi in soccorso allorché abbiamo deciso di tentare la sorte ed almeno arrivare alla prima uscita. Appunto Colleferro. Per fortuna poco fuori il casello c’era il servizio ACI e lì abbiamo depositato la macchina. Il meccanico ha detto subito appena ha sentito il rumore: “il motore è fuso”.


Così siamo andati alla stazione ferroviaria di Colleferro ed abbiamo preso i biglietti per Castro dei Volsci, dopo un po’ che aspettavamo il treno l’annuciatore ha comunicato che c’era un incendio fra Ciampino ed un altra stazione che ora non ricordo, i treni viaggiavano con imprecisato ritardo, stavamo pensando di tornare a Roma ma abbiamo perso il treno per indecisione.. Stavamo pensando di andare egualmente a Castro dei Volsci ma ormai s’era fatto troppo tardi ed i treni erano bloccati in entrambe le direzioni. Alla fine ci siamo accorti che fuori della stazione c’era un autobus che stava partendo per l’Anagnina, l’abbiamo preso al volo e dopo vari giri siamo infine giunti a casa di Laura, che ha preso la macchina e ci ha riportati qui a Calcata, me, e Luisa a Nepi, (Vincenzo si era già accasato dalla stazione Anagnina vicina alla Tuscolana).

E pensare che al ritorno ho ricevuto una lettera di Simona che mi dice: “Ciao Paolo, ho letto che da Etain è stato un successo sotto tutti i punti di vista. Sono contenta per voi, spero che verrà anche per me il momento di conoscere lei e il luogo. Perché non decidi un giorno insieme a Laura o Luisa o altri di venire a pranzo qui da me? Muoviti anche tu ogni tanto pigrone… un abbraccio, Simo”

Siete contenti della storia che ho raccontato?

Paolo D'Arpini












mercoledì 27 gennaio 2021

Le barzellette sul bavaglio di Corsera e Repubblica e degli altri giornali più "VENDUTI"

 

 Corriere della Sera


Barzellette sul bavaglio:

"Un'authority nominata da FB, ma indipendente, che decide chi può o no parlare in rete.".
Ed ai giornalisti che le scrivono non viene nemmeno da ridere.
Con la scusa  del blasfemo Trump l'obiettivo è far tacere tutte le voci dissonanti.

Altro articolo di Repubblica: https://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2020/05/06/news/nasce_la_corta_suprema_di_facebook_organo_indipendente_che_giudichera_le_scelte_del_social_network-255883828/

Questo e altre amenità nella rassegna stampa del 26 gennaio 2021  di Francesco Toscano:   https://www.youtube.com/watch?v=7lQ5-Ux8YdQ


Vedi anche:

"Right now, Facebook is weighing a change to its hate speech policy – but not one that would make anyone safer. The social media giant is considering labeling "Zionist" a proxy for "Jew" or "Israeli," making it a protected category. Under this policy, attempts to hold the state of Israel accountable could be labeled as hate speech and removed from the platform"
https://click.everyaction.com/k/24251118/270115985/572285002?sourceid=1001345&contactdata=5tdMBf2kmjwzBBUWaedOJ6kdJ2p7fq5YMlLv8QA1RS74myIglSOr9qcDLsrPWP%2BIAjKCQQvJl4%2FKuum2MePZ9db8x1ZHKwYFT2ZoFpgASXPYmNFYcBa0l0k7M4KBw%2Fq3VaE8zzHXotbUO9cR5H%2B3KDYJDxo7%2B8W6DuK2O0Mvn3pCUJBFXmVG%2BRg1IHVbX6zXh9MvpW2Q5yHUBt14e6JGyqbKOh0lLnYmwdBU64pgaSE%3D&nvep=ew0KICAiVGVuYW50VXJpIjogIm5ncHZhbjovL3Zhbi9KVlAvSlZQLzEvNjE4ODEiLA0KICAiRGlzdHJpYnV0aW9uVW5pcXVlSWQiOiAiNjdkOGM3MWYtZjg1Zi1lYjExLWE2MDctMDAxNTVkNDNjOTkyIiwNCiAgIkVtYWlsQWRkcmVzcyI6ICJwYW9sYW1hbmR1Y2FAZ21haWwuY29tIg0KfQ%3D%3D&hmac=w4NGTUA6_UQB40f8RMKfweWrSGrHXrovrAGFYQtwvjc=&emci=15aa469b-f35f-eb11-a607-00155d43c992&emdi=67d8c71f-f85f-eb11-a607-00155d43c992&ceid=3944


