domenica 1 gennaio 2012

2012 - Considerazioni a margine del discorso di Giorno Napolitano, per il nuovo anno...



Considerazioni a margine del messaggio di Giorgio Napolitano

Ho ascoltato ieri sera (31 dicembre 2011) con attenzione il discorso del nostro Presidente Giorgio Napolitano. Era il sesto del suo settennato. Dicono il più difficile. L'attuale presidente della Repubblica italiana è uno dei pochi statisti “partoriti” dal nostro paese. Si contano sulle dita. Einaudi, De Gasperi, La Malfa, Moro e Ti fermi lì. Ho vissuto abbastanza per esserne stato testimone diretto. Giorgio Napolitano viene dalle file dell'ex PCI, partito nel quale ha sempre militato nell'ala moderata più attenta ad inserirsi nelle istituzioni repubblicane che a vagheggiare rivoluzioni di tipo bolscevico.
In questi sei anni di presidenza ha recitato un ottimo ruolo di moderatore della chiassosa vita politica italiana. Sull'esempio di Pertini e Ciampi, che lo hanno preceduto, ha deliziato le orecchie dei politici di casa nostra di esortazioni e richiami al loro dovere di essere al servizio della collettività ma, come nel caso dei suoi precedessori, è rimasto inascoltato. Vox clamans in deserto!
Il 2011 è stato l'anno della svolta, constatato che le prediche non servono a niente, sia quelle dirette alla destra che quelle dirette alla sinistra, ha preso al volo la situazione offertagli ai cosiddetti “mercati”, ed è passato all'azione.
Costituzionalmente parlando non ne avrebbe avuto i poteri ma, approfittando del vuoto di politica del governo in carica presieduto da Berlusconi e della incapacità della sinistra di proporre soluzioni credibili per convincere l'Europa, è passato all'unica azione sostitutiva che gli era consentita dalla costituzione. Ha nominato senatore a vita Mario Monti e, ottenute le dimissioni di Berlusconi, che non sapendo che pesci prendere perché reso impotente dai suoi stessi alleati leghisti e non volendo prendere provvedimenti che lo avrebbero fatto apparire una specie di spergiuro, ha dato incarico allo stesso Monti di varare un governo fatto di persone non impegnate direttamente in politica.
Un' azione di ingegneria politica, degna della migliore tradizione italiana, comunque inattaccabile dal punto di vista costituzionale.
Si è trattato di una vera e propria rivincita della politica delle prima repubblica nei riguardi dei pasticcioni della seconda che, tra demagogia, populismo, promesse non mantenute, buffonate, affaracci propri ed altro, hanno trascinato l'Italia nel baratro del possibile default. Più sonora, la rivincita, perché a licenziare Berlusconi e mettere la parola fine al berlusconismo di maniera è stato prprio un odiato ex comunista, spauracchio agitato dal 1994 ad oggi dal più inconcludente degli uomini politici del mondo, il cosiddetto Cavaliere (il 2°), il primo fu Benito Mussolini.
Ma detto questo purtroppo non basta. Anche perché il governo Monti non dipende solo da Napolitano. Deve andare a cercarsi la fiducia in Parlamento per ogni provvedimento che vorrà adottare. Una bella scommessa perché in Parlamento ci sono gli stessi pasticcioni che hanno creato tutto il casino di oggi.
Napolitano ieri sera ha ripetuto le linee guida dell'azione di un governo che conduca l'Italia fuori dal baratro. Monti ha dichiarato subito che sono delle buone indicazioni. E allora?
Ora ci vuole un atto di vero coraggio. Nel varo della prima trance del decreto salva-Italia Monti ha dovuto andarci piano per le opposizioni dei due grandi gruppi parlamentari che lo sostengono, PDL e soci e Pd e soci. E' riuscito per ora solo a mettere più tasse al ceto medio. Niente provvedimenti per lo sviluppo, niente liberalizzazioni e niente tassazione delle rendite, dove si nasconde l'evasione più corposa. Niente provvedimenti contro la gestione fasulla dei bilanci delle società, attraverso i quali si perpetrano le più eclatanti rapine nei riguardi del fisco. Provvedimenti questi che governi guidati da uomini di partito non hanno mai voluto prendere, anzi li hanno varati.

E allora per rendere concreto l'appello di Napolitano il governo Monti ha una sola strada, quella di osare, stanare i partiti in Parlamento, costringerli a prendersi le loro responsabilità. Se non lo farà ancora una volta l'appello di Napolitano suonerà come una ulteriore vox clamans in deserto.

Il PDL ed il PD allo stato delle cose non possono permettersi di far cadere il governo Monti. Chi dei due lo dovesse fare perderebbe subito le elezioni che Napolitano sarebbe costretto ad indire. Se poi votassero contro tutti e due, se ne avvantaggerebbe l'IDV di Di Pietro che oggi grida al lupo, ma che apparirebbe come l'unica forza politica credibile.

Ancora una volta quindi il presidente della Repubblica si trova ad indicare, a guidare, ma non dipende la Lui. Ora dipende da Monti che deve dimostrare di essere allo stesso livello di Napolitano e se non proverà a realizzare quanto va dichiarando da quando ha accettato di formare il suo governo non solo screditerà la sua figura, ma renderà anche un brutto servigio al presidente della Repubblica che ha avuto fiducia in Lui. Se non lo farà, allora saremo anche autorizzati a pensare che alle sue spalle ci sono quei poteri forti di cui molti sospettano.
E non bisogna avere paura di osare, la grandezza degli uomini politici si misura soprattutto dal coraggio e dalla coerenza delle proprie azioni concrete. Berlusconi ha fallito su questo piano.
Buon Anno Napolitano, Buon anno Monti e Buon anno a tutti i lettori.

Gianfranco Paris

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