Il debito pubblico degli Stati Uniti è di 31 mila miliardi di dollari. Ha raggiunto il “tetto” stabilito per legge, ed è in continua ascesa. (N.B.: stesso discorso per tutti i Paesi soggetti economicamente e politicamente agli Stati Uniti).
In giugno 2023 il Senato USA dovrà fissare il nuovo tetto per non mandare in fallimento l’Unione e, conseguentemente, stampare carta moneta.
Con ogni probabilità lo farà, come sempre ha fatto. Ma dove si andrà a finire? Sul breve termine l’economia USA, col dollaro ancora egemone, reggerà.
L’interrogativo resta sui termini medio-lunghi.
Cause interne: la stampa di banconote, come vediamo, genera inflazione e aumento dei tassi. Sostenere il debito con Buoni Tesoro ad alti tassi genera altro debito e distoglie capitali dal mercato borsistico (dalla produzione).
Cause esterne: l’egemonia del dollaro, che oggi garantisce qualcosa, non è più certa come già lo era. La parte più grande e popolosa del mondo la mette in discussione con valute proprie o con altre valute convenzionali.
Non cito le concause, ma basta guardarsi in giro.
Se, o meglio, quando il combinato disposto di questi fattori produrrà i suoi effetti, gli economisti altra soluzione non vedono se non una massiccia redistribuzione del reddito.
Ed è proprio ciò che sta avvenendo. Ma in senso inverso a quanto ipotizzato o sottinteso dai più.
La progressiva pauperizzazione di strati sempre più vasti della popolazione indica, che, chi decide, mette in atto la redistribuzione sì, ma dal basso verso l’alto.
Da chi ha meno si prende quello che ha. In quest’ottica il lavoro, cioè la base della creazione di ricchezza, assumerà, ma ha già assunto, aspetti coercitivi sempre più marcati.
Il disegno è semplice. E non è un disegno, ma un piano che data almeno dal 2011, dopo il crack del 2008.
Le politiche degli USA e della (sedicente) Europa Unita applicano questo disegno. Senza chiedere permessi a chicchessia. Lo fanno e basta.
In sintesi: il limone va spremuto tutto. Sinché è così stupido da lasciarsi spremere.
Giorgio Stern
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