lunedì 26 febbraio 2018

Gerusalemme. La Tomba di Gesù chiude per protesta contro le "imposte" sioniste

«Il troppo è troppo», si legge su un manifesto appeso fuori dall'edificio  definito "Il Santo Sepolcro",  in cui si chiede di «fermare la persecuzione delle Chiese».
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La protesta segue la decisione delle autorità israeliane nella Città santa di reclamare il pagamento delle tasse comunali per gli immobili ecclesiastici che non sono adibiti al culto. Secondo le autorità municipali, tra strutture alberghiere, foresterie, negozi o ristoranti, le chiese cristiane sono in debito fiscale dell’equivalente di circa 190 milioni di euro. La stessa richiesta è stata avanzata per gli edifici delle Nazioni Unite.Per i leader delle chiese cristiane si tratta di richieste “contrarie alla storica posizione tra le chiese della Città Santa di Gerusalemme e le autorità civili, posizione in atto da secoli”. La misure, hanno sostenuto 13 capi di diverse chiese, inclusa la cattolica, la greco-ortodossa, l’armena, l’evangelica, “mettono a rischio la capacità di condurre le proprie attività, che non sono solo di carattere religioso ma anche sociale, per aiutare i bisognosi”.  (Fonte: afp)

A Gerusalemme il Santo Sepolcro resta chiuso per protesta contro le tasse municipali
E in una nota, i leader del Patriarcato greco-ortodosso, del Patriarcato armeno e della Custodia di Terra Santa - incaricati della gestione dei luoghi di culto cristiani a Gerusalemme - spiegano di voler restare «uniti, fermi e risoluti per proteggere i nostri diritti e le nostre proprietà». Perciò hanno deciso, con una mossa che non ha precedenti, di chiudere a tempo indeterminato le porte del luogo simbolo della Cristianità, la Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme che ogni anno è meta del 90 per cento degli oltre due milioni di turisti cristiani che scelgono la Città Santa (e il 2017 è stato un anno da record). 
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Ma al centro della controversia c'è un'altra misura - stavolta in capo alla municipalità di Gerusalemme - che riguarda invece la tassazione delle proprietà detenute dalla Chiesa e limiterebbe la possibilità di vendita ai privati. Si tratta in tutto di 887 proprietà per un totale di 650 milioni di shekel, 151 milioni di euro circa, che non includono tuttavia i luoghi di preghiera, come ha specificato il comune di Gerusalemme. Eppure, per le Chiese incaricate di gestire il Santo Sepolcro, si tratta comunque di provvedimenti che svelano «una campagna sistematica di abusi contro le Chiese e i cristiani» e di «flagrante violazione dello status quo». Non solo. «Queste azioni - scrivono - sembrano un tentativo di indebolire la presenza cristiana a Gerusalemme» e chiedono l'intervento dei leader mondiali, anche perché - insistono - le principali vittime saranno «le famiglie impoverite che non avranno vitto e alloggio».  

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Mio intervento:  
Era ora che le autorità civili intervenissero! La tomba di Gesù non è mai esistita, è solo un luogo inventato, costruito ad hoc per imbambolare i fedeli,  e trarne vantaggi economici,  come avvenne con la vendita delle  indulgenze e delle  "sante reliquie"  di cui i cristiani ed il vaticano hanno fatto commercio per secoli. Una volta tanto sono d'accordo con le autorità sioniste, che malgrado tutte le loro nequizie, almeno sono animate da "un criterio laico". Se le religioni vogliono commercializzare  le loro proprietà, non specificatamente i luoghi di culto,  e pretendere che i loro affari siano esentasse hanno ragione le autorità municipali di Gerusalemme (pur che siano  truppe di occupazione in Palestina) a pretendere che le chiese paghino il "guiderdone" dei loro affari. E mi auguro che, visto che  l'Italia segue sempre l'esempio indicato da Israele,  ben presto facciano altrettanto anche le autorità capitoline e quelle nazionali, applicando la legge uguale per tutti  nei confronti della chiesa cattolica apostolica romana. Paghi anche il Vaticano, diretto dal Bergoglio, la giusta mercede allo stato per i suoi smisurati introiti e business. Come disse il buon Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".  
Paolo D'Arpini
   In  veste di antipapa

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1 commento:

  1. Scrive Antonio Castronovi a commento dell'articolo:

    "Ma Israele pretende una tassa coloniale senza dare in cambio diritti sociali , politici e civili .. È un abuso sionista - colonialista. . Al massimo la tassa andrebbe pagata ad una legittima autorità palestinese che per Israele non esiste...Mi sembra forzato equiparare il caso Roma con il caso Gerusalemme...Poi io ai sionisti non darei neanche un centesimo..."

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