E ancora:

"Facebook chiude pagine di gruppi di attivisti e donne senza motivo". Facebook shuts down community, women’s groups and activists’ pages without cause
Groups announce campaign to restore pages and to fight censorship

On Friday, January 22, 2021, Facebook disabled the main pages of two major community organizations, Peoples Power Assembly and Women In Struggle / Mujeres En Lucha, and activists around the country who have played roles in either group, extending it’s purge to Puerto Rican activist Berta Joubert-Ceci; Greg Butterfield, Struggle La Lucha writer; Cheryl La Bash, co-chair, National Network on Cuba; Maggie Vascassenno, Los Angeles Harriet Tubman Center for Social Justice; and others.

E vedi anche qui:  https://it.sputniknews.com/mondo/2021012710049355-youtube-conferma-la-sospensione-del-canale-di-donald-trump/

Groups are urging people to contact Facebook at:
Twitter: @_Finkd (Mark Zuckerberg); @Facebook @guyro (VP Integrity @ Facebook)
Email: ZUCK@FB.com;  info@support.facebook.com and zuckerberg@fb.com.
Phone: 650-543-4800 or 650-308-7300
press@osbadmin.com


A cura di Jure Eler -  Lista NO GUERRA NO NATO




Morte a Calcata... La vita è continua trasformazione

 

Calcata negli anni '60 (Archivio Mauro Galeotti)


Ricordo nei primi anni ’70,  allorché ero da poco giunto a Calcata, come spesso mi son dovuto confrontare con la morte. Finché ero vissuto in città la morte sembrava quasi  una cosa inesistente, non vedevo praticamente nessun morto, salvo casi fortuiti ed accidentali.

In effetti, a pensarci bene, già diversi contatti con la morte mi avevano familiarizzato con questo “processo”: la trasformazione di un corpo/forma che torna agli elementi. Ma la mia esperienza era più  che altro in veste di osservatore… Comunque giunto a Calcata, considerando anche che il paese era pieno di vecchietti, non passava anno in cui non ci fossero torme di  defunti. Una volta o due fui anche costretto a trasportare  cadaveri già in fase di decomposizione e puzzolenti.

Inoltre avendo un rapporto più stretto con gli animali spesso mi capitava di confrontarmi con la loro morte e  sue conseguenze: la sepoltura, etc. E questo rapporto ravvicinato con la morte é continuato sino ad oggi…  Quanti amici o nemici mi sono passati davanti.. quanti hanno lasciato questo mondo così da un giorno all’altro… alcuni in modo drammatico, altri per lenta esaustione, altri ancora uccisi per droga  o suicidi per disperazione.

Beh, oggi è il 24 marzo, da pochi giorni è entrata la primavera, e questa è una buona stagione per morire, infatti rammento il proverbio popolare che dice “se passi la primavera la scampi per un altro anno…”.  Ma parecchi  non superano gli scossoni del risveglio dell’energia vitale… l’input è troppo forte ed il corpo collassa.  Due giorni fa ad esempio ha lasciato definitivamente Calcata un ex ballerino, morto nel sonno… Questo personaggio, tal P.S., che io avevo soprannominato Principe Satanico per la sua malizia, è stato un catalizzatore di un certo modo di vivere, un modo contrapposto al mio. Ma in effetti l’individuo in questione ha solo svolto il suo compito nel contesto di una trasformazione inevitabile dell’abitare nel borgo, la dimora di Kali,  in cui sono rappresentati  interamente l’oscurità e la luce.

A far da contraltare al Principe Satanico,  e per manifestare una innocenza ed una semplicità improponibile nel contesto umano, c’era una maiala che custodivo nel Tempio della Spiritualità della Natura. Questa maiala, per la quale ogni giorno dovevo arrabattarmi a cercare il cibo, era la protettrice di Calcata, quella Calcata che ancora crede o credeva in una  dignità e spiritualità dell’uomo….

