lunedì 9 dicembre 2019

Il punto Gi (Gia) secondo Ferdinando Renzetti

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Domenica primo dicembre 2019 sono andato con Rosa, un’amica, a Moscufo, paese di origine medievale, a una ventina di chilometri da Pescara, dove si svolgeva una bellissima festa: musica tradizionale, mercatino dell’artigianato, prodotti tipici e sapori d’autunno. Allestimenti scenografici fantastiche gallerie illuminate di bambù e frasche di ulivi carichi di cachi pendenti e balle di paglia sparse per le vie del borgo antico illuminato a festa, pieno di gente allegra e felice, nelle numerose piazzette musiche tradizionali abruzzesi con zampogne pifferi e tamburelli, otri gonfi di aria, di vino e suoni agresti, tra amici cari e conviviali. 

Dopo aver fatto vari giri per il paese a guardare sentire vedere annusare, mi sono seduto vicino a rosa su una balla di paglia e mentre mangiava la polenta le ho raccontato questa storia: un sabato pomeriggio di un po di tempo fa ero a casa ad ascoltare Mails Devis a una certo punto mi sono preparato per uscire e ho aperto una bottiglia di Montepulciano sorseggiandone un buon bicchiere. Mi sono messo in una tasca la bottiglia di Montepulciano e nell’altra una bottiglia di whisky Johnnie Walker etichetta rossa del 1990 quasi trent’anni di invecchiamento. Uscito di casa mi sono tuffato nell’erranza urbana, oltrepassato il ponte sul fiume mi sono avviato verso via sacco, nella periferia urbana. Le strade piene della spazzatura fradicia di pioggia spiaccicata sui marciapiedi. Ogni tanto un piccolo sorso di vino lungo il cammino e finalmente a destinazione. Il fuoco acceso, una ventina di persone in tutto, forse più forse meno. Qualcuno se ne andava, qualcuno arrivava, cibarie varie e dolci. Ho mangiato delle focacce buonissime con cipolla e olive. Finita la bottiglia di Montepulciano, ho aperto quella del whisky ed è iniziato il mio viaggio nella notte. Ci siamo messi subito alla ricerca del punto Gi e nella ricerca ci siamo imbattuti nel punto Gi Gia, che è divenuto il motivo della serata o anche il titolo che ho dato a quel che sto scrivendo. Si perché a un certo punto ho iniziato a chiedere a tutti i presenti del punto Gi e della funzione dell’orgasmo, quando si parla di questo argomento, si genera imbarazzo e davanti al loro silenzio, un amico è arrivato in mio soccorso e abbracciata una nostra amica di nome Gigia, ha esclamato: ecco il punto Gi Gia! Lo abbiamo trovato! Sempre più preso dai fumi dell’alcol ho fatto una lunga versione blues de “lu rusciu de lu mare” un canto di tradizione salentina. Quel che più mi piace del whisky è che mi da un ottima intonazione di voce. A una certa ora, presumibilmente, mi sono avviato verso casa e ho percorso quasi tutta la città a piedi, da un lato all’altro, imbucandomi in tutti i locali aperti, arrivando a casa barcollando all’alba e finalmente, baciato il cuscino, come fosse un enorme punto Gi sono caduto in un sonno profondo.

