Bolton, già ambasciatore all’ONU e poi responsabile della sicurezza in epoca Trump - interrogato in merito all’organizzazione dell’assalto al Campidoglio dopo la sconfitta di Trump alle elezioni presidenziali del 2020.- ha arrogantemente rivendicato la promozione di numerosi colpi di stato da parte degli USA per colpire governi considerati non allineati agli Stati Uniti. Ha voluto esplicitamente parlare solo di un tentativo fallito che prevedeva il rapimento del presidente del Venezuela Maduro. Ma noi sappiamo che si potrebbero fare innumerevoli esempi, a partire dal defenestramento violento del presidente dell’Iran Mossadeq nel 1953, reo di voler nazionalizzare il petrolio iraniano e difendere l’economia nazionale, fino a giungere all’uccisione del presidente socialista del Cile Allende nel 1973. .
Rimanendo al Venezuela, possiamo ricordare il “golpe” dell’aprile 2002 contro il presidente Chavez, prima arrestato dai golpisti e poi liberato a furor di popolo. Un altro golpe fu tentato nel 2019 nello stesso Venezuela ad opera del ridicolo fantoccio Guaidò, autoproclamatosi presidente e riconosciuto subito dagli USA, ma poi costretto a fuggire (ormai se ne sono perse le tracce). Il Venezuela ha la colpa di possedere una delle più grandi riserve di petrolio al mondo che il popolo venezuelano vorrebbe utilizzare in proprio. Un altro paese sudamericano, la Bolivia, ricchissima di Litio (elemento indispensabile per le moderne batterie) ha subito un colpo di stato nel 2019 organizzato dalla vice-presidente conservatrice Jeanine Anez contro il presidente Morales considerato troppo di “sinistra”. Anche questo golpe è poi fallito e la signora Anez si trova oggi in galera condannata a 10 anni.
Alcuni colpi di stato fatti per ragioni geopolitiche ci riguardano molto più da vicino e sono stati organizzati non solo dai “Neocons” ma anche quando vi erano presidenti “democratici” come Obama (naturalmente per difendere la “democrazia” e i “diritti umani”). Nel 2004 c’è stata una prima cosiddetta “rivoluzione colorata” promossa dagli USA e dai suoi alleati europei in Ucraina. Lo scopo era portare quel paese – che fino ad allora era vissuto in uno stato di perfetta tranquillità in quanto neutrale tra Occidente e Russia – nell’ambito della NATO e dell’Unione Europea. In seguito questa “rivoluzione” non ha dato gli esiti sperati e l’Ucraina è rimasta neutrale per altri 10 anni fino al 2014.
Contemporaneamente nel 2004 era avvenuta un’altra “rivoluzione colorata”, cosiddetta “delle rose”, in un altro paese ex-sovietico di grande importanza strategica, la Georgia. Era andato al potere un personaggio ultra-nazionalista, dittatoriale e fascistoide, Mikheil Saaskashvili, che ebbe la pessima idea di attaccare nell’agosto del 2008 la guarnigione russa che presidiava la regione indipendentista dell’Ossezia del Sud, sperando in un intervento a suo favore degli USA e della NATO. Tuttavia la NATO non se la sentì di intervenire e Saakashvili, rimasto solo, fu sconfitto in 5 giorni; perse prestigio e carisma e infine fu costretto a riparare in Ucraina. Qui il governo di estrema destra, che si era insediato nel frattempo a seguito del colpo di stato del 2014, gli riconobbe la cittadinanza ucraina e lo nominò governatore della regione di Odessa, una città che è sempre stata filo-russa e ribelle e quindi da tenere sotto stretto controllo. Dopo aver ricoperto anche altri incarichi in Ucraina, Saaskashvili ha cercato di tornare in Georgia dove è stato arrestato.
Certamente il colpo di stato che ha creato più problemi è stato quello del 2014 in Ucraina, organizzato dalla vice-segretaria di stato USA, Victoria Nuland, collaboratrice di Hilary Clinton, e dall’ambasciata statunitense. E’ andata al potere una coalizione di estrema destra comprendente partiti apertamente nazi-fascisti organizzati militarmente, che ha messo fuori legge i partiti di sinistra e attaccato militarmente le regioni di lingua russa che si erano opposte al “golpe”. Il filo-nazista Bandera, che guidò le bande che combatterono dalla parte dei Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e massacrarono centinaia di migliaia di Ebrei e comunisti, è diventato “eroe nazionale”. Un recente articolo di Enrico Vigna diffuso in rete(1) descrive dettagliatamente le persecuzioni, gli arresti e le sparizioni di migliaia di oppositori. La propaganda occidentale che parla di “democrazia ucraina” è una barzelletta, alimentata solo dal desiderio di far entrare l’Ucraina nella NATO in funzione anti-russa.
Qui non si vuole fare un esame della natura del governo russo. Magari può essere oggetto di un esame ragionato e di un altro articolo. E’ certo, però, che qualsiasi governo russo (di destra, di centro , o di sinistra) non poteva assistere senza reagire al pericolo mortale per la propria sicurezza costituito dall’entrata di un grande paese limitrofo, già legato alla Russia da molti vincoli economici e culturali, in un’alleanza ostile, la NATO, che già negli anni precedenti era avanzata fini ai confini russi, istallando basi militari e batterie di missili puntati sul cuore della Russia.
La Russia aveva proposto di venire ad un accordo ragionevole che prevedesse il mantenimento della neutralità dell’Ucraina ed il rispetto dei diritti delle popolazioni di lingua russa dell’Est del paese. Il nuovo presidente ucraino Zelensky era stato eletto sulla base di un piano di pacificazione e buon vicinato con la Russia, ma poi – come rivelato recentemente dal noto pacifista americano Chomsky – il piano è saltato per la pressione delle formazioni di estrema destra che hanno anche minacciato di uccidere Zelensky, che alla fine ha scelto di diventare la loro marionetta. La risposta negativa degli USA e del governo ultranazionalista di Kiev alle moderate proposte russe, che costituivano una “linea rossa”, ha fatto precipitare la crisi. Oggi tutti ne paghiamo le spese: crisi economica, inflazione alle stelle, pericoli di guerra mondiale. Ma chi ne soffre di più è proprio il popolo ucraino mandato allo sbaraglio per interessi che non sono suoi.
Vincenzo Brandi
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