Il 14 luglio 2021 l’aula del Senato respinge la proposta di sospensiva al ddl Zan per un solo voto. Ciò dimostra la necessità di discutere e continuare il dibattito sul ddl contro l’omotransfobia. Il fatto che manchi un vero confronto, oltre ai politici contrari, lo dicono anche numerose associazioni, preoccupate dei possibili rischi rappresentati dal ddl.
Il 13 luglio è iniziato l’iter del ddl Zan in Senato. All’uscita da Palazzo Madama un gruppo di genitori assieme all’Associazione “Non si tocca la famiglia” ha cercato di instaurare un dialogo con il senatore Alessandro Zan e la senatrice Monica Cirinnà, senza successo. La presidente dell’Associazione “Non si tocca la famiglia” ha cercato, invano, di consegnare la lettera firmata da 70 associazioni (iniziativa promossa da Polis Pro Persona) con le critiche e le preoccupazioni in merito al ddl.
Ebbene, il destino del ddl Zan è ancora ignoto, soprattutto dopo che il testo non è stato affondato per un solo voto. Una cosa è chiara: i temi del ddl, come l’identità di genere e il gender nelle scuole, necessitano ancora di un vero e globale confronto.
Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Giusy D’Amico, presidente dell’Associazione “Non si tocca la famiglia”.
— Il Ddl Zan va avanti nel suo iter. Ieri però voi avete cercato il confronto fuori dal Senato con il senatore Zan. Giusy D’Amico, com’è andata?
— Noi eravamo andati con un gruppetto di genitori semplicemente per distribuire a mano in cartaceo una lettera rivolta a tutti i senatori impegnati nella discussione già inviata via mail il primo di luglio, quando in Senato abbiamo presentato il testo con tutti i punti critici del ddl. Volevamo invitare ad una riflessione in merito a tutte le criticità. Ieri abbiamo voluto dare un segno di vicinanza a questo lavoro di approfondimento che ci sarà nelle prossime settimane.
Abbiamo avuto nell’arrivo dell’onorevole Alessandro Zan e della senatrice Cirinnà la possibilità di avvicinarli per fare loro delle domande, volevamo consegnare anche a loro questa lettera, che però alla fine non è stato possibile. Nel provare a fare domande non abbiamo avuto risposte, o comunque sono state evasive e ci hanno liquidato subito.
— Il Ddl Zan va avanti nel suo iter. Ieri però voi avete cercato il confronto fuori dal Senato con il senatore Zan. Giusy D’Amico, com’è andata?
— Noi eravamo andati con un gruppetto di genitori semplicemente per distribuire a mano in cartaceo una lettera rivolta a tutti i senatori impegnati nella discussione già inviata via mail il primo di luglio, quando in Senato abbiamo presentato il testo con tutti i punti critici del ddl. Volevamo invitare ad una riflessione in merito a tutte le criticità. Ieri abbiamo voluto dare un segno di vicinanza a questo lavoro di approfondimento che ci sarà nelle prossime settimane.
Abbiamo avuto nell’arrivo dell’onorevole Alessandro Zan e della senatrice Cirinnà la possibilità di avvicinarli per fare loro delle domande, volevamo consegnare anche a loro questa lettera, che però alla fine non è stato possibile. Nel provare a fare domande non abbiamo avuto risposte, o comunque sono state evasive e ci hanno liquidato subito.
— L’onorevole Zan si è proprio voltato di spalle dopo aver puntualizzato un paio di cose dette da lui in diretta recentemente su cui ha negato la paternità, ma di fatto c’è un video che attesta dove lui dice che “la legge servirà ai bambini per poter effettuare una transizione di sesso per chi non si percepisce secondo la sua identità biologica di nascita”. Quando ho fatto presente questo aspetto lui ha detto che queste cose non c’entrano con la legge. Ho ribadito che lui l’ha dichiarato in diretta alla presenza di Fedez con cui aveva un dialogo sui social. A quel punto non mi ha più rivolto né lo sguardo né la parola, si è rifiutato di rispondere alla domanda, gli ho corso dietro con i fogli, ma lui ha continuato a camminare senza voltarsi indietro.
