domenica 30 dicembre 2018

Politica, avanspettacolo e la fortuna di avere la TV....


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Noi fortunati che abbiamo seguito in tv il cosiddetto dibattito parlamentare sulla manovra di bilancio abbiamo attraversato un’ampia gamma di sentimenti contrastanti. L’invidia per l’atletica prestanza di Emanuele Fiano, che balza felino verso i banchi del governo, si divincola dal placcaggio rugbistico dei colleghi (e dei commessi), offre il petto seminudo alla pugna contro gli odiati sovranisti e infine aggira la barriera dei commessi col lancio liftato di un dossier che centra in pieno volto il sottosegretario Garavaglia.
L’entusiasmo per l’intrepido Michele Anzaldi, ieri epuratore e fucilatore di chiunque si permettesse di non beatificare Renzi nella Rai tutta renziana e oggi inconsolabile per la fine del pluralismo in viale Mazzini.
L’idolatria per Filippo Sensi, che fino all’altroieri diramava le veline di Renzi & Gentiloni e ora lacrima come una vite tagliata per il taglio dei fondi pubblici a giornali e Radio Radicale, scambiandoli per “pluralismo”.
La gioia per Giachetti e Fiano che accusano Fico di parzialità perché non silenzia la pentastellata Manzo che accusa imprecisate opposizioni di aver favorito i truffatori delle banche, ma poi tacciono quando le pidine Serracchiani e Bruno Bossio danno della truffatrice alla Manzo.
L’ammirazione per i trafelati scopritori della centralità del Parlamento, o di quel che ne resta dopo il loro passaggio, le loro leggi incostituzionali, le loro mozioni sulla nipote di Mubarak, i loro canguri e ghigliottine, le loro destituzioni di dissidenti, le loro compravendite di parlamentari, i loro decreti senza necessità né urgenza, le loro fiducie smodate (107 solo nella scorsa legislatura), i loro salvataggi impunitari di fior di delinquenti. Il rimpianto per l’assenza in Parlamento di misure d’ordine pubblico, tipo il Daspo, già previste nelle ben più educate curve degli stadi.
E infine una grande empatia per la sofferenza di Graziano Delrio e Maria Elena Boschi dinanzi alle sorti degli adorati pensionati, scippati dalla manovra giallo-verde.
Delrio li chiama tutti in piazza, la Boschi trattiene a stento le lacrime: “La legge di Bilancio taglia tutte le pensioni, non solo quelle d’oro o di platino. Conte dovrebbe pulirsi la bocca quando attacca i pensionati”. In effetti la famiglia Boschi per i pensionati ha fatto molto, forse troppo. Il pensiero corre al pensionato Luigi D’Angelo, che il 28 novembre 2015 si impiccò a Civitavecchia perché aveva appena perso i risparmi di una vita: 100mila euro affidati a Etruria, dopo che il governo Renzi-Boschi aveva azzerato dal giorno alla notte, col cosiddetto dl Salva-banche, il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate.
Del resto il Pd, per i pensionati, ha sempre avuto un occhio di riguardo. Tipo quando votò il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, senza la piena rivalutazione per l’inflazione, ininterrottamente dal 2011 a oggi.
Vediamo nel dettaglio cosa votarono gli attuali paladini dei pensionati. Tra 2012 e 2013, col blocco totale per le pensioni superiori a tre volte il minimo (dai 1500 euro in su), chi prendeva ogni mese 1600 euro lordi ne perdeva 500-600 l’anno; chi percepiva 2100 euro ne perdeva 1500; chi aveva 2600 euro ne perdeva 1800.
Nel 2015 la Consulta bocciò la legge in quanto incostituzionale e ordinò al governo di restituire la refurtiva. Intanto, ai 5,5 milioni di pensionati, erano stati rapinati 8-9 miliardi di euro.
Ma Renzi ne rimborsò appena 2,2 (che secondo l’Upb corrispondeva ad appena il 12% medio delle perdite di ogni pensionato) ed ebbe pure la spudoratezza di chiamare quella mancia “bonus Poletti”: come se quello non fosse un furto con destrezza, ma addirittura un gentile omaggio.
Intanto nel 2014 il governo Letta aveva fatto altri danni: un sistema di perequazioni in cinque fasce, che lasciava quasi intatta la rivalutazione delle pensioni fino al quadruplo della minima, mentre tagliava del 25% la rivalutazione per quelle sopra i 2000 euro lordi e del 50% oltre i 2500. I governi Renzi e Gentiloni prorogarono quel blocco fino al 1° gennaio 2019, lasciando la patata bollente ai successori.
Secondo la Uil, la mancata perequazione delle pensioni fra il 2011 e il 2018, votata da centrodestra e centrosinistra (Monti e Letta) e poi dal solo centrosinistra (Renzi e Gentiloni) è costata 79 euro al mese e 1000 all’anno a ciascun pensionato da 1500 euro mensili. Chi invece percepiva 1900 euro al mese nel 2011 ha perso 1500 euro lordi, pari a una intera mensilità netta.
Che fa ora il governo Conte sulle pensioni?
Tre cose. Abbrevia l’età pensionabile per chi vuole ritirarsi prima (quota 100). Aumenta le minime fino a 780 euro per chi non ha altri redditi (pensione di cittadinanza). E “raffredda” il blocco delle indicizzazioni varato da Letta, Renzi e Gentiloni, rendendolo un po’ meno penalizzante per le pensioni più basse e lasciandolo pressoché inalterato sopra ai 3mila euro.
La battuta di Conte (“Non se ne accorgerebbe nemmeno l’Avaro di Molière”), per quanto infelice, rende l’idea.
Rivalutazione quasi totale, senza blocchi, per le pensioni fino al quadruplo della minima (cioè fino a 2030 euro mensili lordi).
E sacrifici graduali per le pensioni più alte.
La Cgil stima che chi intasca 2030 euro al mese perderà 1 euro nel 2019, 1 euro nel 2020 e 2 euro nel 2021. Chi supera i 2537 euro al mese, dovrà rinunciare a 70 euro l’anno (meno di 7 euro al mese). Chi supera i 3mila euro al mese, “restituirà” circa 180 euro all’anno (15 euro al mese).
E così via a salire, con prelievi più sostanziosi per i pensionati d’oro (già toccati dal contributo di solidarietà). Anche così si finanzieranno il reddito di cittadinanza e quota 100.
Si chiama “redistribuzione della ricchezza” e un tempo era una battaglia della sinistra.
Infatti ora, sulle barricate, ci sono Forza Italia e il Pd.
Marco Travaglio

