Paragrafo numero 38, tratto dal libro di Nietzsche "il Crepuscolo degli idoli"
38.
Il
mio concetto di libertà. ‑ Talvolta il valore di una cosa non sta in
ciò che con essa si ottiene, ma in ciò che per essa si paga ‑ in quello
che ci costa. Faccio un esempio. Le istituzioni liberali cessano di
esser liberali non appena le si è ottenute: non esistono allora
istituzioni che, più di quelle liberali, danneggino così radicalmente la
libertà. Si sa quello che esse portano: minano la volontà di potenza,
sono il livellamento, elevato a morale, di montagne e valli, rendono
piccoli, vili e gaudenti ‑ con esse trionfa ogni volta l'animale da
gregge. Liberalismo: in tedesco, trasformazione in bestie da gregge...
Sinché ancora si lotta per ottenerle, queste stesse istituzioni
producono effetti completamente diversi; allora promuovono davvero,
possentemente, la libertà. A meglio osservare, è la guerra che produce
questi effetti, la guerra per le istituzioni liberali, la quale, in
quanto guerra, fa perdurare gli istinti illiberali. E la guerra educa
alla libertà. Che cos'è infatti libertà? Possedere la volontà di essere
autoresponsabili. Mantenere la distanza che ci separa. Diventare più
indifferenti alle difficoltà, alle avversità, alla privazione, e anche
alla vita. Essere pronti a sacrificare degli uomini alla propria causa,
senza escludere se stessi.
Libertà
significa che gli istinti virili, lieti di guerra e di vittoria,
prevalgono su altri istinti, per esempio su quelli della «felicità».
L'uomo diventato libero, e tanto più lo spirito diventato libero,
calpesta la spregevole specie di benessere di cui sognano i bottegai, i
cristiani, le mucche, le femmine, gli Inglesi e gli altri democratici.
L'uomo libero è guerriero. ‑ In base a che si misura la libertà, negli
individui e nei popoli? In base alla resistenza che dev'esser superata,
alla fatica che costa rimanere in alto. Il tipo supremo di uomo libero
lo si dovrebbe cercare là dove continuamente viene superata la massima
resistenza: a cinque passi dalla tirannide, proprio sulla soglia del
pericolo della schiavitù. Ciò è vero psicologicamente, se qui per
«tiranni» si intendono istinti implacabili e terribili, che verso di sé
esigono il massimo di autorità e disciplina ‑ il tipo più bello: Giulio
Cesare ‑; ciò è vero anche politicamente, basta seguire il suo corso
attraverso la storia. I popoli che avevano qualche valore, che
diventarono di qualche valore, non lo diventarono mai sotto istituzioni
liberali: il grande pericolo fece di essi qualcosa che merita rispetto,
il pericolo che solo ci fa conoscere le nostre risorse, le nostre virtù,
le nostre difese e le nostre armi, il nostro spirito, ‑ che ci
costringe a esser forti... Primo principio: occorre aver bisogno di
esser forti: altrimenti non lo si diverrà mai. ‑ Quelle grandi serre per
la forte, la più forte specie di uomini mai esistita, le comunità
aristocratiche sul tipo di Roma e Venezia, intendevano la libertà
esattamente nel senso in cui io intendo la parola libertà: come qualcosa
che si ha e non si ha, che si vuole, che si conquista...
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