"Due dosi? Se non fai subito la terza sei fritto... E quando i possibili effetti benefici della terza decadono, in un paio di mesi o poco più, affrettati per la quarta, prima che diventino malefici, esponendoti alla malattia Covid ben più dei non sierati. E così per sempre, quinta, sesta, se riuscirai ancora a stare in piedi senza più alcuna difesa immunitaria naturale".
Documento originale (PDF EN) - Public Health Scotland Report 2 feb 2022
https://publichealthscotland.
"I vaccinati con due dosi finiscono più spesso in ospedale e muoiono più spesso dei non vaccinati. Sono i dati del rapporto Covid pubblicato il 2 febbraio da Public Health Scotland, l’ente di salute pubblica scozzese. Richiamano gli studi sull’efficacia di due dosi di vaccino che, con il passare del tempo, diventa negativa. Public Health Scotland lo scrive chiaro: le persone fresche di terza dose anti Covid hanno poche probabilità di ammalarsi seriamente e di morire. Ma per quanto tempo dura la protezione offerta dalla terza dose? Diventerà anch’essa una protezione negativa? Non lo sa nessuno".
ARTICOLO COMPLETO:
Scozia, clamorosi dati ufficiali:
per i bidosati il rischio fatale è molto più alto
https://visionetv.it/scozia-
I vaccinati con due dosi finiscono più spesso in ospedale e muoiono più spesso dei non vaccinati. Sono dati tremendi quelli contenuti nel rapporto Covid pubblicato ieri, mercoledì 2 febbraio, da Public Health Scotland, l’ente di salute pubblica scozzese. Richiamano gli studi sull’efficacia di due dosi di vaccino che, con il passare del tempo, diventa negativa. Fanno a pugni con le informazioni diffuse in conferenza stampa da Draghi e dal ministro Speranza, peraltro piene di errori.
Oltretutto, quelli di Public Ealth Scotland sono dati “pesati”. Non sono i numeri assoluti dei ricoverati e dei morti. Rappresentano invece il tasso standardizzato per età. Rispecchiano la percentuale dei ricoverati e dei morti ogni 100.000 persone non vaccinate, vaccinate con una dose, vaccinate con due dosi e vaccinate con tre dosi.
Certo, Public Health Scotland lo scrive chiaro: le persone fresche di terza dose anti Covid hanno poche probabilità di ammalarsi seriamente e di morire. Ma per quanto tempo dura la protezione offerta dalla terza dose? Diventerà anch’essa una protezione negativa? Non lo sa nessuno. Si sa bene, invece, che fino a qualche mese fa due dosi di vaccino sembravano risolutive. Ora si scopre che, se non si fa anche la terza, è meglio non averle fatte.
Il rapporto di Public Health Scotland riguarda il mese di gennaio. Presenta i numeri relativi a ciascuna delle quattro settimane del mese. La tabella qui sotto si riferisce ai ricoverati Covid in gravi condizioni.
Qui sotto, la tabella relativa alle morti.
Le didascalie di ciascuna tabella riportano, in rosso, i caveat di Public Ealth Scotland. Il succo: per avere dati affidabili sull’efficacia del vaccino bisognerebbe anche tener conto di vari altri fattori, tipo le sottostanti condizioni di salute e il comportamento individuale che può esporre di più, o di meno, al contagio.
Verissimo. Tuttavia i numeri delineano una situazione che perdura nel tempo e che è sufficientemente netta da tratteggiare una tendenza generale: meglio lottare contro il Covid da non vaccinati che con due dosi di vaccino.
La terza dose, quindi, non serve solo per ripristinare la protezione: serve soprattutto per non trovarsi in svantaggio rispetto ai non vaccinati. Ma la protezione della terza dose, col tempo, diventa anch’essa negativa? Ci vorrà la quarta?
Le autorità sanitarie affermano che è insensato continuare a somministrare dosi di vaccini anti Covid a distanza di qualche mese. E solo il tempo dirà cosa accadrà ai vaccinati quando cesseranno di ricevere i richiami.
GIULIA BURGAZZI
----FAR SOLDI CON IL COVID: OSPEDALI MEDICI E STRUTTURE SANITARIE
Covid e numeri gonfiati: ecco come in Italia e in USA
i “positivi” sono diventati business
https://visionetv.it/covid-e-
4 feb 2022 - MARTINA GIUNTOLI
Project Veritas con la sua ultima inchiesta ci offre senza dubbio una delle prospettive più interessanti per parlare della questione Covid: quella dei guadagni stellari che ha consentito e che continua a permettere, grazie anche a furbi escamotages, in Usa come in Italia.
La testimone è Jeanna Stagg, una ex impiegata amministrativa che lavorava per United HealthCare, in Louisiana, con la funzione di monitorare le entrate ed i costi dei pazienti, una posizione privilegiata che le ha dato la possibilità di conoscere alcuni dati meglio di chiunque altro.
