sabato 10 agosto 2024

Afghanistan. Dopo la partenza degli yankee cala la produzione dell'oppio...

 


I dati forniti dalle Nazioni Unite indicano che, nel 2023, la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan è crollata su base annua del 95% per effetto diretto del divieto introdotto dai Talebani nell’aprile del 2022. Nel dettaglio, l’estensione delle aree coltivate a papavero da oppio ha registrato tra il 2022 e il 2023 una contrazione da 233.000 a 10.800 ettari.

In termini di peso, si parla di un ridimensionamento da 6.200 a 333 tonnellate. L’eroina esportabile si è di conseguenza ridotta a 24-38 tonnellate, a fronte delle 350-580 tonnellate del 2022, quando il papavero da oppio copriva da solo il 29% del valore della produzione agricola complessiva dell’Afghanistan, di gran lunga il principale produttore mondiale.

Il provvedimento adottato dai Talebani a pochi mesi di distanza dalla riconquista del potere in seguito alla sconcertante fuga del personale civile e militare statunitense riporta di fatto il Paese alla situazione che si era venuta delineando nel 2000, quando l’estensione delle aree coltivate a papavero da oppio era crollata da 82.000 a 8.000 ettari in appena un anno – e la prodizione di oppio da 3.300 a 185 tonnellate – a causa di un analogo divieto di coltivazione imposto dal movimento islamico.

È durante il ventennio di occupazione statunitense che l’Afghanistan ha conosciuto una vera e propria esplosione della produzione di oppio, tornata ai livelli toccati negli anni ’90 quando il Paese era in balia di “signori della guerra” che – come Gulbuddin Hekmatyar – finanziavano il proprio attivismo militare con i proventi del traffico di eroina.

Nel 2017, documentano le Nazioni Unite, l’estensione delle aree dell’Afghanistan coltivate ad oppio ammontava a qualcosa come 328.000 ettari, e la produzione alla cifra record di 9.000 tonnellate. Il tutto nonostante gli Stati Uniti abbiano stanziato nel corso della loro ventennale occupazione del Paese oltre 8 miliardi di dollari allo scopo ufficiale di combattere il narcotraffico, distruggere piantagioni, smantellare laboratori di raffinazione.

Analizziamo questa “curiosa” coincidenza, cercando di far emergere appieno il ruolo geostrategico che la droga ha storicamente giocato non soltanto rispetto al conflitto in Afghanistan, assieme a Filippo Rossi, giornalista italo-svizzero e saggista specializzato in conflitti internazionali con esperienze come reporter di guerra in Afghanistan, Siria, Caucaso e Africa.

Giacomo Gabellini



Video collegato: https://www.youtube.com/watch?v=Tc4pyui6efY


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