La democrazia, proprio come un essere vivente, pulsa in continuazione, si espande e si contrae incessantemente, come se respirasse. Corsi e ricorsi storici, in un divenire continuo che vede questa giovine sballottata da una parte all’altra, senza pace.
Il motivo di questo incessante cambiamento sta nel fatto che il “sistema sociale e politico” di una comunità può essere inclusivo oppure estrattivo (chiuso), ma è sempre una miscela delle due componenti in continua evoluzione.
Il primo è la democrazia dei sogni, con la garanzia dei diritti individuali, la libertà di scelta, le possibilità di partecipare attivamente alla vita pubblica.
Il secondo consiste invece in una ristretta élite che domina la grandissima maggioranza.
In questi ultimi periodi sono molti ad aver sviluppato una fortissima sensibilità verso il passato, e Antonio Gramsci è la figura che più di ogni altra ha riscosso interesse [Diego Fusaro ne ha parlato anche a NY].
Il dato oggettivo è che viviamo un periodo in cui si respira un’aria mai conosciuta prima (ai più), che la stragrande maggioranza immagina essere analoga a quella della crisi economica del ’29 con l’affermazione definitiva, in Italia, del Fascismo.
Per esempio il fatto che la J.P.Morgan sia dietro a Renzi e alle sue richieste di modifica della costituzione proprio per condurre verso il modello “estrattivo”, allarma molti di noi, visto che è lo stesso colosso bancario che finanziò Mussolini.
Quando mi imbattei nella crisi dei subprime di fine 2006 mi posi delle domande, perché le giustificazioni che ascoltavo alle TV e leggevo sui giornali non mi convincevano. E così iniziai a interessarmi di nuovo di politica, dal lontano ’68, e dopo qualche anno arrivai alla conclusione che un sistema civile ed evoluto avrebbe dovuto trovare difese sicure e invalicabili in norme ben fatte.
Constatavo che la degenerazione del “sistema” avveniva solo grazie a due fattori: (a) il mancato rispetto delle norme oppure (b) la riscrittura delle norme da parte di politici compiacenti ad uso e consumo dei loro sponsor.
Un altro aspetto ricorrente era che il mancato rispetto delle norme riguardasse quasi sempre soggetti molto potenti, con grande potere e mezzi, e non potenti organizzazioni criminali operanti su tutto il globo.
Le Marlboro suggerite da Gaber per distinguere la destra dalla sinistra erano solo un simpatico fuori campo.
La “destra” ha bisogno di manipolare le norme, e di non rispettarle, esattamente il contrario della “sinistra”.
Quindi, senza pretendere la perfezione, rinunciai al concetto di Giustizia, accontentandomi di molto meno e anche di molto più “umano”: Legalità. All’insegna di “chi si accontenta gode” coniai il marchio “Sinistra è Legalità”, chiedendo che venisse superata la visione schematica del “comunismo”, nel rispetto della proprietà individuale e del dinamico adeguamento delle soluzioni alle sempre più complesse realtà.
Proprio da quando ho iniziato a interessarmi di nuovo alla politica uno dei primi intellettuali in cui mi imbattei fu Guido Rossi, l’italiano più esperto sulla borsa. Quell’immane buco nero non mi piaceva. Tralascio i dettagli tecnici, dico solo che nel mio sogno di sinistra del XXI secolo Rossi sarebbe entrato a far parte dei padri fondatori, insieme a Chomsky, a Naomi Klein, e a tanti altri.
Ho narrato tutto questo perchè poco tempo fa mi sono imbattuto in Tomaso Montanari, su LA7, che difendeva con determinazione e ottima argomentazione l’autonomia delle belle arti dal mondo della politica.
Andai a informarmi e trovai che era vicepresidente di una meritevole organizzazione posta tra politica e urgenza di democrazia, chiamata “Libertà e Giustizia”.
Felice di imbattermi in una iniziativa che aspiravo io stesso ad avviare, scoprii che era stata fondata nel 2002 (quindi gli intellettuali hanno le antennine più sviluppate della gente comune) da Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Enzo Biagi, Umberto Eco, Alessandro Galante Garrone, Claudio Magris, Guido Rossi, Giovanni Sartori e Umberto Veronesi.
A parte Umberto Veronesi, che non apprezzo dal giorno in cui si pose come esperto di energia nucleare, smentito ignominiosamente dal disastro della centrale nucleare di Fukushima, rimasi colpito dal ritrovare Guido Rossi (il suo coinvolgimento nei casi dell’ILVA è obbligatorio, considerando la sua elevatissima professionalità nel settore delle grandi aziende).
Ma non è finita qui. Scopro che pochi giorni or sono, esattamente il 16 aprile 2016, diventa presidente di “Libertà e Giustizia” Nadia Urbinati. Titolare della cattedra di Scienze Politiche alla Columbia University di New York, collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il sole 24 ore e con il settimanale Left. Ma quello che mi ha conquistato è che ha pubblicato saggi su Carlo Rosselli.
Ed eccoci al ricorso storico. Per chi non lo sapesse Carlo Rosselli è stato il leader del movimento politico “Giustizia e Libertà” (le parole sono semplicemente invertite), di ispirazione liberal-socialista, fondato a Parigi nell’agosto del 1929 da un gruppo di esuli antifascisti.
Giovani ed entusiasti si dedicarono ad una opposizione attiva ed efficace al fascismo.
« Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere dei partiti e fondiamo un’unità di azione. Movimento rivoluzionario, non partito, “Giustizia e libertà” è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale. Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile. » (Carlo Rosselli)
Perse la vita per vicende legate alla Guerra civile spagnola, il 9 giugno 1937.
Chiudo questo viaggio nel passato ricordando il famoso “Partito d’Azione” che, dopo l’8 settembre 1943, rappresentò l’organizzazione politica a cui facevano riferimento i combattenti partigiani di “Giustizia e Libertà”. Tra gli altri aderirono Norberto Bobbio e Ugo La Malfa.
DI GIORGIO MAURI
Fonte: https://luciogiordano.wordpress.com/2016/05/31/cicli-e-ricicli/
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