La
canzonetta – cara a quelli della generazione precedente alla mia –
era di origine francese. In Italia la cantava Nunzio Filogamo,
palermitano, amabile presentatore delle prime edizioni del Festival
di Sanremo. Il titolo era ammiccante e intrigante, leggero e facile
da ricordare: «Tutto
va ben, madama la marchesa».
La storiella che faceva da filo conduttore era esile, ma con un’anima
ironica di un qualche spessore. Una allegra marchesa lascia il suo
castello e va a folleggiare a Parigi; ma non dimentica i suoi
interessi e, ogni sera, telefona al fido Battista e gli chiede
notizie. Questi, puntualmente, risponde che «tutto
va ben».
Tranne qualche piccolo particolare: che la sua amata cavallina è
morta, che le stalle si sono incendiate, che un’ala del castello è
crollata, che il marito marchese si è suicidato, e che lei – la
marchesa – è praticamente rovinata. Ma, a parte ciò, «tutto
va ben, madama la marchesa».
Purtroppo,
Nunzio Filogamo non è più tra noi. Altrimenti, avrebbe potuto forse
riadattare quella canzonetta ai nostri giorni, e tornare a cantarla
con un testo leggermente ritoccato. Quale? Proviamo a immaginarlo.
Dunque, un marchesino toscano lascia il suo castello (nella
fattispecie, palazzo Chigi) e va in giro per l’Italia, a far
campagna elettorale per il suo referendum. Ogni sera, però, chiama
al cellulare l’amministratore del castello (poniamo, il ministro
Padoan) e gli chiede come vadano le cose. E il Pier Carlo risponde:
«tutto
va ben, messer marchese».
Tranne qualche piccolo particolare: che il PIL arranca, che alle
previsioni del governo non crede più nessuno, che il Job
Act
fa ridere i polli, che il debito pubblico è al suo massimo storico,
che i nostri giovani fuggono all’estero “in cerca di una vita
migliore”, che gli africani ci stanno invadendo “in cerca di una
vita migliore”, che i soldi per le marchette sono finiti, e che lui
– il marchese – è con il sedere per terra. A parte ciò, «tutto
va ben, va molto ben».
Ovvero – come dicevano i francesi – «tout
va très bien».
Le
analogie, però, si fermano qui. Della marchesa della canzonetta,
infatti, non si è saputo più nulla. Al tempo, si pensò che avesse
abbandonato le notti parigine e fosse rientrata precipitosamente al
castello, per tentare di salvare il salvabile. Qualcuno, fra i più
pessimisti, ipotizzò addirittura un suicidio romantico, tra i flutti
della Senna usi ad accogliere tanti gentiluomini che si erano
rovinati al tavolo da gioco.
Nel
nostro caso, invece, il marchesino Matteo non sembra preoccupato più
di tanto. Non solo, naturalmente, non pensa di suicidarsi come la
marchesa, ma respinge ormai anche la semplice ipotesi di dimissioni.
Al contrario, sembra che le notizie provenienti dal castello non lo
preoccupino più di tanto; anzi, ha imparato a memoria il ritornello
di Pier Carlo e va ripetendolo ad ogni passerella, ad ogni tavolata,
ad ogni comparsata in tv: «tutto
va ben, va molto ben».
Fin
qui, nulla di particolarmente strano. I manuali di igiene mentale
riferiscono di una miriade di casi di autoconvincimento farlocco,
casi in cui il soggetto ripete ossessivamente una storia che sa
essere non vera, nel tentativo di convincere in primo luogo sé
stesso della veridicità di tale storia. È quello che, nel
linguaggio di tutti i giorni, sogliamo indicare come “farsi un
film”.
Nulla
di strano, quindi, che il marchesino si sia convinto che «tutto
va ben».
Lo strano è che alcuni altri credano (o fingano di credere) al suo
“film”. Chi sono questi “alcuni altri”? In primo luogo i suoi
Ministri e, in genere, quanti occupano una qualunque poltrona “per
grazia ricevuta”. Poi, un pezzo di Partito Democratico, quello che,
peccando di presunzione, si crede più intelligente di Massimo
D’Alema. Poi ancòra gli Angelini, i Casini, i Verdini e tutti gli
“ini” che sono ormai perfettamente calati nel ruolo di ascari in
servizio permanente effettivo. I fiancheggiatori di vario genere
(anche confindustriale), le guardie svizzere di Bergoglio, i
portaordini nostrani di Standard
& Poor’s,
i piccoli fan del Job
Act
e dei licenziamenti a gogò, i ranger dell’alta finanza e delle
banche “d’affari”, gli ambasciatori obamiani e, in genere,
quanti pendono dalle labbra dei “poteri forti”.
Ma,
soprattutto, a mostrare di credere all’ottimismo del marchesino è
una RAI oramai militarizzata, agli ordini del generale Campo
Dall’orto (ex Canale 5, ex MTV, ex La 7) e del suo stato maggiore
di immarcescibile fede renziana. La RAI degli stipendi d’oro, la
RAI dei privilegi inimmaginabili (altro che deputati e senatori!), la
RAI delle epurazioni (hanno cacciato anche Bianca Berlinguer dal
TG3), la RAI lottizzata con il metodo R (i “lotti” degli altri
non contano niente), la RAI che racconta un paese felice, dove le
statistiche sulla disoccupazione sono puntualmente seguìte da chiose
tranquillizzanti, dove i telegiornali iniziano con il buongiorno di
Matteo Renzi e finiscono con il buonproseguimento di Maria Elena
Boschi. Una RAI mai così monolitica, conformista, regimista, univoca
ed unidirezionale come adesso. Una RAI “moderna” che fa
impallidire ogni raffronto con la “mamma RAI” di democristiana
memoria, con la “RAI dei professori” post-craxiana, con la RAI
“minacciata” da Berlusconi.
Una
RAI che segue passo passo il marchesino, sia che questi accompagni
gli Azzurri alle Olimpiadi, sia che si rechi in visita a una scuola
elementare. Una RAI che ce lo fa sentire in diretta, in tutto lo
splendore della sua parlata tosca, con le sue battute da briscola in
cinque, con i suoi proclami da general Bombarda, con i comizi da
quartierino toscano, con le pedanti, parziali, interessate
“spiegazioni” del referendum... Mentre agli “altri” vengono
lasciate – in nome della par
condicio
– una serie di dichiarazioni-flash, ridotte all’osso, tali da
apparire al pubblico come il meccanico susseguirsi di semplici
dichiarazioni di principio, prive di “respiro”, di ragioni vere,
di un costrutto razionale. Quasi a voler contrapporre un
giganteggiante Lui, ad un’accozzaglia di nanetti in cerca di
rivalsa.
Su
tutto e su tutti, poi, aleggia il ritornello della canzonetta: «Tutto
va ben, madama la marchesa. Tutto va ben, va molto ben».
Nella speranza che gli italiani ci credano.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
Canzoncina menzionata:
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