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(Fonte: Il Fatto Quotidiano)

giovedì 27 dicembre 2018

Movimento contro la guerra - Tavolo tematico di Potere al Popolo


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Contribuire alla ripresa del Movimento contro la Guerra significa individuare sia le cause generali della tendenza alla guerra sia i soggetti che gestiscono i processi di militarizzazione delle menti e dei territori.


Il motore della tendenza alla guerra continua ad essere quell’irrisolvibile problema dei limiti intrinseci del capitalismo che, ad un determinato stadio di sviluppo, è costretto a distruggere sistemi produttivi, merci e forza lavoro per ricostruire le basi del proprio ciclo di produzione e valorizzazione: distruggere per ricostruire.

Oggigiorno tale crisi sistemica si manifesta attraverso interessi economici sempre più contrastanti nei vari scenari geopolitici e ricorre variabilmente a dispositivi di guerra guerreggiata o di guerra economica. Ma il capitalismo ha da sempre utilizzato le guerre per i propri profitti, fin dai suoi albori: come non ricordare il genocidio sistematico dei nativi americani, ultimato alla fine del XIX secolo, quale anticipazione della dottrina Monroe e dell’imperialismo USA.

La NATO è stata e continua ad essere la “cabina di regia” bellica dei paesi occidentali. L’alleanza Atlantica svolge infatti un ruolo centrale nella pianificazione e nella promozione delle strategie d’ingerenza, di aggressione e di guerra in tutta l’immensa area d’influenza che gli compete.

Nonostante l’emersione di segnali di contrasto tra USA e alcuni grandi paesi europei (dalla guerra in Georgia [2008] sino alle ultime vicende ucraine e siriane), la NATO continua a rappresentare il punto di maggiore sottomissione degli interessi divaricanti dei paesi membri a quelli USA, uniti solo dalla comune volontà di assicurarsi il dominio sulle fonti di approvvigionamento energetico, di materie prime, di mano d’opera a basso costo, del commercio e della finanza nei vari scenari geopolitici e a livello internazionale.

La stessa Unione Europea si trova ad essere in conflitto oggettivo con altre potenze economiche, finanziarie e militari. Questo comporta un ricorso sempre maggiore della forza sia nelle relazioni internazionali, sia all’interno dei propri territori per mezzo di guerre economiche, di negazione dei diritti fondamentali contro le classi sociali più deboli e di repressione del dissenso.

All’interno dell’UE si registra infatti ormai da tempo una “guerra” di classe condotta dai gruppi dominanti all’attacco delle classi sociali subalterne e in particolar modo dei migranti che punta alla riduzione del reddito diretto ed indiretto, alla completa subordinazione dei lavoratori ai principi del profitto della competizione, all’annichilimento politico degli spazi democratici, ad una “guerra tra poveri”.

La crescente repressione accentua il carattere autoritario e reazionario degli stati europei e ne amplifica le funzioni coercitive e di controllo, sia nei confronti del dissenso di natura sociale sia di qualunque altra contraddizione possa mettere a rischio una stabilità interna indispensabile a consentire all’UE di reggere una competizione internazionale sempre più feroce.