Come mai prendo una maiala  a simbolo di queste virtù? Ho raccontato spesso in passato le qualità del maiale, che  nell’antica società matristica era simbolo della Grande Madre. Mentre il Principe Satanico è stato simbolo del maschio patriarcale, dell’uso egoistico, della corruzione dei costumi, etc.  Comunque con la dipartita del “principe” anche il suo contraltare “animale”  è diventato superfluo, stamattina dentro al mandriolo la Dea era lì  ferma, pareva che dormisse, liberata per sempre dal suo peso, dal dovere di fornire un’energia alternativa a quella dell’uso. La maiala stava lì a dimostrare che non è necessario un “uso”… ed è morta di vecchiaia.

Mi ritornano in mente alcune parole di Georges Bataille sul limite dell’utile… “…Sesso, riso, gioia estatica, morte, il dono di sé...”.

Paolo D'Arpini



Fonte: http://www.lacitta.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=58348:racconta-una-storia-morte-a-calcata-con-l-avvento-della-primavera-la-vita-e-continua-trasformazione&catid=80:cronaca

martedì 26 gennaio 2021

Tuscia. Felice Ricci e l'arte ceramica scomparsa...

 

Felice Ricci al lavoro nel laboratorio-grotta a Vetralla


Ebbene sì, quell’artigiano era veramente speciale, ed avevo cercato -quando i tempi erano ancora utili-  (nei primi anni ‘90 del secolo scorso) di sensibilizzare la Provincia di Viterbo ad istituire dei corsi, ed una scuola, per il mantenimento dell’antica arte ceramica “casereccia” della Tuscia.

Gianni Tassi ed Evandro Ceccarelli  forse ricorderanno la lettera che inviai al proposito e che fu pubblicata sulle pagine del Messaggero e del Corriere di Viterbo, in particolare sul Messaggero fu pubblicata la foto del nipote di Felice Ricci che lavorava al tornio.

Conobbi l’opera di Felice Ricci sin dal 1976, anno in cui mi trasferii a Calcata. Già allora avevo raccolto alcune sue ceramiche per il mio uso domestico: brocche per il vino, pentole in coccio per i fagioli e per i minestroni da far cuocere vicino alla brace ed in mezzo alla cenere calda del camino.

Alfine quando fondai il Circolo vegetariano  sentii il bisogno morale di arricchirlo con le stoviglie “caserecce” dell’antico forno ceramico di Vetralla, quello appunto dei Fratelli Ricci… Ma dei fratelli era rimasto solo Felice che insegnava il mestiere al nipote, il quale più tardi preferì trovarsi un lavoro “normale”, purtroppo l’artigianato non é più remunerativo in Italia…

Rammento la prima volta che entrai in quella caverna lunga e buia in cui il Sor Checco (come era chiamato stranamente Felice Ricci) alla fioca luce dell’ingresso su strada pedalava sul suo tornio antico, un tornio usato prima di lui dal padre e dal nonno. Per me, ancor giovane osservatore cittadino, da poco immerso nel mondo rurale della Tuscia, quella scena restò impressa per sempre nella mente… L’antro del mago, sì pareva di stare nell’antro di uno stregone. In fondo in fondo alla grotta una fornace accesa, che bruciava legna, da un lato buio un piccolo androne nascosto in cui le suppellettili cotte stavano a riposare su scaffali traballanti. Scaffali pieni di opere miracolose…. e semisconosciute. “E questo cos’é” – “Un orcio” – “E questo?” – “Un tripode in coccio..”. 

Ammassata in tinozze stava una quantità di creta rossiccia a decantarsi.. ma evidentemente veniva filtrata alla meno peggio poiché tutte le ceramiche mostravano pezzetti di pietruzze sporgenti sulla superficie.

Infine decisi di commissionare a Mastro Checco  la stoviglieria originale con cui avrei servito i soci del Circolo. Volevo qualcosa di speciale, qualcosa che fungesse ai miei scopi di ammannire un pasto vegetariano unificato in un solo piatto. Spiegai perciò quel che volevo a Mastro Checco e lui -sempre incollato al tornio- levigava le forme di una nuova scodella larga, non troppo fonda né troppo piatta… appena appena bordata al lato con un rialzo di due dita…. Finché gli dissi: “Ecco così va bene!”. 


