sabato 2 aprile 2022

Grano ucraino radioattivo sulle nostre tavole...



Recentemente  molti soldati russi impegnati nella zona di Chernobyl sono stati trasferiti in una clinica bielorussa specializzata nelle problematiche di contagio da radiazioni nucleari.

Ma tra le righe di questa news si può leggere di peggio per tutti noi. 

Questa notizia  conferma infatti - purtroppo! - un'altra preoccupazione;  quella per una verità tenuta sempre nascosta dalla nostra industria alimentare, soprattutto quella di grandi dimensioni protagonista degli spot.  I soliti noti, insomma.

E la verità è che dopo quasi quarant'anni il grano di Chernobyl è ancora contaminato. Lo aveva rivelato due anni fa una ricerca condotta dall’Università inglese di Exeter, rilevando nei grani ucraini livelli di radioattività al di sopra dei limiti di sicurezza.

Ricerca "dimenticata" nel cassetto da tutti i nostri media e dai nostri politici.

Gli scienziati avevano analizzato diversi cereali che crescono intorno a Chernobyl tra cui grano, segale, avena e orzo.
In Ucraina, granaio dell'Est, ci sono molte altre centrali attive. Ricordiamo anche questo.

Peccato che quei grani, importati da broker italiani a dir poco "disinvolti" e poi utilizzati da aziende alimentari che guardano solo al fatturato e non al valore della salute pubblica, diventino poi, con un colpo di bacchetta magica, prodotti del nostro tanto decantato Made in Italy. 

Prodotti che da decenni finiscono sulle nostre tavole con nomi italiani, non ucraini: sono biscotti, fette biscottate, dolci, brioche, pane confezionato, pasta e merendine per i poveri e incolpevoli bambini.

Un dato degli ultimi decenni è che l'età d'ingresso nella malattia oncologica si sta abbassando sempre più, coinvolgendo tantissimi bambini; e questo  nonostante il fatto che, com'è noto, i più piccoli non fumino, non bevano alcol e non siano sottoposti agli stress di noi adulti. 

A farli ammalare sono in buona percentuale quelle porcherie tossiche che mangiano tutti i giorni.  Più volte al giorno. Ogni giorno.

Il colmo è che adesso quelle "brave" aziende italiane vadano in TV a piangere il morto perché senza più il loro "sanissimo" grano ucraino. Per quello che mi riguarda si fottano.  O si mettano a produrre altro, magari di meno, e possibilmente usando i grani autoctoni italiani dei tanti agricoltori che loro hanno messo in ginocchio o fatto fallire.

Guido Mattioni



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