Di qui l’adozione di provvedimenti legislativi come il Decreto Minniti e il Decreto Salvini, o la trasformazione in legge dello Stato di Emergenza in Francia, o la reazione violenta contro l’insorgenza nazionale catalana.
A tal proposito risulta evidente il consolidarsi di un repentino processo di militarizzazione dei territori, direttamente proporzionale a quel lento e subdolo processo di militarizzazione delle menti in atto ormai da anni, teso a rendere ammissibile il ricorso alla forza armata per fini sociali, umanitari e di interesse collettivo.

Per raggiungere questo scopo, negli ultimi vent’anni i governi italiani hanno adottato acrobazie lessicali ed escamotage interpretativi per privare l’art. 11 della Costituzione della sua originaria componente pacifista e non belligerante: dalle “operazioni di polizia internazionale” (guerra del Golfo, 1991) agli “interventi militari umanitari” (guerra del Kossovo, 1999); dalle “azioni di contrasto al terrorismo internazionale” (guerra in Afghanistan nel 2001, in Iraq nel 2003), fino alle cosiddette “missioni di pace”.

Questa “politica dell’ossimoro”, tesa a giustificare operazioni che altrimenti risulterebbero anticostituzionali, si manifesta attraverso la “cultura della difesa e della sicurezza” e attraverso precise politiche amministrative – coadiuvate da un complesso sistema scientifico/culturale al fine di creare i presupposti congeniali per la crescita delle industrie delle armi.

Queste politiche che intersecano inscindibilmente civile e militare svolgono una funzione ideologica ben precisa, con l’obiettivo di esercitare egemonia culturale sulla società anche tramite il coinvolgimento diretto dei corpi intermedi di una “sinistra” che si è incaricata di veicolare a livello di massa le nuove forme dell’“interventismo umanitario”.

L’insistenza su tutto il territorio nazionale di insediamenti e infrastrutture militari (per es. le basi aeree statunitensi di Aviano e Sigonella, le basi militari di Camp Darby tra Pisa e Livorno, di Camp Ederle a Vicenza, la base militare della marina militare statunitense Naval Support Activity a Napoli, il sistema di comunicazione globale (MUOS) a Niscemi, i poligoni di tiro e la fabbrica d’armi RWM di Donusnovas in Sardegna, ecc…) e la presenza fissa nelle nostre città di militari e mezzi dell’Esercito italiano impegnati nella missione “Strade sicure”, sono una riprova di quanto sopra affermato.

Va segnalato che ad oggi la Sardegna subisce il più alto tasso di militarizzazione tra tutte le regioni italiane a causa della compresenza di poligoni di tiro, di basi militari e di fabbriche d’armi come la sopracitata RWM di Donusnovas. Da ciò deriva che nella definizione di una piattaforma di lotta alla guerra è necessario coniugare la più totale avversità alle basi militari, alle missioni militari – col conseguente ritiro delle truppe all’estero – e soprattutto alle spese militari (si calcola una spesa militare giornaliera di 80 milioni di euro circa). Queste ultime giocano un doppio ruolo: se da un lato sottraggono risorse alla spesa sociale provocando la distruzione del Welfare State, dall’altro offrono mercati sempre più prosperi al capitalismo in crisi.

Dalle analisi generali e di contesto fin qui esposte, emerge un chiaro quadro entro il quale i comunisti, gli antimperialisti e i pacifisti sono chiamati a svolgere un’importante battaglia politica e culturale:
Occorre riprendere il lavoro d’inchiesta, di denuncia e di mobilitazione contro le continue operazioni belliche sui vari fronti; contro gli insediamenti militari USA, NATO e UE sui nostri territori; contro le forze politiche, sociali ed istituzionali al servizio delle guerre e contro i pervasivi processi di militarizzazione della società.

E’ necessario ridare slancio alle mobilitazioni per lo scioglimento dell’Alleanza Atlantica e la rottura dell’Unione Europea. Occorre legare inscindibilmente la lotta contro la guerra alla più generale lotta contro le conseguenze della crisi sistemica del capitalismo nella vita reale del nostro blocco sociale di riferimento.

Scindere la mobilitazione contro la guerra dal più generale conflitto di classe rischia di riportarci nelle secche di un’esperienza già vissuta all’inizi del secolo, che ha espresso livelli altissimi di mobilitazione di massa, ma senza radici sociali. L’Italia è una portaerei al servizio della NATO e dell’UE.

È indispensabile denunciare il ruolo di punta che tutti i governi italiani finora succedutisi hanno assunto nelle politiche di ingerenza ed aggressione dettate dall’Unione Europea per difendere gli interessi delle multinazionali. Con la corsa al riarmo da parte delle principali potenze nucleari, il rischio di una guerra nucleare è diventato il più alto mai registrato nella Storia e il “Trattato di non Proliferazione nucleare” è assolutamente messo in discussione.

Occorre fare pressione affinché l’Italia firmi il “Trattato di Proibizione delle armi nucleari” del 7 luglio 2017. L’attuale ed epocale fenomeno migratorio è un prodotto diretto delle guerre di aggressione occidentali. Occorre che il movimento contro la guerra si batta con determinazione per i diritti dei migranti.

