Fotografie dal carcere di Bollate. Non il reportage di una agenzia esterna ma scatti e ri-scatti dei detenuti stessi in libertà creativa. Fotografie caratterizzate da una determinazione estetica che ha pochi riscontri formali con quelle prese in altri ambiti coatti quali un collegio o una caserma. Perché un detenuto è consapevole, responsabile, sa il perché e dove si ritrova, sa discriminare. E se maneggia una macchina fotografica sa decidere quali soggetti ritrarre, cosa cavarne.
Perché in carcere ha sviluppato antenne e sensibilità particolari, da conoscitore di uomini e di situazioni. Le scene che riprende sono prive di retorica, vere, scattate per estro, senza autocompiangersi, senza proposito di sensibilizzare alcuno sulla propria condizione. Si tratta di giovani, in maggioranza stranieri, che si ritraggono l’un l’altro attratti dai gesti e dalle espressioni dei compagni in cui vedono riflessa, come in uno specchio, la loro stessa voglia di vivere.
Sono autoritratti reciproci, partecipi, che fissano momenti quotidiani, ora malinconici, ora giocosi, da cui mai si ricava l’impressione che si tratti di esercizi vani, solipsistici. Si capisce che il loro orizzonte è oltre la realtà contingente delle quattro mura. E anche quelle pose che a prima vista siamo tentati di classificare come narcisistiche sono invece simbolo di una umanità esuberante e repressa.
E in ciò, in questa universalità non narrativa, risiede la qualità estetica delle loro fotografie. I temi più ricorrenti, oltre al ritratto, sono la palestra, l’esibizionismo discreto, la struttura vista da angolature ricercate. Non mancano struggenti nature morte colte col teleobiettivo, a conferma che l’intento non è di denuncia. Ma non è nemmeno musica d’angeli.Avanzato quanto si vuole, il carcere di Bollate rimane luogo di reclusione. E l’immagine della coppia di cavalli lucenti, sullo sfondo delle mura grigie, con le code mosse dalla corsa, è commovente e dichiara tutto il rimpianto dell’autore per la perdita della vita piena. Dato di fatto che suscita pensamenti, rimuginazioni. Soprattutto in chi ha scoperto in carcere, grazie anche alla dedizione volontaria di ammirevoli animatori esterni, di possedere delle abilità impensate.
Sugli autori:
Gli autori delle fotografie sono persone detenute, alcune delle quali sono ritratte nelle foto in mostra. Sono per la maggior parte giovani, alcuni italiani ma molti di loro provenienti da diversi parti del mondo, dal Nord Africa, dall’Est Europa, dal Sud America.Tutti loro hanno avuto l’opportunità di fotografare e imparare a fotografare seguendo gli Incontri di fotografia tenuti – tra il 2009 e il 2013 – da Rodolfo Tradardi e Mariagrazia Pumo che prestano la loro attività come volontari dell’Associazione Centro Coscienza presso il Carcere di Bollate. Tali incontri si collocano tra le diverse attività offerte nell’ambito di un progetto educativo ideato e gestito – in accordo con la Direzione dell’istituto penitenziario – dalla Cooperativa Articolo3 all’interno del cosiddetto Reparto a Trattamento Avanzato (4° reparto). Il Carcere di Bollate è da sempre impegnato ad offrire alle persone detenute opportunità per rendere costruttivo il tempo della detenzione, affinché la pena non sia solo un ulteriore momento di esclusione ma anche un’esperienza evolutiva, per un possibile futuro migliore. Per fare ciò non si può prescindere dall’apporto della società civile e dallo scambio con il mondo esterno.
I fotografi del 4° Reparto del carcere di Bollate
Mostra collettiva a cura di Alessia Locatelli e RodolfoTradardi
Presentazione in catalogo di Alessia Locatelli
Inaugurazione Mercoledì 4 Dicembre 2013 dalle 18,30
fino al 21 Dicembre 2013
SPAZIO OSTRAKON
Via Pastrengo, 15 – Milano - Orari: martedì-sabato ore 15,30-19,30
Info: studiorentwork@gmail.com
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