Non è certo, ma è possibile, che dopo Hiroshima e Nagasaki ( quando solo gli usa possedevano la bomba) una atomica sia stata impiegata in guerra una volta, contro uno stato non atomico, nella zona tra Bassora e il confine con l'Irak.
Dunque in più di 70 anni, con migliaia di testate disponibili, ne sono state usate in combattimento o 0 o 1, mai comunque contro un avversario che le ha.
Il problema sta nella difesa dalla ritorsione di uno stato atomico.
È impossibile intercettare e distruggere, prima che arrivino sul proprio suolo, tutti i missili in arrivo.
Se il rischio era eccessivo fin dai primi decenni, nell'era dei missili intercontinentali è diventato intollerabile.
Ora molti vettori nucleari sono testate multiple a traiettoria random, con oscillazioni casuali, il che rende impossibile anche per un computer dirigergli contro una risposta distruttiva.
Va tenuto presente che la costa ovest degli usa è sotto minaccia di una risposta immediata da parte dei sottomarini russi nel pacifico, ora anche in versione drone, senza equipaggio.
I vettori intercontinentali darebbero una ventina di minuti di tempo utile per tentare di fermarli, ma i missili dai sottomarini limitrofi alle acque teritoriali no.
In un paio di minuti in tutto decine e decine di missili nucleari pioverebbero sulle città della zona più densamente popolata degli stati uniti, e per fermarli tutti ci vorrebbe il padreterno.
L'economia degli usa ne rimarrebbe semiparalizzata.
L'alta finanza, favorevole a qualunque guerra convenzionale perché dispone di programmi per guadagnarci sempre, non vuole una guerra atomica, perché non dispone di progetti per ottenere guadagni certi, a causa della sua alta imprevedibilità per assenza di precedenti, quindi di statistiche probabilistiche sui suoi sviluppi.
La teoria del pazzo presuppone che un pazzo possa non solo immaginare ma anche concretamente realizzare un attacco atomico. Ma sia i materiali fissili che le bombe sono gli oggetti più controllati del mondo, anche a distanza. Se qualcuno di voi prova anche solo a preparare l'esafluoruro di uranio, dai satelliti lo si vede, osservando le radiazioni gamma emesse.
Le procedure per l'innesco e attivazione di una bomba sono complesse, con reti di controllo sia in serie che in parallelo. In un certo senso i controllori della bomba ne hanno più paura di noi.
Se ne dubitate riflettete: con circa ventimila bombe sul pianeta, in tutti questi decenni ne è mai esplosa una per errore, per sbaglio ?
Tenete anche presente che il fall out radioattivo non è controllabile. Riuscite a deviare alcuni missili che erano diretti sulle vostre città facendoli cadere su una zona desertica. L'esplosione quindi non uccide nessuno, ma il fall out radioattivo si dirige dove vuole, sospinto dai venti, senza che lo possiate fermare. Il problema è che bisognerebbe riuscire non solo ad abbattere tutti i missili, ma anche in zona di sicurezza, fuori dal territorio nazionale. Il che se è già inverosimile per gli intercontinentali in volo oceanico (qualcuno sfugge per forza) diventa completamente impossibile per i lanci dai sottomarini nel pacifico appena fuori dalle acque territoriali statunitensi: troppo poco tempo disponibile.
Ed è importante ricordare che l'avversario dispone sempre di tecnologie sostanzialmente alla pari con le vostre.
Ricordatevi che l'anno scorso di 59 missili thomawak lanciati su un areoporto evacuato in Siria quasi la metà sono stati deviati dall'elettronica militare russa. In sostanza non esistono né l'attacco perfetto né la difesa perfetta. In compenso esistono 7000 missili atomici usa e 7600 russi.
Non mi piacciono le bombe H, ma sono l'unico argomento che finora abbia impedito la guerra tra grandi potenze. Per 70 anni, che non sono pochi, a giudicare dalle abitudini storiche della specie umana.
Vincenzo Zamboni
...............................................
Articolo in sintonia: http://www.nogeoingegneria.com/tecnologie/nucleare/freddo-carestie-e-radiazioni-linverno-nucleare-dopo-una-guerra-atomica/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.