Ed i bicchieri in coccio, egualmente studiati “ad personam”, minuti e tondeggianti da poterli tenere nel palmo della mano ma abbastanza fondi da poter contenere una buona sorsata di vino. E poi dei bei piattoni di portata e delle caraffe di varie forme e ciotolini e ciotoloni, piattini e piattelli, vasetti e vasi da pinzimonio.. insomma un vero e proprio armamentario adatto ad una antica taverna etrusca. Su tutte le opere campeggiava la scritta Circolo Vegetariano Calcata, eseguita a mano dal Sor Checco con caratteri svirgolati usando una vernice naturale che a cottura ultimata diventava verdognola…

Già da diversi anni al Circolo abbiamo interrotto ogni attività culinaria, ma quando facciamo delle rimpatriate fra vecchi amici ancora servo i cibi vegetariani da ognuno portati su quelle vecchie ciotole, magari un po’ sbeccate, magari un po’ annerite… ma chissà perché il cibo sembra più buono…


Paolo D'Arpini











Fonte: http://www.lacitta.eu/cultura/58323-una-mia-storia-felice-ricci-detto-checco-lallo-da-vetralla-morto-senza-eredi-d-arte-omaggio-alla-memoria-dell-ultimo-pignattaio-ad-personam.html


lunedì 25 gennaio 2021

"La voglia di Calcata" di Gianfranco Faperdue - Una testimonianza ed una memoria


La inimitabile Calcata  (Archivio Mauro Galeotti)

CALCATA (Viterbo) – E chi lo avrebbe mai pensato che, così, quasi improvvisamente, avremmo avuto tanta ma tanta voglia di trasferirci qui in questo piccolo e meraviglioso agglomerato, abbarbicato su uno sperone tufaceo che domina dall’alto la verdissima valle del Treja, un paesino a noi quasi sconosciuto anche perché lì a Calcata per la nostra professione di giornalista, c’era poco da scrivere, insomma non c'era la cosiddetta ‘materia prima’ della quale interessarci.

Poi, un bel giorno ci capito la piacevole avventura di imbatterci in Paolo D’Arpini, un vero e proprio giramondo, un filosofo alla sua maniera, che, capitando qui decise ‘ipso facto’ di mettere le radici.

E fu proprio Paolo con le sue iniziative a di poco assai spesso estemporanee ed allo stesso tempo suggestive a farci conoscere meglio questo piccolo centro agli estremi confini della nostra provincia, raggiungibile con le auto solo dopo un lungo e tortuoso itinerario.

E dopo Paolo ecco che Calcata viene piano piano ‘scoperta’ da quelli che potremmo definire i frequentatori di quella Roma salottiera che a Calcata avevano scoperto il loro ‘buon ritiro’.

E così quelle casette medioevale abbandonate da decenni tornarono a vivere grazie ai nuovi proprietari che, fiutando l’affare, le avevano acquistate per “quattro soldi” .

Ma chi  dette l’input per la valorizzazione di questo piccolissimo centro fu senza ombra di dubbio l’architetto Paolo Portoghesi che scelse Calcata come suo domicilio naturale, un domicilio immerso nella natura ed in un silenzio quasi irreale.

Ricordiamo il suo piccolo allevamento di asini, salvati dal mattatoio e li ospitati per una …serena vecchiaia.

E ricordiamo anche quegli agnelli ‘salvati’ da Paolo, convinto animalista e vegetariano ad ogni vigilia pasquale e lì divenuti ormai pecore vivere tranquilli.

Ricordiamo tutto questo oggi quando il nostro desiderio di scappare a Calcata si è fatti più forte dopo avere letto un articolo sulla pagina locale del Messaggero dove ci si lamenta che a Calcata i telefonini sono …muti!

Ma cosa ci sia da lamentarci non lo comprendiamo.

Ma cosa può esserci di più bello del sentirci liberi, spensierati, non più prigionieri della moderna e sempre più sofisticata tecnologia.

Ed oggi lo abbiamo sperimentato.

A Calcata, almeno su gran parte del suo non grande territorio i telefonini non funzionano!