E’ quanto mai necessario ricordare le parole con cui la Costituzione repubblicana e antifascista tratta i pericoli di guerra nell’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali. La battaglia culturale contro la martellante campagna ideologica che prepara, legittima e accompagna le aggressioni militari deve divenire uno dei fronti centrali di lotta del movimento contro la guerra.

Il tavolo GUERRA e ANTIMILITARISMO si propone di:

Contribuire alla Ricostruzione del movimento contro la guerra e contro la permanenza dell’Italia nella NATO;
Legare la mobilitazione contro la guerra, contro la militarizzazione dei territori e il conflitto sociale alla più generale lotta al capitalismo, alle conseguenze concrete della sua crisi sistemica nella vita del nostro blocco sociale di riferimento;
Contrastare l’egemonia culturale che sostiene lo sforzo bellico dell’Italia e dell’Unione Europea;
Individuare e combattere i soggetti politici, le istituzioni amministrative e scientifiche, il sistema d’informazione propagandistico, gli insediamenti militari e produttivi che danno forma concreta al complesso militare-industriale italiano ed europeo;
Contrastare la propaganda che sostiene la “cultura della difesa e della sicurezza” nei territori;
Promuovere e sostenere ogni iniziativa che si batte contro la militarizzazione dei territori, contro le missioni e le spese militari e per il bando totale delle armi nucleari;
Promuovere e sostenere ogni iniziativa che si batte contro i legami accademici, scientifici, industriali, commerciali e militari con il regime criminale di Israele, abbracciando le campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzione BDS.
Creare un network di attivazione comune tra territori maggiormente interessati da insediamenti e infrastrutture militari e belliche (Aviano, Ghedi, Napoli, Niscemi, Pisa-Livorno, Vicenza, Verona, Sardegna e Sicilia…).

Lottare contro il proprio imperialismo deve essere un obiettivo centrale del movimento contro la guerra.

Documento del Tavolo tematico "Guerre" di Potere al Popolo 

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mercoledì 26 dicembre 2018

Rischio guerra nucleare in Italia: "Non vedo, non sento, non parlo"




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Quale reazione ha suscitato in Italia l’avvertimento del presidente russo Putin che il mondo sottovaluta il pericolo di guerra nucleare e che tale tendenza si sta accentuando?
Significativo il commento de La Repubblica che parla di «toni molto allarmistici». Eloquente il silenzio praticamente assoluto dell’intero arco parlamentare.
Come se l’Italia non avesse niente a che fare con la corsa agli armamenti nucleari che, ha avvertito Putin nella conferenza stampa di fine anno, potrebbe portare alla «distruzione dell’intera civiltà o forse dell’intero pianeta». Scenario non allarmistico, ma previsto dagli scienziati che studiano gli effetti delle armi nucleari.
Un particolare pericolo – sottolinea Putin – è rappresentato dalla «tendenza ad abbassare la soglia per l’uso di armi nucleari, creando cariche nucleari tattiche a basso impatto che possono portare a un disastro nucleare globale».
A tale categoria appartengono le nuove bombe nucleari B61-12 che gli Usa cominceranno a schierare in Italia, Germania, Belgio, Olanda e forse in altri paesi europei nella prima metà del 2020.
«L’alta precisione e la possibilità di usare testate meno distruttive – avverte la Federazione degli Scienziati Americani – possono portare i comandanti militari a premere perché, in un attacco, si usi la bomba nucleare, sapendo che la ricaduta radioattiva e il danno collaterale sarebbero limitati».
L’Italia è corresponsabile del crescente pericolo di guerra nucleare poiché, violando il Trattato di non-proliferazione e non aderendo al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari, fornisce agli Stati uniti in funzione principalmente anti-Russia non solo basi, ma anche aerei e piloti per l’uso delle bombe nucleari. Ciò avviene con il consenso esplicito o implicito (attraverso la rinuncia a una reale opposizione) dell’intero arco parlamentare.
L’altro pericolo – avverte Putin – è rappresentato dalla «disintegrazione del sistema internazionale di controllo degli armamenti», iniziata con il ritiro degli Stati uniti nel 2002 dal Trattato Abm. Stipulato nel 1972 da Usa e Urss, esso proibiva a ciascuna delle due parti di schierare missili intercettori che, neutralizzando la rappresaglia del paese attaccato, avrebbero favorito un first strike, ossia un attacco nucleare di sorpresa.
Da allora gli Stati uniti hanno sviluppato lo «scudo anti-missili», estendendolo in Europa a ridosso della Russia: due installazioni terrestri in Romania e Polonia e quattro navi da guerra, che incrociano nel Baltico e Mar Nero, sono dotate di tubi di lancio che, oltre ai missili intercettori, possono lanciare missili da crociera a testata nucleare.
Anche in questo caso l’Italia è corresponsabile: a Sigonella è installata la Jtags, stazione satellitare Usa dello «scudo anti-missili», una delle cinque nel mondo.
La situazione è aggravata dal fatto che gli Usa vogliono ora ritirarsi anche dal Trattato Inf del 1987 (quello che eliminò i missili nucleari Usa schierati a Comiso), così da poter schierare in Europa contro la Russia missili nucleari a raggio intermedio con base a terra.
Anche qui con la corresponsablità del governo italiano, che al Consiglio Nord Atlantico del 4 dicembre ha avallato tale piano ed è sicuramente disponibile all’installazione di tali missili in Italia.
«Se arriveranno i missili in Europa, poi l'Occidente non strilli se noi reagiremo», ha detto Putin. Avvertimento ignorato da Conte, Di Maio e Salvini che, mentre battono la grancassa sul «decreto sicurezza» anti-migranti, quando arrivano bombe e missili nucleari Usa mettendo a rischio la vera sicurezza dell’Italia, non vedono, non sentono e non parlano. 
Manlio Dinucci   Comitato No Guerra No Nato
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Video collegato: https://youtu.be/pgR7nD57P9g

