«Mentre il presidente americano Biden pianifica il prossimo passo del suicidio politico ed economico del vecchio continente, dopo un mese di guerra qualcuno da questa parte dell’Atlantico sta iniziando forse a prendere coscienza che l’asservimento agli interessi degli Stati Uniti ha portato questa volta a pestare i piedi al Paese sbagliato. Gli eventi di queste settimane, culminati per il momento nella decisione di Putin di chiedere pagamenti in rubli per le vendite di gas e petrolio, stanno infatti dimostrando come i piani occidentali per punire l’intervento di Mosca in Ucraina rischiano di diventare un clamoroso boomerang, fondamentalmente per via di due fattori: la qualità dell’apparato militare e la vastità delle materie prime a disposizione della Russia.
Quella che doveva essere un’azione coordinata per provocare il tracollo economico e finanziario russo minaccia insomma di produrre l’effetto contrario.»
Quella che doveva essere un’azione coordinata per provocare il tracollo economico e finanziario russo minaccia insomma di produrre l’effetto contrario.»
Intanto la "guerra russa" contro l’Ucraina diventa l’occasione d’oro per il trionfo della lobby degli armamenti
«L’industria degli armamenti non ha atteso la guerra in Ucraina per scatenare la sua intensa lobbying a Bruxelles, alfine di dimostrare le virtù «sociali», «durature» o ancora «stabilizzatrici» delle attività della vendita di armi. Nei rapporti ufficiali dell’UE, questi elementi di linguaggio cominciano a imporsi (insieme alle pesanti scelte di finanziamento dell’invio di armi all’Ucraina così come per le attività criminali di Frontex). La guerra è pace. La distruzione è “stabilità”. Le armi hanno uno scopo sociale. L’argomento sembra assurdo. Tuttavia, dallo scoppio della guerra in Ucraina, trova un’eco senza precedenti. Perché per non privarsi delle nuove fonti di finanziamento disponibili a Bruxelles, i vertici dell’industria degli armamenti – o i lobbisti che li rappresentano – hanno deciso di invocare Orwell nel testo: insistono sulle virtù “sociali”, etiche”, “sostenibili ” o addirittura di “stabilizzare” le attività di vendita di armi: “Questa drammatica situazione ci ricorda un semplice principio: senza stabilità e sicurezza non possono esserci prosperità, inclusività e sviluppo sostenibile", ha assicurato Patrice Caine, boss del gruppo di difesa Thales, in un’intervista a Le Figaro il 3 marzo. "Tuttavia, sono le industrie della difesa che aiutano le democrazie a garantire la loro sovranità, sicurezza e stabilità”.»
Fonte: Sinistra in Rete
Commento di P.G.: "Ancora una volta i partiti non fanno gli interessi degli italiani e non li rappresentano. Nonostante la propaganda guerrafondaia gli italiani capiscono che l'unica vera soluzione è negoziare e non mandare armi.
RispondiEliminaInvece i criminali che ci governano continuano a buttare benzina sul fuoco al grido di "difendiamo i valori di libertà e democrazia": sì, la libertà ai neonazisti di massacrare i civili o il democratico scioglimento dei partiti di opposizione da parte di Zelensky."