”(…)Mi sono accorta che la maggior parte dei nostri pazienti che erano stati ammessi in ospedale con COVID erano stati ammessi con una diagnosi di ingresso sbagliata. Ho provato a parlarne con i colleghi e nelle video conferenze con il management centrale. Nessuna risposta.” E ancora “non sto dicendo che quelle persone non fossero poi state testate per il sars-cov 2 e risultate positive, tuttavia non era la loro diagnosi d’ingresso(…)”.
Questo si chiama gonfiare i numeri. E non poco. Insospettita dal numero elevato dei pazienti, ha quindi deciso di fare una indagine retroattiva a partire dal marzo 2020 e si è resa conto che il fenomeno era cominciato da molto tempo prima del 2021.
“(…)L’evento che mi ha fatto dire basta è stato un caso, ammesso per colpi d’arma da fuoco, ma etichettato come paziente COVID. A quel punto ho detto basta(..).”
La donna continua dicendo che ovviamente lei non ha visto materialmente girare soldi, ma che più di una persona a lei vicina le ha confidato che gli ospedali ottenevano incentivi nell’ammettere pazienti con il codice “covid” , un piatto troppo ghiotto da cui mangiare per non continuare con la farsa e infatti la farsa non solo è continuata, ma è stata importata in tutto il mondo. Quel che è certo è che gli ospedali ricevevano rimborsi dal governo in maniera maggiorata e molto più velocemente del solito.
Ma davvero pensiamo che la stessa strategia, sia essa di pagare sottobanco i responsabili ospedalieri o di ricevere incentivi dallo stato, sia stata utilizzata solo negli Stati Uniti? No di certo, e l’Italia non ha fatto certo difetto in questo valzer di conteggi e riconteggi.
In una puntata shock di Restart, andata in onda su Rai 2 qualche giorno fa, la visuale si fa molto più chiara. Il servizio della tv di stato ha letteralmente scoperchiato il vaso di Pandora di quello che viene definito il business dei positivi. Secondo quanto affermato nel servizio, l’intervistato racconta che alcune strutture sanitarie hanno gonfiato i numeri dei malati covid per lucrare sui fondi messi a disposizione dal governo secondo un preciso tariffario descritto in Gazzetta Ufficiale.
Il medico romano che parla e che ha deciso di rimanere anonimo per motivazioni che appaiono fin troppo chiare, racconta che “(…)accade spesso che malati oncologici entrino in ospedale e, se positivi, seppur asintomatici, vengono trasferiti in un reparto covid, il che equivale spesso a condannarli a morte. Questa è una cosa gravissima, ma accade spesso(…)”.
Lo stesso continua poi dicendo “(…)l’ospedale prende dei rimborsi in proporzione al numero dei ricoveri, e quindi tecnicamente la legge viene rispettata. Poi esistono logiche per spartirsi il bottino. Bottino significa molte cose, da soldi nudi e crudi, fino ad arrivare a potere e avanzamenti di carriera. Ci sono poi quelli che vengono chiamati “produttività”, ovvero la pratica di rimodulare i contratti con incentivi notevoli. I positivi servono per alimentare il sistema(…)”
La stessa cosa è stata poi confermata da un’operatrice sanitaria, che lavora nel servizio privato. “(…)Arrivano richieste e pressioni dall’alto per cui le cartelle cliniche vengono alterate, ed i negativi magicamente diventano positivi, su 10 morti, 7 sono covid, il numero è stabilito in partenza(…)”.
Viene anche il dubbio che se letto in questa ottica il mantra quotidiano del “le terapie intensive sono al collasso“, e ancora “manca il personale, dobbiamo assumere gente in terapia intensiva” voglia soprattutto giustificare al pubblico una situazione secondo cui si possa attingere con le nuove o (presunte) figure professionali a ulteriori fondi dello stato o addirittura accaparrarsi i golosi fondi del pnrr, secondo i criteri di spartizione del bottino di cui sopra.
Proprio in questi giorni, alcuni hub vaccinali in giro per la penisola sono stati smontati. Quale migliore occasione per festeggiare in questo modo la fine di una pandemia. Non è forse quello che tutti vogliamo? Beh, il dubbio viene a giudicare dalla reazione non proprio emozionata dei responsabili della Val D’Aosta, che hanno affermato “Con tutto quello che abbiamo investito, se continua così dovremo liberare il personale che era stato assunto ad hoc”. Beh, i pazienti (e i positivi) prima o poi finiscono.
In questo panorama, che definire semplicemente come malasanità non dà conto della spirale infernale a cui si sta guardando, chi ha lucrato sulle vite e sulle morti dei pazienti in questi due anni è complice tanto quanto il governo che forniva i copiosi rimborsi di cui sopra, insieme ovviamente all’oliato sistema che quei soldi li faceva girare.
Molto di quello che dovrà essere indagato risiede proprio qui, ed è quello che ci aspettiamo dalla magistratura. La verità.
MARTINA GIUNTOLI
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