venerdì 15 aprile 2022

Draghi e la politica delle barzellette

 


Quando, in un futuro non so quanto lontano, si scriverá la storia della politica italiana di questi primi incredibili anni 2000, un capitolo di tutto riguardo sará certamente dedicato ad una delle battute piú infelici mai pronunziate in una conferenza-stampa da un capo di governo. Di che far impallidire persino gli annunzi dei ristori “poderosi” di Conte con la regía del Grande Fratello.

Questa battuta – ça va sans dire – é quella, ormai famosa, sparata da Sir Drake nell’ultima conferenza-stampa: «preferiamo la pace oppure star tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?»

Sortita da enciclopedia della barzelletta, súbito giustificata dai difensori d’ufficio come un semplice scivolone dell’ex Uomo-della-Provvidenza; il grillino (governativo) Patuanelli, per esempio, ha parlato di «un eccesso di semplificazione». I draghisti piú scalmanati sono invece accorsi a difendere l’indifendibile, producendosi in una serie di esilaranti variazioni sul tema: la pace o il riscaldamento a Natale? la pace o l’acqua calda quando facciamo la doccia? la pace o la benzina per le gite fuori porta?

I piú, comunque, hanno liquidato la cosa con un sorrisetto e con un’alzata di spalle. Come a dire che anche Draghi comincia a perdere colpi.

Io mi permetto di dissentire: Yankee-Mario é perfettamente lucido e piú rampante che mai. La sua non é stata una barzelletta involontaria, ma un cinico ballon d’essai, un espediente per un primo e assai cauto approccio a quello che é forse il suo recondito proposito: portare l’Italia su posizioni di obbedienza totale alla strategia americana. Strategia che postula l’interruzione degli acquisti europei di gas e petrolio russi, anche se ció dovesse comportare una ulteriore (e catastrofica) crisi economica per i paesi europei.

Naturalmente, questa é soltanto la mia modesta opinione. Spererei di sbagliarmi. Ma, allora, come giudicare un Presidente del Consiglio – per giunta con fama di “competente” – che collega la fine degli acquisti di gas russo solamente con i condizionatori d’aria o con le comoditá individuali degli italiani?

Possibile che Mario Draghi, il capo del governo “dei migliori”, il prediletto di Mattarella, l’inviato del Cielo per salvare l’Italia, ignori che il gas russo non ci serve solo per i condizionatori? Possibile che non sappia che serve anche a far funzionare la macchina industriale del nostro paese? Possibile che non immagini quante aziende italiane chiuderebbero? E quanti nuovi disoccupati produrrebbe una congiuntura del genere? Centinaia di migliaia? milioni? Non mi azzardo a quantificare, ma quel che é certo, certissimo, al di lá di ogni dubbio, é che una cosa del genere sarebbe letteralmente disastrosa per la nostra economia nazionale.

Senza contare che “la pace”, da lui evocata, non dipende per nulla dai dispetti da fare a Putin (senza grandi risultati fino a questo momento), ma da una fine la piú rapida possibile della guerra. E certamente la politica di armare l’Ukraina per ritardare al massimo la conclusione del conflitto non serve a questo, serve solo a moltiplicare sofferenze, lutti, distruzioni.

Oddio, serve anche a un’altra cosa: a far felici gli americani, che – al contrario di noi – non corrono certo il rischio di strangolare la loro macchina produttiva, e nemmeno quello di spegnare i condizionatori.

A proposito: vi siete mai chiesti da dove l’Ukraina compri il gas necessario alla sua vita economica? Ve lo dico io: dalla Russia. Per salvare la faccia, non lo fa direttamente. Lo fa acquistando il gas da Ungheria, Polonia e Slovacchia. Ungheria, Polonia e Slovacchia che, peró, il gas lo acquistano dalla Russia. É una semplice partita di giro.

E noi dovremmo mandare in malora la nostra economia o anche, soltanto, spegnere i condizionatori?

“Ma mi faccia il piacere”, avrebbe detto Totó. Piuttosto, Sua Competenza si scomodi a studiare come venire concretamente in soccorso delle aziende e delle famiglie italiane, che non riescono a pagare le bollette stratosferiche di luce e gas, salite alle stelle giá da prima della guerra, grazie alla illuminata politica europea delle “transizioni” succhiadenari. E siamo ancora all’inizio.

Michele Rallo




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