Mi
guardo in giro.
E
mi sembra di essere un personaggio de “Il deserto dei Tartari”,
ove una guarnigione russa perde il tempo della vita in attesa di un
attacco che non verrà.
Non
è sfoggio di erudizione, è disperazione.
In
parte. In
parte rabbia. Rabbia nera.
Guardatevi
intorno: ad essere caritatevoli l’immagine che ne otterrete è
quella di una società allo sfascio, di tutta una serie di comunità
che vanno assottigliandosi come ghiaccioli al sole estivo, e
soprattutto di esseri umani che di umano mantengono forse buona parte
dell’aspetto esteriore, ma che dentro sono larve svuotate e
imputridite.
Catastrofista!
Obbietterà colui che ormai non si accorge neppure più di essere in
catene.
No,
non amo la catastrofe, ma trovo vile non denunciarne l’avvicinarsi.
E trovo miserabile tentare di adattarsi alla meno peggio alla
situazione, per paura, per accidia, per piccola convenienza.
Guardatevi
in giro.
Non
esiste una che sia una proposta Politica, con la P maiuscola. Cioè
che incarni un progetto, una proposta, un’idea.
Abbiamo
alla presidenza della Repubblica un ex Fascista, ex filo Nazista, ex
comunista, ex “carrista”, ex “migliorista”, tuttora amico
degli yankee che lo considerano “affidabile”. Ed il Parlamento lo
ha trovato anche il meno peggio. Figuratevi gli altri!....
In
compenso alla presidenza del Consiglio dei Ministri abbiamo un
“democristiano” che più democristiano non si può. E come tutti
i democristiani ha subito messo in atto l’arte del rinvio.
Consumata abilità del biancofiore: di fronte ad un problema, mai
affrontarlo e risolverlo. Si rinvia, sperando nello “stellone”
per non scontentare nessuno.
Se
poi prendete in esame i leader delle parti politiche, vi verrebbe
voglia di usare il turpiloquio, trattenuto solo dall’educazione.
Già dire “parti politiche” è una iperbole, una esagerazione.
Abbiamo solo bande rivali che si battono, o fingono di farlo,
unicamente per appropriarsi del malloppo, delle stanze dei bottoni
che permettono intrallazzi, concussioni, corruzioni, malversazioni.
Magari accordandosi.
Non
c’è destra, non c’è centro, non c’è sinistra. Ormai sono
solo allocazioni geografiche, avide, rapaci, ignoranti, ladre,
incompetenti, corrotte.
Perché
tutto questo viscidume, questa cloaca umana, questo verminaio
sociale?
Perché
siamo occupati dai “vincitori democratici” della Seconda Guerra
Mondiale, vera Guerra Civile Europea.
Abbiamo
oltre cento basi yankee sul nostro suolo patrio, e 118 testate
atomiche fra Aviano e Cerro Torri, in quel di Brescia.
E
questo è solo l’aspetto esteriore. Quello che è peggio sta nel
fatto che stiamo subendo un attacco alla nostra Società e
soprattutto alle nostre Comunità, vere depositarie di una tradizione
di tre mila anni, a dir poco. Ci vogliono cancellare l’anima,
vogliono azzerare la cultura che passa di madre in figlio, col latte
del seno, vogliono azzerare usi e consuetudini che neppure il papato
e la santa inquisizione sono riuscite a debellare.
Possiamo
uscirne?
Dobbiamo.
E
per uscirne e tornare a sorridere al futuro ci toccherà usare tutto
il coraggio del cuore, e chiederci perché siamo in questa
condizione. Analizzare se il modello propostoci ci va bene e se ne
condividiamo i valori. Le parole non servono: il modello propostoci,
la democrazia parlamentare, ci ha portato a questa situazione.
Girarci in giro è solo esercizio verbale. Dobbiamo avere il coraggio
di dire che la “democrazia” non accetta altro da sé, che è
sanguinaria, incapace, inefficace, ladra, sprecona, usuraia,
corrotta e corruttrice.
Dobbiamo
avere il coraggio di ammettere che il valore economico è sì un
valore, ma non è né il primo, né il più importante. Dobbiamo
avere il coraggio di dire, soprattutto a noi stessi, che il maledetto
dio denaro, il moloch incarnato dal vitello d’oro, l’adorato
soldo ci frega regalandoci la gioia del momento, e negandoci per
sempre la felicità, la speranza.
Ci
vuole coraggio. Ma se non ne abbiamo, che razza di uomini saremmo?
Vuoti simulacri, vestiti firmati, che corrono dietro ai minuti
secondi, senza renderci conto che stiamo perdendo la vita.
Non
sono, tuttavia, pessimista. I segni ci sono e si moltiplicano. Il
risveglio dell’uomo, soprattutto bianco ed europeo, è iniziato.
Dapprima i segnali erano deboli e sparsi. Poi si sono moltiplicati e
hanno cominciato a raggrupparsi. Tant’è che i “poteri forti”
cominciano a temere per la loro sorte.
Fabrizio
Belloni
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