ILVA, 1: LO SCENARIO NAZIONALE
I
termini della questione sono noti, e non staró qui a riassumerli.
Appena appena qualche pennellata, giusto per sottolineare alcuni
aspetti che a me sembrano fondamentali.
Il
primo é relativo a ció che l’industria siderurgica italiana (un
tempo di Stato, poi privatizzata e venduta alla famiglia Riva, con
quel che ne é seguíto) rappresenta nell’economia generale del
“sistema Italia”, o di ció che ne é rimasto: quasi l’uno e
mezzo per cento del PIL; la maggiore industria siderurgica – e di
altissimo livello – dell’intero continente europeo, grossa spina
nel fianco della concorrenza tedesca (che avrebbe tutto l’interesse
a farla chiudere).
Rovescio
della medaglia: le acciaierie ex-Ilva di Taranto hanno inquinato
pesantemente il territorio, fra l’altro essendo responsabili
direttamente o indirettamente di un aumento esponenziale delle
malattie tumorali. Da quando si é presa coscienza del problema,
coloro che nel tempo hanno via via gestito l’impresa sono stati
oggetto di iniziative penali che li hanno chiamati in causa per i
danni (gravissimi) causati all’ambiente e/o a singoli individui. I
governi succedutisi nel frattempo non hanno mosso un dito per fermare
il disastro ambientale. Si tenga presente che, quando analoghi
inconvenienti sono venuti fuori in Germania (ma anche negli Stati
Uniti) quei governi sono intervenuti tempestivamente: cominciando con
lo smantellare gli impianti vicini alle cittá e con il trasferirli
in zone piú interne e lontane dai centri abitati. Nulla del genere é
stato fatto a Taranto, lasciando che la cittá si dividesse fra chi
teme di morire di cancro e chi teme di morire di fame.
Negli
ultimi anni – mentre la situazione andava evolvendosi fra acquisti,
cessioni, contrasti e processi – il Movimento Cinque Stelle, sempre
alla ricerca di proteste e pretesti da poter canalizzare
elettoralmente, ha sposato senza riserve la causa dei No-Ilva, che
cosí si é aggiunta alla nota sequela: No-Tav, No-Tap, No-Triv,
No-gronda di Genova, eccetera. Ovviamente, una volta giunti al
potere, i grillini hanno dovuto dare delle risposte, magari parziali;
e non tanto al loro elettorato (che si é rivelato abbastanza
volatile e per niente fidelizzato) quanto piuttosto ai loro
attivisti, alla loro base ideologizzata, tutta chiacchiere e
vaffanciullo. Da qui, la genialata degli “statisti” grillini che,
costretti a subire l’arrivo dei nuovi investitori franco-indiani di
Arcelor Mittal (i maggiori produttori d’acciaio del globo), hanno
imposto che alla nuova gestione venisse revocato lo “scudo penale”,
inizialmente previsto per porla al riparo da possibili iniziative
giudiziarie in materia di tutela ambientale.
E
qui apro una parentesi. Lo “scudo penale” non proteggeva i
vertici della multinazionale per i loro futuri comportamenti, ma per
il passato, per i
comportamenti di altri,
per evitare – se ho ben capito – che qualche solerte sostituto
procuratore chiamasse in giudizio i nuovi gestori per le cose fatte –
poniamo – dalla famiglia Riva o dai commissari della precedente
gestione straordinaria. La qualcosa – a mio parere – é logica e
sacrosanta. Se un investitore straniero viene in Italia e ci porta
oltre 4 miliardi di euro (di cui 1,2 da utilizzare per il risanamento
ambientale), avrá ben il diritto di non essere chiamato a rispondere
degli errori commessi da chi lo ha preceduto. Non si tratta di un
“privilegio” (secondo l’eterna cantilena grillina), ma di una
cosa perfettamente logica e naturale; peraltro in linea con i
princípi generali del nostro diritto, che riconducono le
responsabilitá penali alla sola sfera privata dei singoli.
A
quel punto l’Arcelor si é tirata indietro, in forza del diritto di
recesso che era esplicitamente previsto dal contratto per il caso che
venisse modificato il “quadro normativo” di riferimento. Al che i
soliti dilettanti allo sbaraglio hanno replicato che quella dello
scudo penale era soltanto una scusa, e che Arcelor Mittal voleva
utilizzarla come semplice merce di scambio, allo scopo di poter
chiedere il licenziamento di 5.000 “esuberi”. Cosa che non
escludo, per i motivi che diró nella seconda parte di questo
articolo. Ma – se cosí dovessero stare effettivamente le cose –
le responsabilitá dei grillini sarebbero ancora piú gravi. Perché
sarebbero stati loro, al grido di “Piú manette per tutti”, ad
offrire su un piatto d’argento alla multinazionale il pretesto
ideale per chiedere i licenziamenti o, addirittura, per recedere dal
contratto. Da qualunque punto di vista si osservi, questa vicenda
fornisce sempre la stessa risposta: quella di governare é un’arte
che i Cinque Stelle non riescono proprio a imparare. Poveretti, non
lo fanno per male. Semplicemente, non ci sono portati, non é il
mestiere loro.