Finita la polenta Rosa, incuriosita dal racconto, ha detto: possibile che nessuno abbia fatto un commento! Dai facciamolo ancora! cosa? Chiediamo della funzione dell’orgasmo e vediamo se qualcuno risponde qualcosa! Va bene! Così in una piazzetta al primo gruppo di ragazzi che ci veniva incontro abbiamo chiesto: secondo voi qual’è la funzione dell’orgasmo? silenzio totale! Solo uno di loro prendendo fiato ha chiesto timidamente: in che senso? rifatta la domanda, di nuovo silenzio, così li abbiamo lasciati nello sconcerto. Fatti un po di passi lo abbiamo chiesto a una nostra amica che stava seduta davanti al suo banchetto di oggetti artigianali, ha risposto: è una supercazzola! che significa? Non hai visto il film “amici miei”? no! allora vedilo! Arrivati in un’altra piazzetta ci siamo seduti con degli amici che stavano smontando i loro banchetti e tra un bicchiere di vino e l’altro siamo tornati sull’argomento: il punto Gi e la funzione dell’orgasmo. Un ragazzo ha detto che non ci aveva mai pensato prima e che era una domanda interessante e che si sarebbe sicuramente informato. Un altro ha espresso il suo pensiero in modo semplice e lineare affermando che è come per le api, il fiore, il polline, il miele cioè in funzione riproduttiva. Una ragazza non era d’accordo, il piacere è un piacere, se non è un piacere, che piacere è! nel senso che in forma consapevole è poco legato nello specifico alla riproduzione. Dopo un bel parlare ci siamo ritrovati ad affermare come Wilhelm Reich che nel punto Gi è concentrata l’energia più potente dell’universo e che la funzione dell’orgasmo è quella di amplificare l’energia vitale, di liberarci dalla corazza che ci portiamo dietro dalla nascita e che nella fusione alchemica dei corpi, si crea una bolla di energia che ci trasporta in altre dimensioni, annullando spazio e tempo. Al terzo punto non ci siamo arrivati: l’orgasmo femminile vaginale e clitorideo, e se è vero come si dice che anche il carattere della donna può esserne influenzato, ripromettendoci di affrontarlo in un nostro prossimo incontro. Il quarto e quinto punto non ci sono stati rivelati. in questi giorni mi sono imbattuto nel Finnegan Wake di Joyce così sono stato attratto dal whisky e ho deciso di aprire la bottiglia che possedevo da trent’anni. Nella famosa canzone popolare Finnegan’s wake che ha ispirato Joyce, il protagonista Finn muore e risorge in continuazione attraverso un buon bicchiere di whisky che gli si rovescia addosso. Infatti “finn” in gaelico significa “luce”, “argenteo”, “gan” “di nuovo” e “wake” “ritorno” quindi il continuo risveglio della luce e “whisky” sempre in gaelico “acqua della vita”. Molto bella pure la storia della canzone tradizionale “John Barleycorn must die” sullo stesso argomento della rinascita, in particolare dello spirito del grano che si trasforma in whisky, acqua della vita. Brano famoso portato al successo dal gruppo inglese dei Traffic. La parola whiskey che deriva dal gaelico “uisce beatha” (IPA: [ˈiʃkjə ˈbjahə]) significa “acqua della vita”, come l’espressione latina “acqua vitae”; mentre la parola “wake” (it. “veglia”, anche “risveglio”), rappresenta simbolicamente sia il “passaggio” che la “resurrezione”. In questo periodo ci tuffiamo nella notte e nell’oscurità invernale, per questo nella cultura celtica si santifica John Barleycorn, lo spirito del grano, trasformato in whiskie che da la forza di affrontare il freddo e le tenebre. L’ebrezza e la condivisione corale della gioia estatica vitale, nella musica e la danza, nell’alternanza ciclica duale buio luce freddo caldo inverno estate.

Se le parole slegano i pensieri, l’acqua di vita scioglie le sostanze. Esse inoltre condividono l’energia vitale: Entrambe sono quindi simboli e segni della linfa vitale per gli esseri viventi.
la birra fresca libera la zucca e altri mille girasoli stelle filanti e forme di fiori.

Esule a Trieste, Joyce assorbì il parlottio di quella società poliglotta con  l’incertezza acustica di chi è confuso tra le varie lingue e le ascolta – e fraintende – come fosse in un dormiveglia. Percezioni approssimative, ambigue, di cui si coglie soprattutto la sonorità. La più difficile da rendere in traduzione: il libro è scritto come una partitura musicale. E andrebbe letto a voce alta». «Due righe al giorno», «per tutta la vita». Leggerlo non è un’impresa semplice, e fin dai primi anni seguiti alla sua pubblicazione, diversi gruppi di lettura si sono cimentati nell’ardua impresa. Questi coraggiosi da tempo scambiano le testimonianze delle loro esperienze. un gruppo ha scritto: «Leggiamo un passaggio a voce alta, lo discutiamo finché non ne possiamo più e poi passiamo al seguente. E lo facciamo dal 2009». Nel 2010, invece, un gruppo di Boston festeggiò la fine della lettura bevendo alcol e ripetendo in coro la prima e l’ultima frase del poema. È l’unico gruppo ad aver completato la lettura dell’opera in “appena” sette mesi. Scritto con un linguaggio onirico e polisemico formato dalla combinazione di una cinquantina di lingue e il celebre stream of consciousness portato qui al suo estremo. il romanzo è stato per lungo tempo considerato un testo intraducibile. Concepito come una sorta di "storia universale", la suprema sintesi del creato, Finnegans Wake trae spunto dall'omonima ballata popolare tradizionale irlandese, Finnegan’s Wake, che si era diffusa intorno al 1850; la morte e la comica resurrezione del cui protagonista, Tim Finnegan, entrambe causate dal uisce beatha (IPA: [ˈiʃkjə ˈbjahə]) parola che in gaelico significa "acqua della vita", in inglese diventato poi whiskey, diventano un'allegoria del ciclo universale della vita. L'inglese wake significa allo stesso tempo "veglia funebre", ma anche "risveglio". Nel titolo del romanzo Joyce rimosse l'apostrofo del genitivo sassone, per suggerire una sorta di molteplicità di "Finnegan", facendolo diventare un sostantivo plurale, intendendo così nei "Finnegan" l'umanità che cade, che veglia e risorge. «l'ultimo delirio della letteratura prima della sua estinzione» La tecnica del flusso di coscienza è qui portata alle sue estreme conseguenze. La narrazione, la storia di una famiglia residente in un villaggio, alla periferia di Dublino, si svolge interamente all'interno di un sogno del protagonista: vengono abolite le normali norme della grammatica e dell'ortografia. Sparisce la punteggiatura, le parole si fondono tra loro cercando di riprodurre la simbologia del linguaggio onirico, riuscendo così assai oscuro.