lunedì 24 dicembre 2018

Natale immaginario, da calendario


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Il mistero è talmente parte del nostro vivere quotidiano che sta persino nelle nozioni più semplici e di tutti i giorni: il mistero dello spazio, il mistero del tempo, il mistero dell’essere e della sua antitesi, il non essere. Tutte cose che sembrano a ciascuno, di primo acchitto, chiarissime, ma che, appena provi ad esaminarle, diventano, come in effetti sono, oscure e impenetrabili.


E allora la domanda giusta è: “Dio esiste, o siamo figli di un imperscrutabile caos cosmico del cui senso non verremo mai a capo?”. Qui sta il dilemma, non trovi?

Per dirla meglio, ossia per rispondere meglio e con voce più autorevole della mia: “Taluni sono turbati dal fatto che non si possa provare scientificamente l’esistenza di Dio. Ma dobbiamo veramente accendere la candela per vedere il sole?” (Werner von Braun).

Già: proprio cosi! E per fortuna nostra il 25 dicembre di ogni anno, nel caos cosmico, fisico e temporale nel quale siamo immersi, si colloca la ricorrenza dell’avvento della figura di Gesù di Nazaret.

Un tipo strano, a pensarci bene, che camminava sull’acqua, comandava alle onde del mare, sfamava migliaia di persone con pochi pezzi di pane, guariva i malati con le sole parole o al massimo un po’ di saliva, resuscitava i morti e, alla fine, persino se stesso! .....pura follia (?)!

E’ ben per questo, per tutte queste cose, che, mentre io scrivo (e tu leggi), corre l’anno 2018. Sembra una cosa irrilevante e scontata, infatti, ma se, come dovuta precisazione, si aggiungesse al numero dell’anno il riferimento opportuno del “d.C.”, salterebbe subito all’occhio che non siamo in un 2018 qualsiasi, deciso a capocchia un bel giorno da non si sa chi. Siamo duemila e diciotto anni dopo l’avvento nel mondo della figura di Gesù di Nazaret.

E con buona pace di chi accampa i diritti di altre calendarizzazioni, un fatto è certo: il calendario Gregoriano, quello che fissa il “turning point” delle storia dell’umanità, è quello insindacabilmente più diffuso e in uso, per convenzione, nel mondo intero. 

E allora, la domanda ancora più giusta è: “ma chi è realmente Gesù?” Una figura immaginaria, a bella posta inventata da menti disperanti in cerca di un senso compiuto, ancorché fittizio, da dare al nostro esistere, o quello che Lui stesso dice di essere: il Figlio dell’Uomo, dunque il Figlio di Dio?” 

Comunque la pensi, duemila diciotto anni fa qualcosa di veramente importante deve essere realmente accaduto: un colossale forviante imbroglio, oppure, non ci sono dubbi, un evento che definire epocale sarebbe quantomeno riduttivo. Duemila e diciotto anni fa l’umanità ha fatto punto e accapo ed ha ricominciato: ha azzerato il proprio contapassi, per tracciare la sua storia e portarla a compimento nel tempo! In poche parole “si è convertita”. Ci avevi mai pensato? .... E tu cosa aspetti?

Buon Natale

Adriano Colafrancesco

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domenica 23 dicembre 2018

Archeo etno botanica delle piante inebrianti



Che sia monachesimo mai solitudine. Piante diverse incontrerai sul tuo cammino; alcune spinose, alcune giocose. Un solo sapore è tutto l'eterno ma, non basta. Vedrai di più! A volte non potrai rialzarti , dal pavimento dovrai combattere . Non è detto che andrà bene. Potrà andare peggio. Ringrazia. Se sei vivo ringrazia e ricorda che non è detto che tutto può accadere, non è detto che le cose andranno meglio. Ma se sei vivo ringrazia, ringrazia e combatti, prova a vedere.


