venerdì 22 maggio 2020

M5S. "Vendersi al MES...?"


M5s, Rampelli: Stelle cadenti precipitano sul MES - Fratelli d ...

Fino a qualche settimane fa, pochissimi in Italia conoscevano il nome di Klaus Regling, colui che é il dominus incontrastato del MES. Fino a qualche settimana fa, dicevo. Perché il 24 marzo scorso il sito Dagospia – solitamente assai bene informato – in piena bagarre su MES si / MES no, pubblicava un virgolettato attribuita a Regling, secondo il quale «Italia e Spagna devono inginocchiarsi».

In Italia il PD e gli altri piccoli fan del cosiddetto “fondo salva Stati” erano costernati. Ma súbito giungeva a rinfrancarli una dichiarazione ufficiale della portavoce del Consiglio d’amministrazione del MES, che smentiva nel modo piú assoluto che il suo Presidente – Regling per l’appunto – avesse mai pronunciato la frase incriminata. «Chiunque conosca Klaus Regling – concludeva la portavoce – sa che non utilizza mai un linguaggio del genere.»

Ad essere poco credibile, quindi, era la terminologia della citazione. Ma – mi permetto di aggiungere – sapendo come la pensi il soggetto, non sarebbe affatto da escludere che questa sia, nella sostanza, la sua idea circa l’applicazione delle regole del MES.

Regling, infatti, é uno dei piú irriducibili “falchi” tedeschi, un estremista del rigorismo piú miope, un fondamentalista della linea “lacrime e sangue” da imporre a quegli spendaccioni dell’Europa meridionale che non apprezzano adeguatamente le delizie della dittatura finanziaria del Quarto Reich. Il semplice fatto di aver posto uno come lui al vertice del MES é stata una evidente provocazione da parte della cancelliera Merkel. E, in effetti, il ruolo di Klaus Regling nella crisi del debito greco é stato di una durezza incredibile. Peraltro, senza neanche eccellere dal punto di vista professionale, stando almeno a Yanis Varoufakis, che lo ha pubblicamente apostrofato come “ignorante”, “incapace” e “mediatore fallito” [Wikipedia].

Orbene, questo personaggio cosí austero e severo, questa specie di Torquemada delle finanze, questo arcigno teorizzatore del massacro sociale si é fatto, dopo l’affare dell’inginocchiatoio, cosí bonaccione, cosí rassicurante, cosí accomodante, cosí umano – direbbe Fantozzi – da convocare una conferenza-stampa internazionale per rassicurare tutti sul MES “senza condizioni” e per fare gli occhi dolci agli ipotetici destinatari della generositá teutonica: italiani, spagnoli, greci e portoghesi. Si é spinto addirittura a ipotizzare quanti miliardi di interessi i quattro governi “sudisti” potrebbero risparmiare in dieci anni, ricorrendo agli aiuti del MES – ma solo per la sanitá – e non ad altri prestiti. La palma – manco a dirlo – spetterebbe all’Italia che, per gli imperscrutabili calcoli del cerbero prussiano, verrebbe a risparmiare ben 7 miliardi. Chissá perché, dato che la Spagna beccherebbe solo un paio di miliardi, e meno ancora la Grecia e il Portogallo.

Chissá perché, dicevo. Ma una risposta, forse, si potrebbe anche azzardare. Perché é l’Italia – e non la Spagna o il Portogallo – l’obiettivo della manovra di spoliazione orchestrata dal Quarto Reich. Perché é l’economia italiana – pur cosí impoverita – a infastidire l’economia tedesca, il settore manifatturiero tedesco, la siderurgia tedesca, l’export tedesco. Perché é la residua ricchezza italiana (la nostra forte riserva aurea, il nostro patrimonio culturale e ambientale, la qualitá della nostra produzione agricola, la miriade di piccole aziende di alto profilo, l’ENI, l’ENEL, i trasporti, eccetera) che la Germania vuole acquisire. Perché é la ricchezza individuale degli italiani (i depositi bancari e le proprietá immobiliari) che la Kanzlerin vuole di fatto espropriare, destinandola a garanzia del debito pubblico dello Stato. Questa, comunque, é soltanto una mia maliziosa opinione. Ma, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma il piú delle volte si indovina.

