...non posso essere contrario all’uso che l’amico Paolo D’Arpini, descrivendo in una sua pagina scritta a Calcata un curioso evento da lui promosso, ha fatto del termine “laico”, abbinandolo sia a Natura che a Spirito. Per lui esisterebbe immanente alla Natura una sorta si spiritualità diffusa di carattere laico-pagano. Non ci trovo nulla di scandaloso.
Non so che cosa sia esattamente nell’intuizione di D’Arpini, ma posso benissimo intuire e ammettere che esista una “spiritualità naturista o laica”. L’espressione suona bene ed è analoga alla famosa “religiosità laica” di cui erano animati i grandi liberali del passato, soprattutto i pensatori, come il grande Benedetto Croce, che proprio sullo spirito, lui laicissimo, fondò una sua teoria (“filosofia dello spirito”) che ebbe grande influenza sulla cultura italiana ed europea.
E che cosa era lo “spirito” per il non-credente Croce? Se ho capito bene, era l’unica, vera, realtà che unifica l’Uomo e la Natura. E gli accadimenti – aggiungo io – si riferiscono anche alle piante e agli animali, infatti un tempo si parlava (oggi un po’ meno) di “storia naturale” come somma di botanica e zoologia ed ecologia.
Insomma, la spiritualità naturale o laica non è la deteriore inazione dei monaci o il compiere riti strani e ripetitivi sotto una statua o ascoltare passivamente preghiere o recitare rosari-mantra o essere superstiziosi e credere ai fantasmi o al gatto nero, ma è il massimo dell’attività libera e creatrice, perché lo spirito in noi è forte e libero. Tanto da determinare nel suo divenire gli eventi, la Storia appunto, che è la somma di tutte le attività dello Spirito. E l’attivismo dello spirito si può dividere in quattro campi: conoscenza del vero e del bello, volontà dell’utile e del bene.
Non mi è difficile, perciò, accettare che dalla osservazione-narrazione d’un filo d’erba o d’un falco il nostro spirito ci porti a quell’universale che si esprime anche nelle “leggi di Natura”, e che da tutte le piante e da tutti gli animali possibili emerga una spiritualità naturalistica e quindi laica che ha al centro l’uomo in quanto pensante e narrante questa meravigliosa “storia naturale” e il suo ambiente.
Ma da naturista mi chiedo, essendo anche tu immerso totalmente nella Natura come me, se non sia forse il caso di definire questo genere di trascendenza morale, questa urgenza etico-naturalistica, questo immanentismo etico, appunto, come “spiritualità naturalistica”. Sarebbe un bel nome.
Se scegliamo questa espressione, perciò, stiamo bene attenti a mettere le mani avanti e a distinguerci da coloro che approfittando dell’altrui ignoranza, senza avere nessuna spiritualità (proprio loro, figuriamoci), si definiscono ”spiritualisti naturalisti”. Però, l’espressione è talmente bella che potreste riappropriarvene. Anzi, il termine esatto dovrebbe essere “spiritualità naturista”. Deriva da Naturismo o filosofia della Natura.
Com’è noto agli antropologi e storici, le religioni antiche, tutte immanentistiche e naturalistiche, perché dalla osservazione della pianta, dell’animale o della Luna i nostri Progenitori arrivavano a ipotizzare un Ente superiore, quando non adoravano direttamente la pianta, l’animale o la Luna in quanto tali. Era questa una forma di Naturismo primitivo. Nei dizionari migliori il termine “Naturismo” ha anche questo antico significato religioso. Il grande Gabrielli in due volumi, secondo me il migliore vocabolario italiano, alla voce “Naturismo”, come terzo significato scrive: “Nella storia delle religioni, la dottrina che considera certe particolari forme di religioni primitive come la divinizzazione degli elementi e delle forze naturali, personificati spesso in figure di Dèi”.
Ma sì, chiamiamola pure, come suggerisce d’Arpini, spiritualità naturale, spiritualità laica, spiritualità naturista. E così non avremo imitatori o concorrenti.
Stralcio di una lettera di Nico Valerio = Invero Laico
Articolo in sintonia: https://www.terranuova.it/Agenda/Eventi-vari/Concilio-sulla-spiritualita-laica
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