...Beppe Grillo, il giacobino-capo a 5 stelle, forse al solo scopo di trovare un comodo parafulmine, aveva designato Giuseppi come futuro “capo politico” di un M5S ridotto al lumicino. Nel presupposto, ovviamente, che il “capo politico” si limitasse a fare il parafulmine, e che l’ultima parola in ogni campo continuasse ad essere prerogativa sua, ovvero del Garante o dell’Illuminato che dir si voglia.
Ma l’Uomo del Vaffa aveva fatto i conti senza l’oste, senza tenere in debito conto né le ambizioni di Giuseppi, né i suoi piani segreti (ma non troppo) per sgambettare Draghi. L’aspirante capo politico si credeva un Napoleone, e mai e poi mai avrebbe accettato di fare il numero due di chicchessía, di farsi dettare la linea politica da altri. E men che meno aveva digerito il fatto che Grillo si fosse permesso – proprio in quei giorni – di intervenire sui ministri grillini per indurli ad accettare il compromesso voluto da Draghi sulla riforma della giustizia della ministra Cartabia.
Chissá, forse nella strategía immaginata da Giuseppi e compagni per mettere alle corde Draghi, c’era proprio il voto in Consiglio dei Ministri sulla riforma Cartabia; una riforma che cancellava le incredibili grillinate della “riforma” precedente, quella targata Fofó D.J.
Ecco spiegato – sostengono le malelingue – il retroscena della vera e propria guerra scoppiata fra l’illuminato e il designato. Una guerra ancóra in corso, malgrado – ufficialmente – si sia giunti a un armistizio al tavolo di un lussuoso ristorante in quel di Marina di Bibbona.
Come finirá? É presto per dirlo. Nei palazzi si sussurra di un vero e proprio ultimatum che Conte porrebbe a Draghi nei prossimi giorni: o fai marcia indietro sul compromesso giustizia (e ritorni alla precedente “riforma” grillina), o in aula i Cinque Stelle voteranno contro la riforma Cartabia, mettendo in grave difficoltá il Presidente del Consiglio.
Tutto come previsto, quindi? Non proprio, perché – secondo i calcoli piú attendibili dei quirinalisti – al semestre bianco mancano ancóra una dozzina di giorni. Non inizierebbe infatti “verso la fine di luglio” – come si diceva genericamente fino a qualche tempo fa, ma il 3 agosto. Senza contare che, anche a semestre bianco iniziato, Draghi potrebbe dimettersi, aprendo la strada al ricorso anticipato alle urne súbito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Ipotesi, questa, che manda nel panico i parlamentari grillini, due terzi dei quali – secondo tutte le previsioni – non rientrerebbero a Montecitorio o a Palazzo Madama. Non é affatto detto, quindi, che deputati e senatori pentastellati seguirebbero le direttive di Conte; ammesso e non concesso che questi, nel frattempo, sia riuscito a farsi impalmare dal Garante.
Su una cosa, comunque, mi sentirei di scommettere. Fra Conte e Draghi, il piú furbo e il piú abile non é certamente il primo. Se l’ex avvocato del popolo crede di poter tenere sulla corda l’ex governatore della BCE, ha sbagliato indirizzo...
Michele Rallo
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