Giuseppi
II non sa piú dove sbattere la testa per allontanare il pericolo di
una detronizzazione. Tutto sembra congiurare contro di lui, al punto
che Giggino o’ Guaglione ha fatto trapelare la notizia di un suo
incontro con Mario Draghi. Come a dire: anche senza Conte, i Cinque
Stelle hanno una carta di riserva per evitare le elezioni anticipate.
Ma
Giuseppi non molla, pronto a inventarsi di tutto pur di non
schiodarsi dal trono. La sua ultima trovata è quella di ricorrere ad
un prolungamento (annunciato) di altri sei mesi dello stato
d’emergenza per una epidemia che é ormai agli sgoccioli, con
manifestazioni sempre piú tenui, con indici di contagio sempre piú
bassi. Una epidemia perfettamente sotto controllo. A patto,
naturalmente, che si adotti un minimo di prudenza.
E,
quando parlo di prudenza, non mi riferisco tanto alle misure previste
per i singoli cittadini (mascherine, distanziamento sociale,
eccetera), quanto soprattutto alle
misure che lo Stato ha il dovere di prendere e che non ha preso.
La
prima di queste misure dovrebbe certamente essere la chiusura delle
frontiere agli ingressi di stranieri che siano potenzialmente
infetti. Non mi riferisco certo ai turisti europei, ma a quella massa
enorme di migranti extracomunitari che prendono d’assalto le nostre
frontiere. Gli sbarchi crescono a ritmi impressionanti. Dalla Libia
funziona regolarmente il servizio-taxi delle navi ONG che vanno a
prelevare i migranti in acque libiche per portarli in Sicilia. Ma
funziona adesso a pieno regime anche la rotta artigianale tunisina,
mentre tutti i nostri confini orientali – terrestri e marittimi –
sono ormai violati regolarmente da un’immigrazione illegale e del
tutto fuori controllo.
Non
sono “profughi”: quelli sono accampati ai confini delle loro
patrie, pronti a tornare ai paesi d’origine non appena la
situazione lo permetterá. Sono “migranti economici”, che vengono
qui da noi in cerca di migliori condizioni di vita, e che noi non
siamo affatto tenuti – neanche dal punto di vista morale – ad
accogliere.
Che
l’Italia sia diventata la Mecca della “accoglienza” lo sanno
ormai ai quattro angoli del mondo; e dai quattro angoli del mondo
arrivano qui a frotte. Anche dalle zone a più alta concentrazione di
coronavirus, quali in questo momento sono quelle dell’Asia
meridionale.
Il
governo giallo-rosso tace (e acconsente). Ogni tanto, quando certe
situazioni superano ogni livello di guardia, prendono qualche
provvedimento-tampone, di quelli che risolvono poco o niente ma che
vengono rilanciati con grande clamore da giornali e televisioni.
Ultimo, in ordine di tempo, quello di chiudere gli aeroporti ai
passeggeri provenienti dal Bangladesh. Era trapelata la notizia che
molti viaggiatori in arrivo da Dacca fossero risultati affetti da
Covid-19, e c’era un forte allarme nell’opinione pubblica. Cosí,
un centinaio di bengalesi sono stati rispediti indietro, e stessa
sorte hanno subíto quanti avevano alzato l’ingegno, facendo prima
scalo in Qatar.
Se
nonché, mostrati i muscoli con chi arrivava in aereo (e quindi era
probabilmente in posizione regolare), nulla é stato fatto per i
moltissimi altri arrivati illegalmente dal Bangladesh, dal Pachistan,
dall’Afganistan. É stato calcolato, per esempio, che i clandestini
bengalesi in Italia siano 1.300. Qualcuno li ha mai controllati?
E,
a proposito di bengalesi (o di pachistani, o di altri asiatici),
qualcuno sa dire per quale dannato motivo attraversino mezzo mondo
per venire in Italia, mentre a due passi da loro ci sono i confini di
alcuni degli Stati più ricchi e progrediti del mondo? Penso al
Giappone, alla Corea del Sud, a Singapore; per tacere dell’immensa
Cina, paese in veritá un po’ arcaico ma con un PIL che galoppa
(anche col Covid) a ritmi che in Europa sono impensabili. Risposta:
perché Cina, Giappone ed altri hanno classi dirigenti raziocinanti,
che perseguono il bene delle proprie popolazioni e che non si sognano
nemmeno di giocare a fare i benefattori dell’universo mondo.
Ma
lasciamo stare il teatro internazionale e torniamo al teatrino di
casa nostra. Torniamo a Giuseppi e al suo Richelieu in sedicesimo (mi
perdonino le anime dei Tre Moschettieri). Dunque – udite udite –
ecco l’ultima alzata di genio del Conte Tacchia: chiedere il
prolungamento dello stato d’emergenza per una pandemia che qui da
noi non c’é piú. É rimasta una circoscritta epidemia
(cosa ben diversa da una pandemia),
con numeri modestissimi, che sarebbero addirittura risibili se non
fossero alimentati dal flusso ininterrotto di migranti illegali;
flusso che – guarda caso – Giuseppi e compagni non si sognano
nemmeno di interrompere. Anzi, hanno scelto proprio questo momento
per tentare la spallata finale ai tanto vituperati “decreti
Salvini”.
Che
la richiesta di un supplemento di emergenza sia una mossa strumentale
mi sembra evidente. E a dimostrarlo basterebbe un semplice raffronto
con un paese a noi vicino, la Francia. Ebbene, secondo quanto
apprendo dalla rete, il 10 luglio in Francia c’erano 7.092
ricoverati per coronavirus (in Italia erano 844), di cui 496 in
terapia intensiva (65 in Italia). Eppure, in Francia il governo ha
decretato la fine dello stato d’emergenza proprio per il 10 luglio.
La stessa data – ironia della sorte – in cui il capo del governo
italiano faceva sapere di voler chiedere il prolungamento per altri
sei mesi dello stato d’emergenza.
Non
aggiungo altro. I numeri parlano da soli. Lascio all’intelligenza
dei lettori l’immaginare quali possano essere i motivi reali di
questa nuova puntata del Grande Fratello.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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