Il sollievo
dell’apparato europeo e dei banchieri americani è visibile, palpabile. L’ascesa
impetuosa del populismo euroscettico e antiimmigrazionista si è fermata ad un
soffio dalla Presidenza della Repubblica Austriaca. Solita litania sul
buonsenso che ha prevalso sulla paura, sull’egoismo, su chi vuole costruire
muri, e così via coglioneggiando.
Ma – a ben guardare –
i poteri forti hanno ben poco da cantare vittoria. Ammesso e non concesso che i
risultati ufficiali siano veritieri (e vedremo più avanti che la cosa è
tutt’altro che pacifica), la progressione del FPO – il partito populista
austriaco – appare inarrestabile: dal 2002 ad oggi ha quintuplicato i suoi
voti, passando dal 10,1% del 2002 al 17,5% del 2008, al 20,5% del 2013, al
36,4% del 2016 (1° turno delle presidenziali), per toccare al 2° turno il
49,7%. Se tanto mi dà tanto, si può facilmente prevedere che questa
progressione sia destinata ad aumentare ancòra.
Per il momento –
considerando soltanto i voti “secchi” del 1° turno – il partito
“ultranazionalista” (in realtà si tratta di un partito di antica matrice
liberale) è saldamente al primo posto nella graduatoria elettorale, seguìto a
rispettosa distanza da un’alleanza fra indipendenti e verdi (21,3%) che al 2°
turno è stata poi irrobustita dal voto di tutti gli euroobbedienti. Maciullati
i partiti che rappresentano destra e sinistra “ufficiali”, cioè democristiani e
socialdemocratici, con buona pace di Berlusconi e dei “moderati” dell’universo
mondo.
Ma le sorprese del
voto austriaco non si fermano qui. Da un’analisi del voto del primo e
soprattutto del secondo turno, infatti, viene fuori un quadro particolarissimo
dei flussi elettorali: il candidato del FPO, Norbert Hofer, avrebbe prevalso in
tutta la provincia austriaca, mentre il candidato “grigio-verde” Van der Bellen
sarebbe in testa solamente a Vienna e nelle grandi città. Ancora: per Hofer
avrebbero votato in maggioranza i ceti popolari, mentre Van der Bellen sarebbe
stato preferito dalla borghesia conservatrice. Più nel dettaglio: per il
candidato “ultranazionalista” avrebbe votato l’86% degli operai austriaci. Di che far ammattire ogni onesto
studioso di sociologia politica.
Eppure, in Italia e
in Europa, l’eccezionalità di questi dati non sembra aver colpito nessuno.
Soprattutto nel campo delle sinistre (quella vera e quella “al passo coi
tempi”) che, anche di fronte all’evidenza, si rifiutano di ammettere che
l’immigrazionismo e il mondialismo comunque travestito danneggiano in primo
luogo i ceti deboli, gli operai, i contadini, i disoccupati, coloro che una
volta rappresentavano lo zoccolo duro del loro elettorato.
Scherzano col fuoco,
i “sinistri” nostalgici di un passato che non c’è più; così come i “destri”
rimasti fermi al “pericolo comunista”. Non capiscono, gli uni e gli altri, che
la misura è colma, e che i popoli europei stanno cominciando a reagire con
l’unica arma che hanno a disposizione, quella del voto. È solo questione di
tempo, di poco tempo; poi, i “moderati” di tutte le tinte e i complici
dell’invasione migratoria non riusciranno più a mettere insieme quei 30.000
voti in più che, ancora ieri in Austria, hanno consentito al “sistema” di
sopravvivere.
E, a proposito di
quei 30.000 voti, qualche parola va detta. Domenica sera, alla chiusura dei
seggi, Hofer era in vantaggio di 4 punti: 52% contro il 48% del rivale. Poi,
sorprendentemente, il voto per corrispondenza è risultato fortemente
sbilanciato in favore di Van der Bellen, che così ha totalizzato il 50,3%
contro il 49,7 di Hofer. Fermiamoci qui. E senza prendere in considerazione
errori e sviste di varia natura: come quello di certi collegi dove risultano
più voti che votanti.
Dunque, i voti
espressi per corrispondenza. Quanti sono stati? Secondo fonti ufficiali, sono state consegnate 740.000 schede di votazione
per corrispondenza, con una previsione di voti effettivi che non avrebbe dovuto
superare i 700.000. Invece – caso bizarro – i voti pervenuti alla commissione
elettorale sarebbero stati 760.000: ben più non soltanto dei voti previsti, ma
anche delle schede consegnate. Come mai? Nessuno ha ritenuto di dare una
spiegazione.
Poi c’è un altro
piccolo mistero: quello di 150.000 voti dichiarati nulli e perciò esclusi dal
conteggio. Nulla di strano; se non che, nel 1° turno, non v’è traccia di questo
robusto drappello di analfabeti del voto. Come se, fra il 1° e il 2° turno,
150.000 cittadini austriaci avessero disimparato a votare.
Sono tutti dati –
quelli che precedono – desunti da un dettagliato articolo apparso sul sito “Il
Sussidiario - Economia e Finanza”, da cui apprendo anche un altro particolare a
dir poco sorprendente. Stante l’esiguità del distacco fra i due contendenti,
lunedì sera il Ministro degli Interni austriaco aveva preannunziato il
riconteggio generale di tutti i voti espressi, dichiarando esplicitamente che i
risultati ufficiali sarebbero stati proclamati il mercoledì successivo. Poi, a
distanza di poche ore, lo stesso Ministro (o chi per lui) ha cambiato opinione,
e Van der Bellen è stato proclamato vincitore in diretta tv, con quei famosi
30.000 voti di distacco. Misteri della democrazia.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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