Perché lascio il M5S e aderisco a Vox Italia di Fusaro

Ma riprendiamo il filo del discorso. Dunque, si diceva dell’offensiva buonista del falco tedesco... In Italia, naturalmente, piddini e affini si sono sciolti in brodo di giuggiole, grati per la magnanima benevolenza del braccio armato dell’Unione Europea, commossi fino alle lacrime per la generosa disponibilitá (ma solo per i primi due anni) ad imporci una sorveglianza soltanto “attenuata”.

Dagli altri paesi invitati a servirsi del MES, invece, è arrivata una bordata di secchi “no”. I governi di Madrid, Lisbona e Atene si sono detti lieti della possibilitá di accedere agli aiuti del MES, hanno ringraziato commossi, ma hanno dichiarato di preferire far debiti con chiunque altro, piuttosto che con herr Regling e con il suo benefico “fondo salva Stati”.

Posizione corale, espressa all’unísono da tutti e tre i paesi. Anche dalla martoriata Grecia, che pure di danaro liquido avrebbe bisogno piú di tutti gli altri, visto che per il 2020 registrerá probabilmente una riduzione del 10% del suo giá esangue PIL. Eppure da Atene hanno risposto che «attualmente non ne abbiamo bisogno».

Stessa risposta anche dalla Spagna e dal Portogallo, che negli anni scorsi hanno avuto delle occasioni d’incontro “minori” – diciamo cosí – con il MES. Importi modesti, tali da poter essere restituiti facilmente e puntualmente, nulla di paragonabile al caso greco. Ma il ricordo della sequela di imposizioni a cui non si poteva dire di no (i tagli alle pensioni, la riduzione degli stipendi, la tassazione alle stelle, la spesa pubblica falcidiata, le privatizzazioni imposte con il coltello alla gola, ed altre mille angheríe) sono bastati a sbarrare la strada ad ogni ipotesi di MES, sia pure ufficialmente (e bugiardamente) “incondizionato”.

Madrid e Lisbona hanno perció dichiarato di «non avere problemi di accesso ai mercati finanziari» (anche se pagando maggiori interessi) e quindi – mi permetto di interpretare – di non sentire affatto il bisogno di consegnarsi agli aguzzini del MES.

Una riflessione aggiuntiva. Ricorderete che un paio di settimane fa, esibendosi in una delle sue spericolate prestazioni di arrampicata sugli specchi, Giuseppi II ebbe a dichiarare che per le esigenze italiane il MES era “inadeguato”, ma che lui non si opponeva per non fare uno sgarbo alla Spagna, che del MES era in trepida attesa.

Adesso, dunque, il “no, grazie” di Madrid appare diretto non soltanto a Klaus Regling, ma anche a Giuseppi Conte. Il quale ultimo, cosí, viene diplomaticamente mandato a quel paese, con l’invito ad astenersi per il futuro dal tentare di utilizzare la Spagna per togliere le sue castagne dal fuoco di un governo ingovernabile.

Il punto, infatti, é proprio quello. Il problema per Giuseppi non é tanto il MES, quanto il rimanere attaccato alla poltrona di Palazzo Chigi. Per ottenere ció, deve a tutti i costi disinnescare la bomba del contrasto fra il PD (espressione del piú piatto collaborazionismo con Bruxelles) e i Cinque Stelle (il cui elettorato é anti-MES a spada tratta).

Una rottura sul MES sarebbe deflagrante, e non potrebbe non segnare la fine di questo esecutivo. Giuseppi sarebbe finalmente nesso alla porta, e si aprirebbe la strada a un governo di salute pubblica a guida Draghi, o alle elezioni anticipate in autunno.

Il Conte Tacchia (come lo chiama qualcuno) ha ormai pochissimo tempo per scongiurare queste due funeste (per lui) soluzioni. Deve assolutamente convincere i Cinque Stelle a dire “si” – o almeno “ni” – al MES. E i Cinque Stelle devono decidere se perdere definitivamente la faccia o se mantenere un minimo di dignitá. Scelta non facile, perché nella seconda ipotesi – quella piú dignitosa – rischierebbero le elezioni anticipate e, per molti di loro, l’addio a Montecitorio e a Palazzo Madama.

Michele Rallo - 
ralmiche@gmail.com

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