sabato 12 febbraio 2022

COLLABORAZIONE ENERGETICA CON L’EST E DENUCLEARIZZAZIONE

 


Nell’attuale congiuntura segnata dall’incombere della emergenza ecologica e dalla minaccia nucleare-militare, sentiamo di dover giocare e vincere tre “partite” tra loro collegate: una di carattere più nazionale, una di carattere direttamente europeo, una europea di carattere globale.


La partita nazionale è quella della riscrittura del PNIEC, la partita europea è quella della tassonomia UE, la partita globale è quella della soluzione della crisi geopolitica Ucraina, che è sostanzialmente un conflitto per il gas che può diventare guerra sul gas.


Queste “partite” non possiamo ignorarle perché sono già in corso ed hanno una evidente intima connessione. Rappresentano dimensioni e livelli di azione che vanno tenuti legati e concatenati logicamente e fattualmente.


La partita del PNIEC finirà in aprile stando ai tempi che ci chiede l’Europa.

La partita della tassonomia europea, in particolare sull’atto delegato che inserisce gas e nucleare tra le fonti sostenibili finanziabili, andrà a chiudersi al massimo nel luglio 2022, con un voto del PE.

La partita Ucraina ha scadenze meno definite, ma il primo obiettivo temporale è una de-escalation militare e l’avvio di negoziati per una tregua geopolitica che ponga le premesse di una solida architettura di pace europea. La de-escalation militare prima si verifica meglio è. Ed i negoziati devono vedere protagonista l’Europa in un modo più convincente e ambizioso che non quello che hanno fatto intravedere i tentativi finora compiuti da Macron e Scholz.


Ciò che rende queste tre “partite” un “campionato” unico è il destino dell’Europa inteso come spazio adeguato alla conversione ecologica, per nuovi assetti di pace e per l’avanzamento di diritti e di democrazia effettiva.


Sul Manifesto dell’11-02-2022 abbiamo un articolo di Luciana Castellina dal titolo: “Crisi ucraina, le gravi e storiche responsabilità dell’Unione europea”.

(http://www.circolovegetarianocalcata.it/2022/02/12/ucraina-un-po-di-storia-e-lignavia-delleuropa/)

La conclusione preoccupata e affranta del pezzo della Castellina è la seguente: “"Dio mio che fatica continuare ad essere europeisti! Se insistiamo è solo perché l’idea di affidarsi al proprio Stato nazionale sarebbe infinitamente peggio".

Ecco, vincere da parte nostra il “campionato” significa potere sperare in una Europa intesa come comunità politica che ci spinga entusiasticamente a lavorare per un futuro migliore, e non semplicemente ad evitare obtorto collo disastri incombenti e crescenti.

Il legame tra tassonomia e PNIEC è stato colto e sostanzialmente acquisito dall’arco di forze che ha organizzato la mobilitazione nazionale del 12 febbraio.


Un documento DE+WILPF Italia+Energia felice+partners ha sviluppato la questione.

Ecco quanto in esso si afferma sulla partita del PNIEC.


All’interno del PNIEC, resistendo alle sirene provenienti dai vertici di Bruxelles, dovrà innanzitutto essere ribadito che di nucleare non si parla; ed in secondo luogo che il gas fossile va considerato una fonte residuale da cui bisogna fuoriuscire allo stesso modo che si è fatto con il carbone.

Ragion per cui i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) vanno tendenzialmente eliminati, e va rimodulato subito il capacity market in modo che rifletta condizioni di mercato eque per le fonti rinnovabili.

Il sostegno alle comunità energetiche, accompagnato da politiche per l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato, va considerato la leva fondamentale di azione per la transizione ad un modello energetico ed economico rinnovabile che trasformi la crisi climatica in opportunità”.

Ed ecco quanto viene proposto sulla partita della tassonomia:

Si va acutizzando il conflitto sulla tassonomia UE, che, secondo la Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen, dovrebbe, in base all’atto delegato varato il 2 febbraio 2022, includere gas e nucleare tra le “energie sostenibili” verso cui privilegiare i finanziamenti sia pubblici che privati (con garanzia pubblica).