La senatrice Cirinnà è stata un po’ più educata dicendo che avrebbe risposto prima ai giornalisti e poi che mi avrebbe dato un minuto, ma in quel minuto non ci è arrivata nessuna risposta efficace. Non abbiamo trovato soddisfazione da un confronto che sarebbe potuto essere importante visto che eravamo lì a nome dei genitori. Siamo preoccupati di come questa nuova legge morale vorrà imporre il giudice di turno che dovrà valutare espressioni e frasi secondo il suo punto di vista, perché manca il dato di tassatività in questa legge.
Ci sono stati fior di giuristi che hanno contestato questa mancanza del principio di tassatività. L’illustre giusrista Flick, al quale non viene data udienza o cittadinanza di parola, che è stato capo della commissione costituzionale, è contrario al ddl. Inoltre tutta la sinistra prima compatta con Zan oggi è schierata contro, soprattutto in merito all’articolo numero 1 sull’identità di genere. L’ho detto anche alla Cirinnà: stanno imponendo per legge una legge morale antropologica al Paese. È un fatto gravissimo.
— Volevate consegnare la lettera di più di 70 associazioni. Di che cosa si tratta?
— Queste associazioni criticano il testo e tutto il suo impianto mettendo nero su bianco i punti nevralgici. La nostra domanda era perché avessero portato in aula un testo senza ascoltare tutte quelle richieste di audizione in prenotazione. Perché non dare spazio ad un dibattito plurale e democratico? Questa forma di tirannia che non ha niente a che vedere con la democrazia che viviamo nel nostro Paese la stiamo subendo per mano di pochi ideologi. Il mondo che li rappresenta li sta contestando da mesi. Non solo Fassina di Liberi e Uguali ha espresso il suo parere sui rischi del ddl Zan, lo ha detto recentemente anche Mino Taricco, senatore del Pd. Adesso Renzi sta puntando sulla modifica; noi genitori siamo del parere che andrebbe affossato come testo, ma ci accorgiamo che non c’è nemmeno la più lontana volontà da parte dei promotori del ddl di poter cancellare una virgola. Non hanno intenzione di ascoltare nessuno. Questo ci sorprende e ci preoccupa, perché rivela la vera anima dittatoriale di questo ddl.
— Secondo lei quindi c’è il rischio che in futuro su questi temi non si possa più mettere in piedi un dibattito né esprimere un’opinione contraria?
— Assolutamente sì, perché nella legge le maglie del concetto di discriminazione sono talmente larghe da non poter stabilire come e quando una determinata affermazione possa risultare discriminatoria o incitante all’odio. Il giudice di turno diventerà il giudice delle nuove tavole della legge morale dell’Italia a cui nessuno si potrà appellare. Se pure in appello saremo costretti a vivere uno o due anni di processi e sentenze magari perdendo il posto di lavoro, questo per cosa? Per investire forze e denaro a fronte di un gruppo di ideologi che vuole punirne uno per educarne cento! Le persone saranno private della libertà di potersi esprimere, per evitare di essere inquisite si asterranno dal poter proferire il loro libero pensiero. Questo è il vulnus su cui loro sperano di rieducare la popolazione.
Non ci dimentichiamo di quello che accadrà nelle scuole: la giornata contro l’omotransfobia, che oggi prevede 4 milioni di euro per iniziative in tutte le scuole di ogni ordine e grado, porterà nelle scuole l’ideologia gender a cui i genitori non si potranno appellare. Come minimo saranno additati come omofobi. La famiglia vorrebbe semplicemente educare i propri figli e affrontare certi temi in famiglia o con esperti scelti nelle scuole, non con qualcosa che cadrà dall’alto su cui non ci si potrà appellare.
Tatiana Santi - Sputnik Italia
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