È stato bello, il nostro 4 maggio di riconquistata parziale libertà. Ancor più perché allietato dai nostrani campioni del comico che mai in quest’infinita quarantena si sono risparmiati per tener su il nostro morale stremato.
Stavolta il momento del buonumore è il furgone della Protezione Civile (egià) che il 4 maggio batte le strade di San Benedetto diffondendo il nuovo messaggio alla cittadinanza dell’imperdibile performer Sindacopiunti.
Lunghetto il testo, per essere itinerante: calcolando durata della fonica e andatura del mezzo, i fortunati cittadini incrociati lungo il percorso ne avranno ascoltato chi la prima parte, chi quella centrale, altri ancora soltanto quella finale. Con effetti esilaranti se nel ricostruirlo volenterosamente a posteriori ne avranno mescolato i passaggi, o perfino invertito l’ordine.
Non per questo ne sarà sfuggito l’alto contenuto morale. Perché il testo, in una vertigine di registri da montagne russe, alterna il bastone alla carota: e se prosaicamente addita nel lavar le mani e indossar mascherine e guanti i baluardi della salute di questo medioevo ritornato, s’innalza poi a vette di lirismo nell’evocar gli “spazi di libertà che a prezzo di grandi sacrifici ci siamo riconquistati” (è la Festa della Liberazione ad aver suggestionato, molto suo malgrado, Sindacopiunti?); scende quindi a precipizio a fustigar severo “chi non rispetterà le regole” - per quegli sciagurati “non ci saranno sconti”! - e ancora su, fino all’acme emotivo di quel “grazie ancora per quello che state facendo” (qualunque cosa abbia voluto dire).
Non basta. Appena il giorno dopo ecco il nostro Savonarola arringare la desertissima spiaggia sambenedettese con un audio-sermone diffuso da Pubblicentro: modalità e contenuti che sarebbero inquietanti se non fosse che il riso vince di prepotenza.
È quello che ci mancava, nella tetraggine del presente.
Costretti, i Sindaci-Sceriffi, ad accantonare lo sceriffismo degli ultimi mesi (ah, quei corroboranti inseguimenti in spiaggia per acciuffar camminatori solitari e runners!), ecco pronti i Sindaci-Savonarola a rampognar le folle, a un passo dal “Ricordati che devi morire” seguito dal “Sì sì mo me lo segno” dell’indimenticato Troisi.
È quello che ci mancava, anche, nel surreale smarrimento di ogni normalità, la prosa d’arte di questi sermoni in overdose di gerundi e in deficit di consecutio e sintassi…
Ma li capiamo, l’occasione per i protagonismi delle starlettes locali è troppo ghiotta perché se la lascino sfuggire.
Così: là un sindaco tuona che il lungomare di Sant’Elpidio “troppo pieno, è un disastro”; qua, un comitato di quartiere vuol chiudere (sic) le spiagge a San Benedetto di sabato e domenica “per i troppi visitatori” (visitatori?!); più in là, il sindaco di Acquaviva Picena comunica che i “Volontari del Gruppo Comunale” insieme a quelli di Radio Club Piceno faranno ronde per intercettare i “cittadini che male hanno interpretato gli ultimi decreti” (sic); al Cimitero sambenedettese si entra coi numeri come al supermarket poi i numeri finiscono e rimane il custode a contare gli ingressi col pallottoliere, finchè i congiunti (!) dei cari estinti cominciano a entrare di soppiatto dal retro, “dalla zona dove insistono gli uffici” (insistono?!).
Detiene però sempre saldamente la maglia rosa, tappa dopo tappa, il Presidente sforna-ordinanze, che oggi dalla Regione finalmente consente la raccolta di funghi e asparagi selvatici - come potevamo farne a meno? – mentre purtroppo per salire in moto in due bisogna essere conviventi (duro colpo al sogno di molti di saltare sul sellino della prima moto di passaggio e agganciarsi allo sconosciuto conducente); ma soprattutto consente, vivaddio, la toelettatura dei cani: magnifica orwelliana inversione di ruoli che vedrà animali gioiosamente freschi di parrucchiere accompagnare umani dalle chiome incolte e dal folto pelame (e pure con la museruola igienica).
E’ quello che ci mancava.
E tuttavia non è il peggio che ci capita: il peggio è veder planare ancora una volta sulle nostre disgrazie - come su quelle milanesi - il Guido Bertolaso che ha attraversato anni e governi e catastrofi a cavalcioni della sua palla di cannone come il barone di Mϋnchhausen; il Bertolaso dio dei terremoti, dei rifiuti, degli incendi, dei G8, dei siluri nucleari nel Golfo di Napoli, della SARS, dei Mondiali di ciclismo, del Giubileo, del post-terremoto di Haiti, dei Paesi africani in via di Sviluppo e, oggi, delle pandemie; il Bertolaso che tanto meritò a capo della Protezione Civile nei tempi lucrosi del pregiudicato Berlusconi e del terremoto dell’Aquila.
Il peggio è assistere, ancora e sempre impotenti, all’opaca tela tessuta oggi dalla Regione Marche intorno all’erigendo Fiera Hospital di Civitanova - con Bertolaso padrino - uguale a quello partorito - padrino ancora Bertolaso - dalla Regione Lombardia, in Fiera pure quello, guarda un po’: inutili costosi dannosi “provvisori” Ospedali Covid-19; plateale sintesi, ambedue, di errori e orrori, incapacità e arroganza e - va da sé - robusti interessi politici e di saccoccia.
“Si vedevano gli uomini più qualificati senza cappa né mantello […], negletta e trasandata ogni persona; lunghe le barbe di quelli che usavan portarle, cresciute a quelli che prima costumavan di raderle; lunghe pure e arruffate le capigliature […] per esser divenuti sospetti i barbieri, da che era stato preso e condannato, come untor famoso, uno di loro…” A.Manzoni, I Promessi Sposi, cap.XXXIV
Sara Di Giuseppe faxivostri. wordpress.com letteraturamagazine.org
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