Il Parlamento europeo con 353 no – la maggioranza assoluta – può e deve respingere l’atto del Consiglio. Il voto degli eurodeputati, in rappresentanza delle realtà locali estromesse dalle lobby del gas e dell’atomo, deve diventare l’obiettivo di una grande articolata e informata mobilitazione, sapendo che, si parte da una quota non disprezzabile di 250 oppositori dichiarati e da posizioni profondamente differenziate tra i governi e una evidentissima contrarietà della maggioranza del mondo scientifico”.

Adesso dobbiamo renderci conto che la guerra “fredda” che sta montando – con il rischio purtroppo che diventi “calda” – è proprio il presidente USA Biden che ha appena lanciato l’allarme di una possibile guerra mondiale - rappresenta il contesto peggiore per portare avanti gli obiettivi di decarbonizzazione e di transizione ecologica in genere. Può anzi spingere alla ricerca di alternative raffazzonate e ambientalmente devastanti, ad esempio le forniture di shale gas da parte USA.

Le tensioni tra USA, NATO e Russia sull’Ucraina schiacciano l’Europa: la messa in funzione del Nord Stream 2 sta ritardando e la chiusura russa dei rubinetti del gas, un “ricatto dell’energia” sia pure parziale, sta provocando una difficoltà – dipendiamo per il 41% dal gas naturale importato da Mosca - che può precipitare in una vera e propria crisi di approvvigionamento. Il gasdotto russo-tedesco che raddoppia una infrastruttura già esistente sembra sia il vero obiettivo degli USA che pompano il pericolo di una invasione russa cui non crede nemmeno il premier ucraino.

Anche l’Italia corre seri pericoli. Come si legge sul sito del ministero per la Transizione Ecologica, il sistema nazionale del gas è alimentato prevalentemente con gas prodotto in Paesi stranieri, importato per mezzo di gasdotti internazionali o trasportato via mare in forma liquefatta come GNL e tramite terminali di rigassificazione. E i nostri principali Paesi fonti sono Russia, Algeria, Libia, Olanda e Norvegia, Qatar, Azerbaijan. Se la Russia tagliasse davvero le esportazioni, l’Italia perderebbe quasi la metà del gas naturale che usa in ambito civile e industriale.

Se la situazione dovesse precipitare ad esempio con una invasione parziale dell’Ucraina da parte russa (quella totale francamente è da escludere), che farebbe scattare sanzioni punitive in primo battuta per gli europei, l’Italia non è in grado di reagire adeguatamente. Pesa il fatto che lo sviluppo delle FER è stato bloccato e la efficientizzazione degli edifici non è stata veramente avviata. Sarebbero dolori per la decrescita infelice dei consumi di gas nel nostro Paese.

Nel 2020 abbiamo consumato 70 miliardi di metri cubi di gas, 30 dei quali per produrre elettricità, 20 in ambito domestico e 19 per le industrie. Per una riduzione consapevole e programmata – e qui c’entra il PNIEC - dovremmo a) nelle industrie: promuovere l’innovazione tecnologica nei cicli produttivi; b) in ambito domestico: elettrificare per quanto possibile i consumi (es. rafforzando la diffusione di pompe di calore invece del gas per riscaldare); c) puntare decisamente alle rinnovabili.

Per farla breve, allentare le tensioni sull’Ucraina è oggi decisivo per darci il tempo per programmare con calma e serenità il nostro futuro energetico rimediando agli errori del passato. Ecco perché dobbiamo batterci perché la UE si muova in prima persona: 1) per la de-escalation; 2) per la proposta di una collaborazione energetica con russi e ucraini; 3) per l’aperura di negoziati su una zona denuclearizzata tra Russia e NATO; 4) per l’adesione di quanti più possibili Paesi al Trattato di proibizione delle armi nucleari.

Appunti di Alfonso Navarra 



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