Mentre il Corano non vieta esplicitamente la raffigurazione del corpo umano di per sé, la condanna all’idolatria è netta. In larga parte del mondo islamico il prudente esercizio della fede ha dunque suggerito di evitare con cura l’arte figurativa, preferendo forme artistiche basate su disegni geometrici e calligrafici, o l’elaborata decorazione partendo dal fogliame degli “arabeschi”.
Il divieto - elegantemente noto come “aniconismo” - è più rigidamente rispettato dalle sette fondamentaliste Sunnite, come i Salafi e i Wahabiti, e meno prevalente tra gli Sciiti. Nei casi più estremi, alcune autorità islamiche ritengono che una corretta interpretazione degli insegnamenti coranici vieti perfino la fotografia e la televisione, ma è una posizione marginale.
L’Islam però non è senza i propri “santini”, per quanto ovviamente manchino i santi. Il ruolo del santini cattolici è occupato invece dalle piccole stampe tascabili note come duʿāʾ - “suppliche”. Riportano brevi letture coraniche che, lette ripetutamente e seguendo le istruzioni riportate, invocano l’assistenza di Allah per risolvere un’infinità di specifici problemi della vita.
Ci sono du’a per uscire di galera, per superare gli esami, per proteggere la vista e curare un mal di testa, per togliersi la paura di un nemico, per far tornare qualcuno scappato di casa, recuperare oggetti rubati e per molte altre cose ancora. “InshaAllah” - “Dio volendo" - il problema sarà presto risolto.
James Hansen
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martedì 15 gennaio 2019
Iconoclastia e scappatoie religiose - L'islam si specializza in "santini" senza santi
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