Destra
e Sinistra: vecchie etichette che un po’ tutti continuano ad
accettare per semplice consuetudine, per pigrizia mentale, perché è
il sistema più semplice per “catalogare” una formazione politica
con un ragionevole margine di approssimazione. In verità, si tratta
di etichette non vecchie ma stravecchie, risalenti ad oltre due
secoli fa, agli “stati generali” che precedettero la rivoluzione
francese. Ma non è della Destra e della Sinistra che voglio parlare,
bensì di un oggetto misterioso che viene chiamato “Centro”.
Invano se ne cercherà traccia negli annali di storia della politica,
che nulla al riguardo ci dicono, almeno fino a pochi decenni fa.
Quando
nell’anno di grazia 1789, infatti, due contrapposti gruppi di
rappresentanti del “terzo stato” andarono ad occupare due opposti
settori dell’emiciclo, si schierarono di qua o di là, a destra o a
sinistra. Nessuno scelse di stare né di là né di qua, né a destra
né a sinistra, ovverossia in quella sorta di “isola che non c’è”
che avrebbe potuto chiamarsi (e non si chiamò, giacché non
esisteva) “Centro”. Ecco perché, se le odierne e pur decadute
Destra e Sinistra possono vantare antiche origini blasonate, il
Centro non ha una sua storia.
In
Italia, per esempio, i primi vagiti di un qualunque Centro si ebbero
soltanto dopo il fascismo, con la Democrazia Cristiana, nuova
creatura politica “centrista” che – abusivamente, a parer mio –
si dichiarava erede del Partito Popolare di don Sturzo; formazione –
quest’ultima – che nel panorama politico pre-fascista era stata
piuttosto una delle componenti della Sinistra italiana. Collocazione
completamente diversa rispetto ad altri “popolarismi” europei
degli anni Trenta e Quaranta, nettamente schierati a Destra, talora
alla Destra estrema: fra questi, il popolarismo austriaco, dalle cui
fila – peraltro – proveniva l’ex cittadino austrungarico Alcide
De Gasperi.
Attenzione,
non voglio assolutamente dire che Destra e Sinistra siano le uniche
realtà della politica, e che tutto il resto sia solo apparenza. Al
contrario – per qual che vale il mio modesto parere – soprattutto
oggi Destra e Sinistra sono semplici etichette, che servono soltanto
a collocare masse importanti di cittadini-elettori nelle schiere di
questo o quel partito. Nel presupposto – sbagliatissimo – che un
individuo che abbia una posizione conservatrice o progressista (e
perciò “di destra” o “di sinistra”) riguardo ad una
determinata materia, debba per forza mantenere il medesimo
orientamento in relazione a tutti gli altri aspetti della vita
politica e sociale. Ovverossia, tu scegli – magari per un fatto
emotivo – se considerarti di destra o di sinistra, e ti troverai
automaticamente legato mani e piedi a scelte preconfezionate e
omnicomprensive: nel campo politico e in quello sociale, in àmbito
civile e in àmbito religioso, sullo scenario interno ed in quello
internazionale; ti accorgerai che altri hanno già deciso quale debba
essere il tuo pensiero sulle materie più diverse, dall’immigrazione
alle cellule staminali, dalla contrattazione sindacale alle nozze
gay. Chi rifiuta questa omologazione viene considerato quasi un
disadattato della politica, ovverossia – e da qui il titolo di
questa rubrica – un “eretico”.
Ma,
se non ha senso ricondurre ogni cosa alle contrapposizioni
manieristiche Destra-Sinistra, ancor meno lo ha scegliere di non
scegliere, rifiutando di assumere una posizione netta su qualunque
argomento e ricercando invece l’intesa a tutti i costi, la
mediazione centellinata, l’equilibrismo da funamboli, purché ci
sia un piccolo spazio per se stessi, per il Centro delle
non-decisioni, delle non-scelte, del non-coraggio. Non destra o
sinistra sulle privatizzazioni – per esempio – ma centro-destra o
centro-sinistra. E poco importa se centro-destra e centro-sinistra
andranno ad assumere – sulle privatizzazioni o su qualsiasi altra
materia – delle posizioni assai simili tra loro, per non dire
uguali. Anzi, la cosa sarà valutata positivamente, come una prova
del prevalere di forze che “si adeguano ai tempi” e che sono
perciò rassegnate a subire mansuetamente tutte le porcherie che il
Centro dei Centri – quello dei poteri forti – vuole imporre ai
popoli: la globalizzazione economica, la fine dello Stato sociale,
l’immigrazione selvaggia, il dissesto ambientale, la perdita della
sovranità economica, la subordinazione ad una-e-una-sola Potenza
planetaria.
Ma
questo è ancora un altro discorso, non è il centrismo, è la
conseguenza del centrismo. Anche se – guarda caso – tutti gli
schieramenti centristi sono alfieri della NATO, della moneta unica,
delle riforme peggiorative, dei “sacrifici necessari”, eccetera,
eccetera, eccetera.
Così
pure – con qualche piccolo aggiustamento – i loro derivati di
centro-destra e di centro-sinistra, che si sforzano di camuffarsi da
Destra e da Sinistra al solo scopo di raccogliere quanti più voti
possibile, di vincere le prossime elezioni: Berlusconi vorrebbe una
“unione dei moderati” con dentro la Lega, Fratelli d’Italia,
l’NCD e chiunque altro capiti, pur di ottenere una qualsiasi
maggioranza che gli consenta di tornare a governare; Renzi vorrebbe
un “partito della nazione” cucito addosso a lui, su misura, e si
sforza di costruire un sistema elettorale che gli consenta di
conservare il potere.
Ma
costoro – dicono i centristi DOC – sono falsi centristi, i
centristi veri siamo solo noi; noi che vogliamo rientrare in
parlamento per poter poi scegliere se aggregarci al centro-destra o
al centro-sinistra. A patto, naturalmente, che fra tante poltrone ci
sia uno sgabellino anche per noi. Ci accontenteremo di poco: due o
tre Ministeri e una modesta pattuglia di Sottosegretari.
Ed
eccoli, così, gli Alfano, i Verdini, gli Abrignani, i figliocci di
Monti, i nipotini di Casini e tutti gli altri “centrini”, intenti
a tessere ogni giorno nuove trame di incredibili alleanze, a sognare
che dall’unione di tante debolezze possa nascere una forza.
Film
già visto. In Italia ha trionfato ai botteghini per mezzo secolo,
con il titolo di “Democrazia Cristiana”. Ma i protagonisti di
allora erano grandi attori: De Gasperi, Scelba, Tambroni… e poi
Fanfani, Moro, Andreotti… Con un cast del genere, un Alfano o un
Verdini avrebbero potuto aspirare, come massimo, a un ruolo di
semplici comparse.
Michele Rallo
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