Ma a Calcata oggi manca il suo vero autentico personaggio, manca Paolo D’Arpini che ancora una volta preso dalla sua smania di giramondo si è trasferito nelle Marche (in un paesino chiamato Treia).

Paolo D’Arpini un personaggio forse un po’ scomodo per un certo mondo fatto di conformismo e basta.

Ma Calcata, lo ripetiamo è diventata oggi in un buen retiro per tanti, anche per molti di quelli che hanno la…. ’puzza sotto il naso’ e speriamo che ciò non finisca con il trasformare questo piccolo ed ancora incontaminato gioiello del nostro territorio, in un qualcosa di mixer che sta tra lo snobismo di chi vuole apparire e la vera vocazione di chi a Calcata ha trovato o troverà un luogo ove riscoprire i veri valori della vita.

E Paolo cosa ne pensa?

Gianfranco Faperdue






Articolo pubblicato su "La Tua Voce" nel 2011


………………..

Mio commentino in memoria dell'amico Gianfranco Faperdue (deceduto a Viterbo il 7 ottobre 2018):

Caro Gianfranco, la memoria? La vita la cancella perché si accontenta del presente!

Siamo sempre qui presenti nel luogo in cui siamo... e se c’è simpatia ed affetto fra noi non è per quel pezzetto di memoria ma per il riconoscimento della coscienza nella coscienza... Ed in quella Coscienza noi sempre siamo…

Affettuosamente, Paolo D’Arpini

domenica 24 gennaio 2021

"In arrivo tamponi che distinguono l’influenza dal Covid"... (e fino ad oggi cosa testavano?)



"In arrivo", con calma, abbiate fede... (beh, se avete ancora fede nella Scienza...).

"L’assessore regionale alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato ha annunciato che gli scienziati dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) “Lazzaro Spallanzani” di Roma testeranno a brevi dei nuovi tamponi rino-faringei, in grado di discernere tra un’infezione respiratoria causata da un virus dell’influenza e la COVID-19, la patologia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2."  (https://scienze.fanpage.it/tamponi-che-distinguono-tra-influenza-e-infezione-da-coronavirus-in-sviluppo-allo-spallanzani/)

Quindi, finora nessun tampone "distingue", o se volete "discerne".
Perchè allora siamo chiusi in casa? Per influenza o per Covid-19?
Ma se l'influenza non c'è più, siamo sicuri che c'è il Covid-19?
Ah, si, ce lo dice la Scienza. E i tamponi. E i telegiornali.




Articoli collegati: 





Commento a latere:

Dove sono finiti i prestigiatori, in TV?
Banane, tranquilli, sono solo banane. Il potere della TV.
Un Teatro che non è un teatro, ma uno studio televisivo.
Perchè i Teatri devono stare chiusi. La TV no. Lo annuncia Costanzo.
Ma anche il Papa. Altro virologo.
Giochi di prestigio. Prestigio?
No, "luoghi protetti".
Palchi e studi televisivi, Vaticano, vertici politici...
Qua non servono distanziamenti, mascherine.
Perché?

Jure Eler




Documento collegato: 

TERAPIA DOMICILIARE FARMACOLOGICA DEL PAZIENTE SINTOMATICO - Dr.ssa Loretta Bolgan 

sabato 23 gennaio 2021

Storie dal Circolo Vegetariano di Calcata: “Di quella volta in cui Silvio Berlusconi ci regalò un milione di denari per farci contenti…!”

 


...e stavolta vi parlerò di una offerta che ci fece parecchi anni fa  Silvio Berlusconi, quando venne a trovarci  a Calcata. 

