Le ostilità in Stalingrado terminano convenzionalmente il 2 febbraio '43, con la resa ufficiale di F. Paulus e della 6° armata germanica. In realtà tuttavia schermaglie isolate continuarono per quasi 1 mese dopo tale resa.
Singole unità, gruppuscoli (per un totale di quasi 10'000 uomini) continuarono la propria lotta in modo indipendente e con mezzi di fortuna attorno alla città, lungo gli anfratti dell'anello urbano, per svariate settimane. Come fantasmi tra macerie, edifici e infine, spesso, in scantinati: in questi ultimi si rifugiavano in definitiva...sottoterra quasi, una volta esaurito tutto (scorte di cibo e acqua incluse) e così venivano poi gradualmente ritrovati dalle pattuglie dell'armata rossa col compito di ripulire l'are urbana.
Testimoni (corrispondenti di guerra britannici) riportano come una ad una venissero rilevate ed evacuate cantine intere e seminterrati, piene di figure fatiscenti che SEMBRAVANO esser stati militari: 20 kg di meno rispetto al normale peso corporeo, coperti di stracci misti a uniformi non cambiate da settimane, assenza di qualsiasi norma igienica e barbe lunghe di mesi.
Nemmeno più armi in mano (comunque inutili senza munizioni), fermi e immobili stesi o appiattiti lungo le pareti, senza parole e con sguardo fisso... come se avessero esaurito le batterie dopo una lunga marcia fino al punto che rimane solo una scintilla che li tiene in stand by (...). Non hanno nemmeno la forza di arrendersi e quindi aspettano che li si scopra e prelevi.
La vista di tutto questo fece comprendere in un lampo cosa dovessero essere state le ultime settimane della battaglia, viste dall'altra parte, quella germanica.
I mezzi di informazione del Reich non informarono la propria popolazione del fatto sino a febbraio (sebbene nelle settimane immediatamente precedenti si notò che ogni report positivo era scomparso e praticamente non si parlava più di quel settore del fronte orientale dopo i trionfalismi estivi).
Fu la prima volta che il ministro della propaganda (Goebbels) ammise una sconfitta pubblicamente, pure senza scendere in considerazioni di tipo geo-strategico che non dovevano interessare l'opinione pubblica e senza quei dettagli (osservati dai reporter) che avrebbero fatto capire cosa era realmente la guerra ad EST - il Drang nach Osten - voluto ad ogni costo dal regime (...).
Per quanto concerne gli ultimi superstiti tra le macerie...
Una buona parte fu comunque catturata mentre un 20% cadde resistendo a ogni cattura.
A onore della verità e senza giudizio per alcuna delle parti, ricordiamo che dei 91'000 prigionieri censiti dopo la battaglia, la massima parte scomparirà comunque per via degli stenti della lunga deportazione che seguirà: presumibilmente molti tedeschi lo intuivano e hanno preferito cadere a modo loro. Si può comprendere, credo.
Non è questione di prendere le parti della Wehrmacht (niente fraintendimenti), la questione è un'altra, più universale, vale per qualsiasi parte in campo: scegliere come andarsene.
Daniele Lanza
Commento di Gualtiero Via: "Mi hai fatto venire in mente il bel libro che a Stalingrado dedicò un tedesco, il regista e scrittore Alexander Kluge, il titolo era L'organizzazione di una disfatta. Lettura di molti anni fa. Kluge lavorò molto sulle lettere da Stalingrado, dalle quali molte migliaia di famiglie in tutta la Germania (Paulus comandava 600.000 uomini) lentamente cominciarono a capire che qualcosa non stava andando come raccontava la propaganda (la posta era ovviamente censurata, ma quando le parti censurate erano preponderanti una moglie, un figlio, un genitore non potevano non farsi delle domande). L'altra fonte di Kluge furono i comunicati ufficiali e i giornali dell'epoca.
RispondiEliminaRicordo che il libro mi piacque molto (Kluge era una testa molto fine e un intellettuale critico come da 'sta parte ne sono rimasti pochi), ma parliamo di letture degli anni Ottanta."