Ѐ caduto (finalmente) il governo Draghi che avrebbe dovuto salvare l’Italia dalla crisi e la recessione economica, e dal problema dell’enorme debito pubblico, ma che ha lasciato una situazione più grave di quella lasciata dal governo precedente.
Il compito che il grande capitalismo italiano, l’Unione Europea, i mercati internazionali ed il “grande fratello” statunitense avevano affidato al super-tecnico Draghi, considerato come l’uomo giusto al posto giusto, era quello di tenere in pugno la situazione respingendo anche i parziali tentativi di riequilibrio economico-sociale tentati dal precedente governo “populista” di Giuseppe Conte, che era riuscito comunque ad ottenere i finanziamenti europei di oltre 200 miliardi per il cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
D’altra parte chi è Draghi? Ex direttore esecutivo della Banca Mondiale e Direttore Generale del Ministero del Tesoro negli anni ’90; ex “managing director” della grande banca privata statunitense Godman&Sachs dal 2002; ex governatore della Banca d’Italia dal 2005; presidente del Forum di Stabilità Finanziaria dal 2006 al 2011; presidente della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2019. In quest’ultima veste dichiarò che avrebbe fatto “qualsiasi cosa” per sostenere l’Euro, ed infatti – a questo scopo - non esitò a mandare a fondo l’economia greca in accordo con la Germania.
30 anni orsono, il 2 giugno del 1992, è ricordato il suo noto discorso sul panfilo “Britannia” della regina Elisabetta, in cui invitava la grande finanza inglese ed internazionale a venire a servirsi sul mercato italiano, acquistando a prezzi favorevoli le imprese pubbliche italiane nell’ambito di una massiccia campagna di privatizzazioni (fatto poi in gran parte avvenuto).
Nel corso della sua attività governativa ha parzialmente affossato precedenti provvedimenti economico-sociali del governo Conte, come il reddito di cittadinanza per le famiglie in difficoltà e lo sgravio fiscale del 110% sulle ristrutturazioni (cosiddetto “superbonus”), ed ha posto ostacoli all’introduzione del salario minimo chiesta dai 5stelle in un paese come l’Italia dove esistono tuttora contratti (legali, non in nero!) di 699 euro mensili e di 4 euro l’ora.
Ora tutti i grandi “giornaloni”, come “Repubblica”, la “stampa”, il “Corriere della Sera”, e le TV di stato e private faranno campagna elettorale contro Conte e i 5stelle per aver fatto cadere il governo di super-Mario (dopo averne bloccato anche l’elezione alla Presidenza della Repubblica). I 5stelle sono accusati anche di scarso atlantismo per aver semplicemente chiesto che il Parlamento fosse informato e potesse discutere sul tipo di armi inviate in Ucraina, fatto che ha offeso profondamente l’ultra-atlantista Draghi, fedele esecutore delle politiche internazionali degli USA e della NATO.
Tra i più accaniti sostenitori di Draghi è stato il PD, insieme ad altre piccole formazioni di centro come quelle di Renzi, Calenda e Bonino. Questo si presta ad interessanti considerazioni politico-sociologiche. Secondo un recente studio citato dal “Fatto Quotidiano” il PD è il partito con la più alta percentuale di funzionari del capitale, quadri tecnici e professionisti di fascia medio-alta che lo pone come partito liberal-conservatore, sostenitore del capitalismo e atlantista. Sul fronte opposto i 5stelle sono il partito a più alta concentrazione di disoccupati, sotto-occupati e precari, fatto che spiega le loro aperture “populiste” di “sinistra”, specie dopo essersi liberati dalla zavorra-Di Maio.
Non si tratta certamente di un movimento rivoluzionario verso il socialismo, concezione politica cui sono rimasti fedeli gruppi molto minoritari come Potere al Popolo o sindacati combattivi come l’USB che paga con persecuzioni ed arresti (vedi i 4 sindacalisti arrestati a Piacenza) le sue lotte radicali (mentre anche l’ex sindacalista “rivoluzionario” Landini ha difeso fino alla fine il governo Draghi perché “era necessario un governo forte con cui trattare”).
D’altra parte il movimento operaio ha fatto molti passi indietro. Il partito a più alta concentrazione operaia è diventato la Lega, che ha imbarcato molti operai del Nord delusi dagli ex partiti e sindacati di presunta “sinistra”. Fratelli d’Italia risulta invece il partito a più alta percentuale di lavoratori autonomi di fascia bassa, come molti di quelli a partita IVA, e componenti di quella piccola borghesia che si è enormemente estesa nell’ultimo secolo rendendo minoritarie anche le grandi concentrazioni di operai-massa, come si diceva un tempo. Le prossime elezioni dovrebbero vedere probabilmente una vittoria di queste formazioni populiste di “destra”, anche se la politica complessiva, regolata dal grande capitale internazionale occidentale, non dovrebbe cambiare molto. Questo impone a chi vuole lottare per una società più giusta una serie di riflessioni profonde sulla situazione reale. Intanto però la “vecchia talpa” continua scavare – come diceva Marx – ed oggi si manifesta con il sorgere di nuovi centri di potere internazionali (Cina, Russia, India, ecc.) che contestano il predominio del capitalismo statunitense-occidentale indebolendone la posizione, con conseguenze tutte da studiare e valutare.
Vincenzo Brandi
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