Per quanto riguarda la
politica estera un Donald Trump presidente potrebbe tornare molto comodo all’Ue. Tutto il mondo sembra essere
preoccupato di una possibile vittoria del miliardario americano. Una vera e
propria mobilitazione anti-Trump sembra aver preso piede tra coloro che credono
che la campagna elettorale del magnate americano rispecchi effettivamente il suo
personaggio o una sua eventuale politica futura.
Ma Trump è veramente quello che
sembra? Rappresenta sinceramente l’apoteosi dell’anti-politica o la sua è stata
semplicemente un’ottima campagna elettorale cavalcata sulla cresta dell’onda
della sfiducia dei cittadini per la politica?
Una cosa è certa, e per
adesso è la più importante da rimarcare: Trump non è lo sconclusionato arrogante
senza redini politico-istituzionali che ci hanno voluto dipingere (e come lui
stesso si è voluto dipingere). Perché? Perché Trump ha espresso una visione
della politica estera mai espressa né dai repubblicani né dai democratici. Prima
di analizzare più nel profondo una sua eventuale serie di decisioni sulla
foreign policy, l’atteggiamento di Trump si può riassumere con questo suo breve
intervento: “E’ ora che l’America cessi di spendere tutte le proprie energie in
pantani internazionali. Gli Stati Uniti dovrebbero intervenire solo e unicamente
per la risoluzione di problemi comuni da risolvere con il supporto di tutte
quelle entità, statali o economiche che siano, in grado di muoversi
unidirezionalmente verso un obiettivo condiviso. Già dopo questo breve
statement risulta facile notare la differenza d’approccio rispetto a quello
attuale (e storico) della politica estera di Washington.
Questo più in generale. Ma per l’Europa
l’elezione di Trump sarebbe un beneficio? Da quello che il magnate ha detto in
un’intervista rilasciata al giornalista di NBC Chuck Todd, sembrerebbe proprio
di sì. Quando gli si viene chiesto cosa pensa dell’Ue e del rapporto
morboso con gli United States, Trump risponde che prima l’America abbandonerà la
sua influenza sull’Europa prima ci saranno benefici per entrambe. Solo il
perenne schieramento di truppe NATO costa agli U.S. milioni di dollari l’anno,
afferma Trump, continuando a dire che sono soldi che potrebbero essere
sicuramente investiti più saggiamente. Senza contare quello che è successo
e sta succedendo nell’est-Europa, continua Trump: “Non sono assolutamente
d’accordo con quello che è successo in Ucraina, tanto più sulle cause che hanno
portato al conflitto in questione. Questo è un problema di cui si sarebbe dovuta
occupare l’Europa. L’intervento degli Stati Uniti è stato a dir poco deleterio,
ed è stata la miccia che ha innescato tutto ciò che è successo nel confine est
del paese con la Russia.” Trump infine si distacca totalmente dalla visione
politica dell’attuale, abbronzato, presidente, affermando che per lui non è di
alcuna rilevanza l’ammissione dell’Ucraina nella NATO. Un’affermazione di
cruciale importanza considerando la politica espansionista di Obama e tutti
danni che questa ha portato.
Trump continua esprimendo una politica di
disengagement che va oltre quella attuale dell’amministrazione Obama che sta
cercando di non rimanere impantanata nella palude mediorientale. Prima dice che
è ora che gli americani smettano di supportare la Corea del Sud nel conflitto
contro la Corea del Nord: “La nostra spesa militare, che si aggira attorno agli
$861 milioni, non si avvicina lontanamente agli sforzi economici della Corea del
Sud per difendere la sua sovranità. O ci sarà un compenso per gli Stati Uniti,
oppure non ci sarà nessun motivo per noi di continuare a supportare la Corea
meridionale.” Poi continua a parlare della Cina, accusandola di non rispettare
le regole istituite sul modello liberale internazionale: “La Cina deve cessare
la sua attività di spionaggio nei confronti del nostro governo e deve finirla di
manipolare la valuta a suo piacimento. Se vincerò, la mia amministrazione
tasserà pesantemente la Cina per ogni torto compiuto. Se continuerà, la
tasseremo sempre più.”
Trump avrà certamente tutti i limiti di un
personaggio che ormai sembra non aver bisogno di essere descritto, e sicuramente
il successo della sua campagna elettorale è da ricercare nel bisogno viscerale
dei cittadini sfiduciati di demolire l’establishment abbracciando
conseguentemente l’anti-establishment per eccellenza, ma una volta che si è
capito questo l’Europa dovrebbe rispolverare il manuale della realpolitik e
chiedersi: “Ma a noi, Trump presidente degli Stati Uniti d’America, farebbe
comodo?”
Guido Dell'Omo
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