Gli effetti collaterali dell’esegesi dell’opera non finiscono qui: un gruppo di Los Angeles si incontrava in uno spazio di vendita di libri usati ogni domenica sera, verso le 23, e leggeva dalle 20 alle 40 pagine per sessione. Con le parole di un appartenente al gruppo: «Non lo definirei esattamente speed-reading; ci riunivamo formando un cerchio, chiudevamo le porte e leggevamo a voce alta... avevamo deciso di sperimentare con la nostra lettura, senza prendere il libro troppo sul serio e lasciando che fosse l’esperienza di leggerlo a condizionarci». Le cose sfuggirono un po’ di mano, se, come racconta lo stesso membro, «durante una lettura, per qualche ragione, ci alzammo quasi simultaneamente tutti in piedi e iniziammo a camminare nella libreria in fila indiana, su e giù per gli scaffali, fin quando la pagina o il paragrafo erano terminati».

Viviamo in un mondo dove il falso e l’artifizio hanno preso il posto del vero e del semplice. Questo è il meccanismo della “seduzione” - dell’apparenza- che prende il posto del “naturale”- dell’intrinseca verità. La seduzione insomma è camuffamento, un mescolamento dell’apparente bello, mentre la chiara visione, potremmo dire la “chiaroveggenza” è la vera capacità percettiva di scorgere il bello in ciò che è, senza zavorra di inutile finzione. Questo il significato di questa storia, “illustrare” e comprendere il meccanismo della seduzione speculare rispetto alla vera luce. “Il lume è uno solo gli specchi sono tanti” diceva un saggio. (Saul)

Anche la musica, la danza e l’ebrezza del whisky, a volte, possono aiutarci molto sulla via della chiaroveggenza.
Secondo Freud tutti i disagi esistenziali e non solo, della società occidentale derivano dalla repressione sessuale. Reich allievo di Freud concentra la sua ricerca sulla funzione dell’orgasmo e dell’energia vitale. Alexander Lowen teorico della bioenergetica e allievo di Reich, se ne distacca espandendo il concetto di energia vitale a tutte le funzioni psico fisiche del corpo umano. Per liberarci dalla corazza dell’educazione che riceviamo dalla nascita e dalla repressione in cui viviamo nella società e far vivere il corpo nella pienezza delle sue funzionalità fisiche e psichiche l’unica via è parlarne, parlarne il più possibile, magari in gruppi di ascolto profondo come fatto per il libro di Joyce. 

Affrontando con continuità il discorso sul punto Gi, la funzione dell’orgasmo e l’energia vitale diamo il via a un percorso di consapevolezza e liberazione dell’essere a tutti livelli, sessuale e culturale. Il grounding o radicamento rappresenta una delle innovazioni più importanti introdotte da Lowen: il contatto con la nostra energia psico-corporea, con il “qui ed ora”, con l'Io adulto, con la terra intesa come fonte e sostegno del nostro esistere. Attraverso l'esperienza del grounding, corale collettivo entriamo in un contatto più profondo con le nostre realtà interiori, la visceralità delle emozioni, la sessualità.

Ferdinando Renzetti

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