Cerca il contrario di "dividere". Domandati: "chi fa la domanda ?"


Tante sofferenze, altrettanta perfezione, ciò che è UNO non ha nome.


Sei Tu! Uno e dai sensi diviso. Vedrai di più! Vedrai il velo sciogliersi. Vedrai che sei tu il sogno. E desto amerai. Amerai nella sofferenza e non, amerai il bello ed il brutto, amerai l'ira e la calma. Amerai senza scelta o preferenze, amerai senza nomi. Non per questo il corpo eviterà la sofferenza. Né la mente smetterà di mentire.

L'abbondanza non necessariamente giungerà in termini materiali ma TU AMERAI. Sarà la tua natura, non è detto che cambierai atteggiamento, che il carattere si snellisca ed abbellisca. Le cose faranno il loro corso e tu con esse. Morirà chi ami e chi ti ama dovrà soffrire la tua morte.

LA VITA È BELLISSIMA !
Chi ami è vissuto e nell'amore è eterno, chi ti ama ti porta in Dio. E non illuderti che non sei amato. Siamo cibo tenuto insieme dall'universo, quindi da Dio. Nessuno potrà darti prova di quanto sia più che eterno l'amore.


È in te, e te in lui, non si può avere prova della realtà. Chi può dire che il mondo è reale?


Ma combatti! Semina, annaffia, ricomincia.

Prega, un Dio antropomorfo e tutti gli Dei, amali. Medita, nel silenzio e in discoteca . Inebriati evitando prodotti chimici. Coltiva la lucidità evitando artefatti mentali. Sbaglia, sbaglia ancora è poi sbaglia di nuovo la vita è un errare, erranti arriviamo dal cielo per .....


.... Volando nelle lande dei sensi incontro l'amore che appaga la vita per farla continuare ......


Piante diverse ho incontrato sul mio cammino: alcune spinose, alcune giocose, oggi ne ho incontrata una solenne, solare, spinosa e giocosa. Non ha nomi anche se qualcuno la chiama San Pedro altri Cazzo di Dio. Il resoconto generale potrebbe essere questo scritto.

A volte amo tutto e tutti, poi mi rendo conto di essere ubriaco.


Prem Kiran


giovedì 20 dicembre 2018

Ungheria. Protesta giovanile che puzza di soros


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Puzza sì, questa protesta giovanile in corso in Ungheria, propagata dai nostri giornali mainstream, ma i giovani protestano per una legge sul lavoro che riguarda contratti collettivi e dipendenti pubblici. Tanto per dirne una. Strano, no? E tanto per dirne due: disoccupazione giovanile in Ungheria al 20%. In Italia ce la sogniamo, nel nostro sud siamo al 50. E questi secondo i nostri 'mezzi d'informazione' sarebbero i due punti principali delle proteste, la cosiddetta 'legge schiavitù'. Puzza sì, altro che...

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Qualcuno è arrivato a scrivere che 'si torna a lavorare il sabato, come sotto il comunismo' (i portavoce dei servizi Manzin e Giantin su Il Piccolo, nei quali articoli su pagine dedicate quotidianamente si denigra lo 'slavo balcanico' e l'esperienza socialista della Penisola e quella jugoslava in particolare), balla buona pure per Serbia e Slovenia, un falso storico madornale, ma nell'ignoranza generale tutto fa minestra. 

Fa parte del disegnino che la Nato ci propone per i Balcani, dove non c'è una nazione che non sia sotto vigilanza stretta o attacchi in corso, a cominciare dalla Serbia 'anomalia maxima'. Perdura l'attenzione alla 'anomalia balcanica', come già ho fatto notare ad alcuni compagni in lista. E che va in pariglia con la campagna russofobica mai muta...

Jure Ellero


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Ungheria: si sente puzza di soros



Articolo collegato: 

Cosa sta succedendo in Ungheria?
In merito alle proteste contro la modifica del codice del lavoro, i comunisti ungheresi del Partito dei Lavoratori (Munkaspart) hanno rilasciato la seguente dichiarazione

mercoledì 19 dicembre 2018

RAI. Immarcescibile icona del sistema - Intervista sulla RAI con Maurizio Blondet:


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Cosa promette la Rai che sta nascendo? Si tratta davvero di un cambiamento o stiamo assistendo a una riproposizione, come da gattopardesca memoria, del “che tutto cambi affinché tutto rimanga così com’è” ?
La Rai non è un’azienda. E’  una  concrezione fossile ripugnante, una stratificazione geologica  formicolante di stipendiati di diverse stagioni politiche, strato sopra strato:  ci sono  comunisti, cattocomunisti,  persino democristiani, pidiessini, radicali, berlusconiani di sinistra, sessuomani vari, vecchie amanti di capi delle brigate rosse,  proletarie armate per il  comunismo,   di Lotta Continua… tutta gente che ha costituito conventicole di potere e alleanze interne, potentissime,  dure come granito,  inamovibili.
Non comandano i direttori, specie se di  fresca nomina; comandano questi strati geologici di militanti fossili. Anche perché   oltre ad occupare posizioni direttoriali e avere il codazzo di favoriti  che dipendono da loro  per “lavorare”  come “clientes”,  percepiscono stipendi così spropositati – sopra i 100 mila quasi tutti, un centinaio anche sopra i 200  mila, come la Botteri e la Berlinguer – che persino mandarli via (posto che ci si riuscisse) costerebbe miliardi  allo Stato,  di sole liquidazioni.   Tenga conto  che sono lì da 30-40 anni, con questi mega-stipendi: per la liquidazione calcoli una mensilità  loro, 20 mila per  30  o 40, e  vedrà che cifre vengono fuori. Da far fallire la Rai e lo Stato.
Ci vorrebbe non Foa, ma una dittatura spietata che li fucilasse  senza indennizzo, e li seppellisse in terra sconsacrata. Siccome questo non è ritenuto possibile, la Rai resterà quella che è. Un truogolo stratificato di ex tesserati di partiti scomparsi.

L’intrattenimento e le fiction rischiano di alterare la percezione della realtà nel Pubblico o è sufficiente agire sulla veridicità e il pluralismo dell’Informazione, gestendo in modo obiettivo i telegiornali?
Il pubblico italiano, specie quello che si  guarda la tv (spesso lasciandola accesa per 10 ore al giorno) è molto ignorante e  anziano –  in generale non sa distinguere  bene nemmeno fra informazione e fiction; della informazione gli importa poco e capisce poco, appena si  tratti di cose un po’ complesse,  politica estera, Unione Europea.
Naturalmente gli strati  geologici di parassiti grande-stipendiati di cui sopra ,  che sono poco meno ignoranti del pubblico, sono ben felici  di mantenere questa vecchia plebe nel solco del conformismo e del politicamente corretto vigente: che in questi ultimi tempi è ovviamente pro-gay,  gender, pro-lgbt, pro-immigrati negri e strappacuore, pro  “Francesco” papa…..
In tv non si pratica “giornalismo”, il massimo sforzo sta nel sopprimere informazioni (che sono in gran numero) per darne solo 2 o 3  comode nella lunghissima mezz’ora dei tg. “Notizie” ovviamente che questi parassiti non sono andati a cercare, ma hanno letto dalle agenzie di stampa.
Grande spazio è dato all’ultima produzione del cantante X e  dell’ultimo film: si tratta di pubblicità occultamente pagata dai medesimi a qualcuno della cosca, che intasca

L’aspetto culturale, intendendo con questo termine  la divulgazione di sapere relativo all’Arte, alla Storia, alla Letteratura, potrebbe incidere sulla percezione della realtà da parte del Pubblico?
Un tempo effettivamente – un tempo risalente alla direzione generale di Bernabei o alla stagione di Sergio Zavoli per le grandi inchieste  – la tv di Stato si pose il compito di istruire il popolo ignorante, di elevarlo all’altezza che occorre per vivere nella complessità moderna.
Voi giovani non potete nemmeno immaginarlo.  Scuole elementari per adulti (il maestro Manzi) corsi di inglese, francese e tedesco con graziose professoresse (io stesso imparai il francese lì), grandi servizi scientifici e storici.
Sceneggiati come “Delitto e Castigo” di Dostojewski,  o “l‘Orlando Furioso”; o “la Gerusalemme Liberata”; racconti di Cekhov  letti da un grande  attore (Albertazzi),  pot-pourri di recitazione che andavano da Omero  ad Euripide, da Shakespeare  a Beckett  (Gasmann ne  Il Mattatore)  erano appuntamenti serali settimanali – a cui il popolo ignorante si appassionava, come oggi non si appassiona alle cialtronerie sporchellone e le troie che la cosca televisiva gli ammannisce, con la scusa  –  tipica della sinistra, che odia e disprezza il popolo –  che il popolo o non solo è ignorante ma anche volgare, e quindi è questo che vuole.
Ciò perché i volgari sono loro, e con la loro potenza hanno espulso ed espunto tutto ciò  – persone e programmi  – che li superava e, con la sua eccellenza, e metteva in luce la loro bassezza.
Ciò li rende  imperdonabili, perché responsabili dell’abbassamento del popolo italiano. Perché il popolo,. come una spugna, accetta il meglio se lo vede. Io stesso posso testimoniare di un “Orlando Furioso” a puntate, in versi di Ariosto, con la regia  sofisticatissima di Luca Ronconi, che appassionò mie vecchie zie di Toscana, di nascita contadine.

