giovedì 12 luglio 2012

La fine del mondo può attendere... (almeno fino al 2100)

Preghiera - Dipinto di Franco Farina

Collasso della biosfera, estinzione di tutte le specie viventi, il Pianeta Terra ridotto a una roccia priva di una qualunque forma di vita. La previsione che immagina tale scenario non nasce nella testa di qualche indovino ma nel Centro di ricerca della Simon Fraser University (SFU) di Vancouver dove 18 scienziati si sono confrontati, cifre e dati alla mano, su modelli e scenari in quel mirabolante esercizio che è la futurologia. Lo studio pubblicato su Nature ha il titolo molto scientifico e per nulla apocalittico di Approaching a state-shift in Earth’s biosphere. Ma le analisi contenute non sono poi così rassicuranti: la degradazione generale della natura e degli ecosistemi, i cambiamenti climatici e più in generale il cambiamento radicale del bilancio energetico globale giungeranno a un punto di non ritorno e diverranno irreversibili.

Arne Moers che ha diretto il gruppo di ricerca spiega:

L’ultimo punto di cambiamento nella storia si è avuto 12mila anni fa ossia l’epoca in cui il Pianeta è passato dall’era glaciale a quella attuale denominata interglaciale. I cambiamenti biologici più estremi sono iniziati da circa 1000 anni: è stato come passare dall’essere neonato a adulto in 1 solo anno. Il Pianeta è in una fase di cambiamento ancora più veloce di come la immaginiamo. Ora un sistema non può passare da uno stato all’altro senza che vi siano conseguenze. Il Pianeta non ha memoria dei suoi stati precedenti e il prossimo cambiamento potrebbe essere devastante. Se una soglia viene superata non vi è possibilità di tornare indietro. La soglia critica potrebbe essere l’uso del 50% delle risorse terrestri dal momento che il 43% è stato già sfruttato.

Inutile dire che i risultati della ricerca sono oggetto di pesanti critiche. Denuncia la banalità dello studio Aaron Ellison, esperto delle dinamiche legate alla biodiversità e ai cambiamenti climatici presso l’Università di Harvard che sottolinea che lo scenario è ben conosciuto; quel che resta da capire è in che direzione andrà il Pianeta considerata la velocità con cui si attuano questi cambiamenti. Brad Cardinale della University of Michigan trova che la ricerca sia certamente suggestiva ma che solo il tempo fornirà le risposte necessarie.

Certamente non è la prima volta che si fanno previsioni del genrere, tuttavia questo studio si differenzia dai precedenti per l’originalità dei metodi utilizzati. La diversità di fonti e la diversità dei modelli, nonché le prove paleontologiche per la prima volta, convergono nell’indicare l’imminente distruzione del nostro pianeta.

Di fatto le soluzioni per evitare di giungere al punto di non ritorno ci sono e sono anche state individuate dai 18 scienziati:

- Ridurre drasticamente la pressione demografica;

- Concentrare le popolazioni in aree già abitate e lasciare che gli altri territori ritrovino il loro naturale equilibrio;

- Livellare il tenore di vita delle persone più ricche sulle popolazioni più povere;

- Sviluppare una nuova tecnologia per produrre e distribuire le risorse alimentari proteggendo il suolo e la fauna selvatica.

Mariella Dipaola (Uomo Planetario)

(Fonte primaria: www.ecoblog.it)

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