Un giorno che stavo io di guardia al Circolo vegetariano, vedo giungere una carovana di auto blu con accompagnamento di motociclisti corazzati, ed ecco che mi si avvicina una figura conosciuta… Sì, è proprio lui, l’ho già visto sulle foto dei giornali (non alla televisione perché quella non ce l’ho), è il presidente, l’uomo più potente d’Italia (dopo il papa) il cavaliere Silvio Berlusconi in persona. Lo accolgo, come farei con chiunque altro e gli chiedo il motivo della sua inaspettata visita, e lui: “Siccome ho tanto sentito parlare di questo Circolo ero curioso di conoscerne la realtà e siccome so che ve la passate male ho pensato di portarvi un regalo per sistemare i vostri problemi…”. Così dicendo il cavaliere apre una valigetta mostrandomi il suo contenuto in biglietti verdi: “qui dentro ci sono 1 milione di denari per voi…”. Io non batto ciglio e penso ‘a caval donato non si guarda in bocca’ e lo ringrazio accettando il dono. Ma non posso fare a meno di scambiare alcuni convenevoli con lui e così gli chiedo: “Dopo questa donazione così generosa e sostanziosa spero che almeno le restino ancora denari sufficienti per lei...” – Oh… non si preoccupi.. – fa il cavaliere – ne ho ancora tantissimi, molti molti di più... – Ed io di rimando: “Ma lei pensa che sarebbe felice se potesse averne altri...?” – “Che domande – mi fa il cavaliere – certamente sarei molto contento di accrescere il mio patrimonio sempre più...”.  Sono rimasto un po’ lì a pensarci e poi mi son detto perché deprivarlo di questo piacere? Pare che il denaro sia la cosa più imprtante per lui. Ed allora senza esitazione gli restituisco la valigetta con il milione dicendogli: “In tal caso, caro presidente, si riprenda quanto ci ha offerto, lei sicuramente ne ha più bisogno di noi…”.

Ed è così che siamo rimasti poveri in canna (ma almeno liberi…).

Cari saluti e grazie per aver letto sin qui.  Vostro affezionato, Paolo D’Arpini






venerdì 22 gennaio 2021

Neumünster: struttura per obiettori della quarantena Corona



Coloro che  rifiutano costantemente di mettersi in quarantena potrebbero in futuro essere ospitati in una struttura speciale a Neumünster.

Il 1° febbraio 2021, la struttura che si trova  sul terreno del centro di detenzione giovanile di Moltsfelde a Neumünster dovrebbe essere pronta, ha detto Sönke Schulz, membro  esecutivo del consiglio distrettuale dello Schleswig-Holstein. Le celle misurano dodici metri quadrati ciascuna e la struttura è chiusa dall'esterno... (...) 

Da 12 a 15 custodi sono ingaggiati  tramite contratti a pagamento. Più di 30 ex agenti di polizia correzionale si sono offerti volontari. Gli obiettori alla quarantena che sono ospitati nella struttura possono portare con sé un telefono cellulare o un laptop, ma non possono lasciare la stanza.

Continua: https://www.ndr.de/nachrichten/schleswig-holstein/Einrichtung-fuer-Quarantaene-Verweigerer-startklar,quarantaene184.html


"La vaccinazione ti rende libero"


giovedì 21 gennaio 2021

Abolizione del padre e della madre - La riproduzione sessuata non piace più al sistema?



La riproduzione dei Viventi era agamica, asessuata. Scissione, sporogenesi, gemmazione, o simili divisioni, davano luogo ad altri esseri viventi, quasi sempre uguali al genitore. Le uniche possibilità di variazioni erano affidate a qualche mutazione, piuttosto rara. Per ottenere nuovi esseri e nuove specie con una simile limitatissima possibilità di variazioni, occorrevano tempi lunghissimi.

Allora, dopo oltre un miliardo di anni, forse due, la Natura (che potete chiamare anche Dio, se volete) inventò i due sessi, il maschio e la femmina. In questo modo si formarono decine o centinaia di milioni di specie viventi con tutte le interrelazioni che le collegano e costituiscono il meraviglioso Complesso dei Viventi. Più o meno, in un solo altro miliardo di anni, e chiedo scusa se arrotondo molto le cifre. Ed erano viventi più macroscopici, forse più consapevoli.

Un miliardo di anni per inventare i due sessi, con uno scopo evidente: una grande varietà di viventi e tutte le relazioni che li collegano, molte possibilità in più.

Molto recentemente, in una cultura di una sola specie, ultima venuta, salta fuori qualcuno/a che vuole abolirli, cambiando qualche carta, qualche “documento” in pochi giorni, o pochi mesi: non vuole che ci siano più mamma e papà.

Alcuni politicanti credono di poter abolire un miliardo di anni.

Guido Dalla Casa