Basterà rinnovare i contenuti o occorrerà ripensare il “modus agendi” dei conduttori e presentatori? In altri termini, è possibile influenzare i telespettatori, oltre che con fake news anche con tono di voce, mimica facciale, uso di sinonimi con differente connotazione semantica e altri trucchi del genere?
Ovviamente i conduttori (“giornalisti” pagati 5 volte più dei normali giornalisti: è la prova che  non appartengono al mondo dell’informazione;  è la gente dello spettacolo ad essere pagata tanto) esercitano il tipo di abilità che dice lei, per questo sono “bravi” e pagati: interrompere l’avversario se dice una cosa intelligente, deriderlo con la mimica facciale, parlargli sulla voce, “mandiamo il servizio”, eccetera.

Che impronta darebbe alla Rai se fosse lei a poter decidere in modo autonomo?
Quello che manca a questo governo per migliorare la tv (e non solo) sono: squadre armate ai suoi [paradosso, ndr.], o (in mancanza) magistrati aderenti al progetto di miglioramento e rinnovamento dell’Italia – che facciano letteralmente paura a queste cosche (aggrappte e succhianti non solo in tv, ma in tutti gli apparati pubblici), le convincano a dimettersi (magari   con l’ausilio  di una   bevuta dei regolamentari due litro di olio di ricino), li tolga dal video, l’inquisisca – insomma li tolga dal potere (non solo televisivo) a cui si aggrappano con i denti e gli artigli di sciacalli che sono.
Penso a questo tutte le volte che sento e vedo uno di questi  parassiti arroganti  in tv dire che questo governo è “fascista”. Fosse fascista, loro sarebbero sul cesso  smaltire l’olio di ricino, o tremanti di paura chiusi in casa –  o all’estero a rifarsi una vita  come imbianchini.
Purtroppo questo governo, ogni giorno più deludente, con Salvini che canta in programmi tv, stappa bottiglie o addenta panini dicendo banalità, non fa paura. Fa solo pena e sempre più rabbia. Mentre gli avversari hanno perfettamente capito come usarlo.
Un governo che sfida l’Europa e non sa prendere il potere dei mezzi di comunicazione, della magistratura e della banca centrale, finirà assai male”.

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Maurizio Blondet, giornalista e conferenziere che ha collaborato a Genteil Giornalel’Avvenire e La Padania, sia come autore ma anche come inviato. E’ stato inviato speciale de Il Giornale (di Montanelli) , in seguito di Avvenire –  occupandosi delle guerre balcaniche e altri teatri di conflitto. ha contribuito al volume “Gli antenati insospettati della rivoluzione”, sulla “fabbricazione” artificiale del movimento della rivoluzione culturale (che ha mirato non tanto alla presa del potere, quanto alla sovversione dei costumi e della morale), “11 Settembre, colpo di stato in Usa”, “Chi comanda in America” e “Cronache dell’Anticristo”. Cura il blog Blondet & Friends.



Fonte secondaria: www.adriacola.altervista.com

domenica 16 dicembre 2018

Notizie dal mondo di sotto: "La grande accozzaglia si prepara al grande ritorno" (e storie da(l) Vecchio (in)Continente)


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Mentre in Italia,
  • Tolosa, a Marsiglia, a Bordeaux, a Saint-Etienne, migliaia di Gilet Gialli manifestano,
  • Lione, gridano “Macron Dimission” e gli automobilisti suonano il clacson in appoggio,
  • a Nantes, piovono lacrimogeni,
  • Narbonne, lanciano carta igienica contro la Prefettura,
  • Besançon, si susseguono scontri,
  • a Parigi, cantano con orgoglio la Marsigliese.

Il tutto, come se non bastasse, mentre, sempre in Italia, Lilli Gruberberg ospita Andrea Verzon, il fondatore del nuovo partito paneuropeo, Volt Europa (*) – “un movimento paneuropeo e progressista che propone un modo di fare politica nuovo e più inclusivo” - nato come “reazione al crescere del populismo nel mondo e alla Brexit” (sic, Wikipedia) e presente, nel giro di un solo anno di vita già in 33 paesi del vecchio continente…..azzz!!!

Se non hai capito come hanno fatto non fa niente. Però, mi raccomando: passaparola e, soprattutto salut’me a Soros!

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(*) “Volt è un movimento paneuropeo e progressista che propone un modo di fare politica nuovo e più inclusivo. Vogliamo portare un cambiamento reale a tutti i cittadini d'Europa. Un nuovo approccio paneuropeo serve a vincere le sfide presenti e future: cambiamenti climatici, diseguaglianze economiche, immigrazione, conflitti internazionali, terrorismo, l'impatto della rivoluzione tecnologica sul lavoro. Limitati dai confini e dalle divisioni, i partiti nazionali non sono in grado di affrontare queste sfide: è invece necessario che noi Europei iniziamo a lavorare tutti insieme, come un solo popolo. Essendo un movimento politico transnazionale, Volt vuole allora aiutare gli Europei ad unirsi per creare una visione e un sentire comuni, condividere buone pratiche e sviluppare nuove politiche, insieme. Un nuovo modo di fare politica, per un nuovo millennio…..con gli stessi figli di Troika  di sempre, sul ponte di comando, che creano e manovrano marionette!

Adriano Colafrancesco

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