Come trasformare uno degli scali aerei low cost più trafficati d’
Italia in un poligono sperimentale per i droni killer. Da quasi due
anni l’aeroporto di Trapani Birgi è utilizzato da un’azienda privata
straniera per testare nuovi velivoli senza pilota da esportare nei
principali teatri di guerra internazionali. Decolli e atterraggi ad
altissimo rischio per il traffico aereo passeggeri e spericolate
evoluzioni sulle teste delle decine di migliaia di abitanti delle città
di Trapani e Marsala e delle isole Egadi.
Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia nello scalo siciliano. Alle ore 13, un prototipo di aeromobile a pilotaggio remoto P.1HH “HammerHead” (Squalo martello) della Piaggio Aerospace è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio per la valutazione delle caratteristiche di ground handling.
Il drone ha terminato la sua corsa nel prato circostante la pista,
senza riportare danni di rilievo. La pista è stata temporaneamente
chiusa, il traffico civile è stato dirottato sull’aeroporto di Palermo
- Punta Raisi e gli sfortunati passeggeri hanno dovuto poi raggiungere
Trapani in bus.
“L’evento è accaduto durante un’attività realizzata nell’ambito del
programma di sviluppo e sperimentazione del sistema da parte della
Piaggio Aerospace, cui l’Aeronautica Militare sta fornendo supporto
tecnico-logistico a livello aeroportuale”, recita un laconico
comunicato delle autorità aeroportuali. “L’Aeronautica Militare e
Piaggio si sono attivate per rimuovere il mezzo e riaprire la pista nel
più breve tempo possibile, al fine di ripristinare il normale traffico
aereo militare e civile sulla base, così il traffico è ripreso alle
15.30 circa”.
Lo Squalo martello che si posiziona nella fascia alta dei velivoli a
pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance), è stato
progettato e realizzato negli stabilimenti Piaggio di Villanova d’
Albenga (Savona). Si tratta della versione senza pilota del bimotore P.
180, utilizzato in ambito civile e militare da numerosi paesi al mondo.
Con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota
di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. La missione è
gestita da una stazione di terra, collegata attraverso un centro di
comunicazione in linea di vista e via satellite. Il velivolo è stato
dotato da Selex ES (gruppo Finmeccanica) di torrette elettro-ottiche,
visori a raggi infrarossi e radar “Seaspray 7300” che consentono d’
individuare l’obiettivo, anche in movimento, fornendo le coordinate per
l’attacco aereo o terrestre, o colpendolo direttamente con missili e
bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a
500 kg di armamenti).
Nei mesi scorsi l’Aeronautica italiana ha firmato con Piaggio Aerospace
un contratto per l’acquisto di tre sistemi completi P-1HH con sei
velivoli a pilotaggio remoto e tre stazioni di controllo terrestre (la
consegna è prevista entro i primi mesi del 2016). I voli sperimentali
del prototipo dello Squalo martello sono però condotti a Trapani Birgi
dal novembre 2013, sotto la guida di un’équipe composta da tecnici di
Piaggio e Selex-Finmeccanica e dal personale del 37° Stormo dell’
Aeronautica di stanza nello scalo trapanese. L’ultimo ciclo dei test in
Sicilia era stato annunciato ai piloti di aeromobili lo scorso 29
gennaio con il NOTAM B0443/15: “dal 15 febbraio al 15 aprile 2015, l’
aerodromo potrebbe essere chiuso al traffico ogni giorno per 45 minuti
previa autorizzazione e contatto radar durante l’esecuzione delle
attività già preannunciate dal NOTAM W0191/15 (attività di velivoli
senza pilota)”. Due mesi interi, dunque - comprensivi di feste pasquali
- di pericoloso asservimento del traffico aereo civile per i profitti
finanziari di una società, Piaggio Aerospace, il cui capitale azionario
è in mano alla Mubadala Development Company, la società di investimenti
strategici del governo degli Emirati Arabi Uniti.
L’aeroporto “Vincenzo Florio” di Trapani Birgi è classificato come
“scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base
(DOB)”: sostiene cioè i “rischieramenti temporanei” di velivoli da
guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente
2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a
determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37°
Stormo dell’Aeronautica militare, il 18° Gruppo di volo dotato di otto
caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon per la
sorveglianza dello spazio aereo mediterraneo e l’82° Centro CSAR
(Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con
compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto
sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani
Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A
AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early
Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui
comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania).
L’infrastruttura siciliana è stata una delle basi più utilizzate dalla
coalizione internazionale per le operazioni di guerra in Libia, dal 19
marzo al 31 ottobre 2011: stando alle stime ufficiali, la NATO ha
lanciato da Trapani quasi il 14% dei raid aerei contro obiettivi
libici. Il conflitto ha comportato lo stop del traffico aereo civile
per undici giorni di seguito, con effetti pesantissimi sull’economia e
il turismo nella Sicilia occidentale. A quattro anni di distanza, il
governo Renzi ha autorizzato l’esborso di una “prima” tranche di 5
milioni di euro a favore della società mista che gestisce lo scalo
trapanese, come parziale risarcimento dei mancati guadagni durante la
guerra alla Libia. Nel 2014 da Birgi sono transitati 1.598.571
passeggeri: donne, uomini e bambini ignari che un manipolo di militari
e costruttori di droni testavano i futuri strumenti di distruzione di
massa mettendo seriamente a rischio le proprie vite.
Antonio Mazzeo
(Fonte: http://www.ildialogo.org/)
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