"E’ venuto il momento di pretendere che il Servizio Sanitario sia pubblico, nazionale e centralizzato, con al centro la medicina territoriale, e di predisporre immediatamente di un piano di investimenti e di assunzioni di personale. E’ venuto il momento di porre fine alla regionalizzazione e ai finanziamenti pubblici alla sanità privata. E’ questo il momento di dire che nulla deve più essere come prima..."
Negli ultimi decenni la progressiva smobilitazione dei beni pubblici è diventato un dato strutturale nella nostra società. Politiche di austerità, privatizzazione, aziendalizzazione, regionalizzazione, esternalizzazioni, hanno fatto si che i servizi essenziali siano diventati fonte di profitto per pochi e non benessere per la collettività.
I responsabili sono stati governi di centrosinistra e centrodestra, che hanno condotto politiche liberiste a favore delle imprese e dei grandi capitali a scapito delle persone. Nella sanità questo processo cronico è ben visibile nei tagli draconiani, nel sottorganico, nell’impossibilità per tantissimi di accedere alle cure. Oggi quel sistema sta dimostrando il proprio fallimento e la propria iniquità sulla nostra pelle proprio in questa crisi sanitaria.
L'ultimo rapporto Gimbe dal 2010 al 2019, ci dice che sono stati complessivamente tagliati 37 miliardi. Oggi affrontiamo questa emergenza sanitaria con un sistema smantellato. L’ultimo DPCM di maggio ha previsto un incremento dei fondi al SSN di oltre 3 miliardi, il che ci dice che ci si può muovere in controtendenza a regole che sembravano immutabili. Però sappiamo che questi provvedimenti sono emergenziali e non strutturali, considerando che gli sgravi fiscali alle imprese tramite l’IRAP creeranno un ulteriore buco alle entrate per la sanità.
Nel Lazio il “modello Zingaretti” del centrosinistra, è uscito da un periodo di commissariamento privatizzando e chiudendo strutture sanitarie fondamentali, non dimostrando un cambio di passo dalla precedente giunta Polverini. Forlanini, Santa Maria della Pietà e San Giacomo sono solo alcuni dei nomi di ospedali dismessi. Sono state ridimensionate le strutture nei territori periferici, i consultori, le ASL, i Pronto Soccorso e i servizi di prossimità. Dal 2001 al 2014 è stato diminuito il 30% del numero dei posti letto negli ospedali.
Si sono incentivati invece i poli e le strutture private convenzionate.
Si è più volte fatto ricorso a cooperative e appalti invece di pianificare assunzioni stabili; con gli ultimi decreti sono state predisposte nuove assunzioni, ma anch’esse precarie e a termine. Oggi il personale sanitario, a cui va la nostra completa solidarietà, è costretto a lavorare letteralmente “in trincea” in assenza di adeguati dispositivi di sicurezza.
Oggi dobbiamo pretendere investimenti per servizi pubblici che rompano con il ricatto del debito pubblico, con le privatizzazioni, con ogni forma di autonomia differenziata tra territori, per ristabilire una politica che abbia al centro il benessere e l’interesse generale della società. Perché non pagheremo con le nostre vite questa crisi sanitaria.
E’ venuto il momento di pretendere che il Servizio Sanitario sia pubblico, nazionale e centralizzato, con al centro la medicina territoriale, e di predisporre immediatamente di un piano di investimenti e di assunzioni di personale. E’ venuto il momento di porre fine alla regionalizzazione e ai finanziamenti pubblici alla sanità privata.
E’ questo il momento di dire che nulla deve più essere come prima.
Potere al Popolo Lazio
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