Alla fine é arrivato il Decreto Sostegni. 32 miliardi di euro distribuiti a una parte dei soggetti vessati da lockdown e angherie varie. Il limite del provvedimento lo ha riconosciuto onestamente lo stesso Draghi: «una risposta consistente ma parziale, il massimo che si poteva fare.»
Il nocciolo della questione sta proprio lí, in quel “massimo” consentito dalle regole che la privatizzazione e la europeizzazione del nostro sistema bancario ci consente. Certo, dal momento che non possiamo stampare il nostro denaro, ma dobbiamo chiederlo in prestito ai “mercati” privati, e per giunta previa autorizzazione di Bruxelles... certo – dicevo – stando cosí le cose, é logico che ci si debba cuocere in quel “massimo” che in fondo é soltanto un “minimo”, per affrontare l’emergenza del momento, sia nel campo sanitario che in quello economico-sociale.
Per fronteggiare questa crisi ed un lunghissimo “dopo”, lo Stato italiano (come tutti gli altri Stati) avrá bisogno di cifre enormi. Altro che i 200 miliardi “dell’Europa”, che poi saranno in larghissima parte dei semplici prestiti, da restituire in non-comode rate annuali. Stando cosí le cose – a parte i pannicelli caldi che Draghi saprá certamente preparare molto meglio di un Conte qualsiasi – l’alternativa per noi sará soltanto questa: o spendiamo pochi spiccioli (magari aumentando le tasse) e lasciamo morire la nostra economia tra fallimenti e licenziamenti; o ci indebitiamo fino al collo (se l’Europa ce lo consente) e ci mettiamo completamente nelle mani degli usurai. Nell’un caso o nell’altro, il nostro destino sará lo stesso: lo strangolamento della nostra economia e un ulteriore impoverimento della popolazione.
In realtá, una alternativa esiste: riappropriarci del diritto/dovere di creare il nostro danaro, e smettere di farcelo prestare dai “mercati”. E, se non si ritiene di dover tagliare del tutto il cordone ombelicale con il sistema finanziario globale, magari ricorrendo all’emissione di una moneta parallela e aggiuntiva all’€uro. Sarebbe sufficiente, al limite, anche l’emissione di titoli di Stato infruttiferi e di piccolo taglio, ma cedibili a terzi, commerciabili, in modo da prefigurare una similmoneta ammessa alla circolazione soltanto sul territorio nazionale. Mi riferisco ai “mini-Bot” la cui creazione era stata auspicata nel 2019 praticamente all’unanimitá dal Parlamento italiano, ma che l’allora governatore della Banca Centrale Europea, dottor Mario Draghi, ebbe a bollare come “illegale”.
Si tratta di quello stesso dottor Mario Draghi che é oggi alla guida del governo italiano, e che l’altro giorno ha presentato il ricordato Decreto Sostegni con l’affermazione che «nel 2021 i soldi si danno e non si chiedono». Affermazione che ha mandato in brodo di giuggiole folte schiere di orecchianti e sempliciotti, ammaliati da questa sorta di populismo a scadenza ravvicinata.
Eppure, sarebbe bastata una semplice domanda per venire a scoprire il bluff di Sir Drake: e nel 2022? e – ad essere ottimisti – nel 2023?
Giá, perché il punto é proprio questo: se non ci riprendiamo il diritto/dovere di emettere il nostro danaro, come restituiremo quei soldi che in questo 2021 «si danno e non si chiedono»? Come potremo rientrare nelle regole-capestro dell’Unione Europea che per quest’anno sono sospese, ma che ritorneranno pienamente in vigore non appena sará finita l’emergenza? Strangolandoci di tasse? Dando via le ultime rimanenze sopravvissute a privatizzazioni ed alienazioni? Svendendo il Colosseo e l’isola di Capri?
Insisto: se non ci riapproprieremo, almeno in parte, della nostra sovranitá monetaria, sará questo il destino che attende l’Italia. Ma la cosa non sembra preoccupare eccessivamente il dottor Draghi. In fondo, questi saranno cavoli di chi verrá dopo di lui (e degli italiani tutti).
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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