L’incapacità di dialogare con gli elettori da parte dei giallorossi – basta prego, di chiamarli centrosinistra o sinistra – è palese. Se il M5S si salvava fino a poco fa, soprattutto grazie alla voce di Di Battista (del quale mi piacerebbe conoscere la posizione nei confronti del suo stesso partito), l’apporto del Pd su questo tema ha del tragicomico. Ancora oggi, nel video citato, il giornalista ex-Repubblica cita tra i fattori che hanno generato la vittoria salviniana, la distanza del suo partito dagli elettori.
Giannini e con lui tutto il popolo impaurito che rappresenta, non comprende che la “terribile propaganda di Salvini fondata sulla paura” non è per nulla il primo richiamo al quale molti italiani rispondono con piacere.
Come l’automobilista stressato e frustrato in coda non potrebbe che vedere bene una promessa di una vita più scorrevole, così certi italiani – e per nulla fascisti, razzisti, fondamentalisti cattolici – percepiscono l’eventualità di vedersi liberati dai labirinti della burocrazia, dalla sottomissione ultranazionale, da una situazione sociale che come Salvini considerano priva di uno standard di ordine accettabile. L’elenco è lungo e praticamente tocca tutti i reparti istituzionali, in quanto tutti sono alla decadenza. Quegli italiani vedono, con Salvini, la dimensione invasiva della migrazione e ritengono, come il leader leghista, che è la quantità a creare il problema ed insieme il disinteresse fraudolento della cosiddetta Unione europea.
Considerazioni elementari. Tutti sottoscriverebbero per gli stessi miglioramenti se a sventolarli fossero leader di altre posizioni parlamentari. Significa che si sta dando la caccia al demonio, che non si sta perseguendo alcuna linea politica idonea ai tempi. Che gli accoliti giallorossi non sono che combattenti contro il nemico demoniaco, fascista e nazista che loro stessi hanno sì dipinto facendo leva sul richiamo di ideologie fuori tempo, sulla paura che queste provocano in tutti, leghisti inclusi. Forse, solo gli estremisti ideologici, che pure ci sono, sarebbero disponibili ad optare per nuove leggi razziali e repressive.
Come per gli afghani abbracciarono l’avvento dell’Isaf, la forza multinazionale a causa dell’ordine che portavano dopo anni di sharia talebana, gli elementi di disponibilità generalizzata alla riduzione della democrazia che osserviamo in casa nostra, italiana o europea, corrisponde ad un’esigenza similare, spesso chiamata esasperazione. Per comprenderla, meglio vederla come il frutto di un seme che non è stato piantato da poco. Ma se si osserva questo potenzialmente preoccupante dato, a maggior ragione è da riconoscere che la vera riduzione democratica è in atto da anni a firma proprio di quei colori che Giannini certo può difendere ma soltanto nei confronti dei più imbevuti di una ideologia ormai evaporata. Il torchio antidemocratico, che avrebbe diverse voci da portare in elenco a se stesso, uno per tutti, l’articolo 18, si chiama liberismo. È questa la voce a cui riferirsi per comprendere su quale perno girano le faccende domestiche e non.
Dunque Giannini, esemplare esponente di un potere che teme di perdere il dominio politico-sociale-finanziario, non è che il portavoce di quel potere stesso, del suo status quo. La cui vera dimensione non è la disgregazione sociale che possiamo osservare da anni, bensì la sua deriva verso il gorgo esiziale di un mondo oltre che globalizzato economicamente, uniformato culturalmente. Un’industria che produce uomini programmati e programmabili a tavolino. A me è questo che fa terrore.
Lorenzo Merlo - Victory Project Ascent
ascent@victoryproject.net
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