ILVA, 2: LO SCENARIO GLOBALE
Ma
perché quelli di Arcelor Mittal sembrano intenzionati a rinunziare
all’Ilva, che – ripeto – é la principale industria siderurgica
d’Europa? Perché – é una personale opinione che esprimo con
tutti i dubbi del caso – questo é forse il loro obiettivo
strategico di lungo termine: eliminare dal mercato l’industria
siderurgica europea ed i suoi standard di altissimo livello, per fare
spazio all’acciaio asiatico (cinese, indiano, vietnamita, coreano,
taiwanese, turco, eccetera); un “acciaio dei poveri” che é di
qualitá nettamente inferiore, ma che ha costi alla produzione
infinitamente minori. E perché ha costi minori? Perché in Cina o in
India gli operai vengono pagati un quinto o un sesto di quanto
vengono pagati in Europa; e perché in quei paesi le industrie
produttrici non devono stanziare cifre ragguardevoli per la tutela
ambientale e per la sicurezza sul lavoro.
Perché
immagino uno scenario del genere? Perché Arcelor ha giá chiuso fior
di stabilimenti in Francia e in Polonia, e forse si appresta a fare
altrettanto in Spagna (oltre che in Italia).
D’altro
canto, non facciamoci illusioni, la globalizzazione economica é
sostanzialmente questo: uno strumento di potere dell’economia
americana e delle grandi multinazionali, che mira a “terzomondizzare”
(mi si perdoni questa orribile invenzione lessicale) l’economia
europea. Disegno perverso che gli americani stanno portando a termine
con l’idiota collaborazione degli stessi europei, i quali hanno
creato questa incredibile Unione Europea, che sembra pensata apposta
per accompagnare con le sue “regole” i popoli del Continente
verso il patibolo della globalizzazione.
Mettiamocelo
bene in testa: l’obiettivo finale della globalizzazione é quello
di abbassare i nostri standard di vita (stipendi, pensioni, servizi,
eccetera) ai livelli afro-asiatici. E l’invasione migratoria –
sia detto per inciso – serve a dare una mano in questa direzione.
ILVA, 3: CHE FARE?
A
questo punto, che fare? Continuare a trattare, certo. Magari evitando
di assumere toni stupidamente provocatori come quelli usati dallo
“statista” Giggino, visto che il coltello per il manico ce l’ha
Arcelor. Ma – non facciamoci illusioni – se l’obiettivo della
multinazionale franco-indiana fosse veramente quello di affossare
l’industria siderurgica italiana ed europea, non riusciremmo ad
ottenere nulla, neanche con le buone maniere, neanche ripristinando
lo scudo penale. Siamo stati tanto idioti da fornire loro la scusa, e
questo é il risultato inevitabile.
Come
si puó rimediare? In due modi: o con i soliti pannicelli caldi, o
nazionalizzando l’ex Ilva. Io, ovviamente, sono per la seconda
soluzione, ma a precise condizioni.
Mi
spiego: se nazionalizziamo, i 4 miliardi che aveva messo Arcelor
dobbiamo metterceli noi. E ovviamente, non avendo i 4 miliardi,
dovremmo farceli prestare dai “mercati”, facendo lievitare
fortemente il nostro giá altissimo debito pubblico. Ergo, con le
attuali “regole” anche quella della nazionalizzazione diventa una
strada difficilmente praticabile.
Ma
la soluzione c’é. Buttare a mare le regole dell’Unione Europea,
del Fondo Monetario Internazionale e della mafia dei mercati, ed
emettere titoli di Stato infruttiferi di libera circolazione – cioé
moneta parallela – per un ammontare corrispondente a quanto
necessario per nazionalizzare l’Ilva e per procedere alle
improcrastinabili operazioni di bonifica ambientale.
É
l’unica scelta razionale. Evidentemente, occorrono gli attributi
necessari per metterla in atto. Ma questo é un altro discorso.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
Commento di Luigi Caroli:
RispondiElimina"Caro Paolo,
se Arcelor ha messo 4 miliardi VERI (e non ci credo), poichè sta chiudendo
anche prima del consentito da un contratto idiota (CALENDA, PIU' CHE
FONDARE UN NUOVO GRUPPO, DEVE ANDARE A NASCONDERSI
E A LAVORARE - COSA CHE NON HA MAI FATTO) l'Italia può
incamerare (vedi intervento del Capo della Procura di Milano) quel che
rimane e cominciare a saldare le fatture degli italiani che, avendo
lavorato per loro, aspettano di essere pagati.
Arcelor ha bombato i conti (ti posso garantire che i prezzi dell'acciaio
due anni fa erano più che remunerativi) e DEVE PAGARE.
Ha appena acquistato un'acciaieria in India.
Sono come i Riva e qualcuno lo sapeva..." (Luigi Caroli)