venerdì 16 marzo 2018

Di Maio si vive... (o si muore?) - Giggino for president



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«Un governo senza di noi – tuona Giggino O’ Guaglione – sarebbe un insulto alla democrazia.» Certo, è agevolato dal fatto che la frase non richieda il congiuntivo; ma in questo caso l’errore è nella sostanza, non nella forma.
Di grazia, ci spieghi il favorito di Casaleggio junior perché mai sarebbe un insulto alla democrazia fare un governo senza un partito che rappresenta il 31,74% dell’elettorato; anzi, di quella parte di elettorato (poco più del 70%) che è andato a votare.
Già, perché a conti fatti non è per nulla vero che i Cinque Stelle abbiano vinto le elezioni del 4 marzo. Hanno, si, preso più voti del previsto, ma sono arrivati nettamente secondi, dopo il Centro-destra (che ha preso il 37,10%) e prima del Centro-sinistra (23,55%); fuori concorso il LEU di quel simpaticone di Pietro Grasso (3,47%).
Una corretta analisi del voto, quindi, non può prescindere dalla esatta valutazione di questi dati: i Cinque Stelle hanno avuto un innegabile successo, non la vittoria. Per la differenza fra “successo” e “vittoria”, si rimanda ad una semplice consultazione di un qualunque dizionario della lingua italiana.
Seconda valutazione: i Cinque Stelle non sono cresciuti dappertutto, ma quasi dappertutto. Dove quel “quasi” si riferisce, per esempio, ai comuni di Roma e di Torino, dove sono andati indietro circa del 5%. La qualcosa significa che, dove i grillini sono stati messi alla prova, l’elettorato si è ben guardato dal premiarli. Anzi, ha cominciato a punirli.
Orbene, se tanto mi da tanto, quale dovrebbe essere, oggi, l’atteggiamento delle altre forze politiche di fronte ad un Giggino arrembante che minaccia sfracelli nel caso non venga incoronato Presidente del Consiglio? Io gli direi semplicemente: accomodati. Non sembri un paradosso. Sarebbe anche di facile realizzazione. Basterebbe che il Centro-destra non partecipasse al voto per la fiducia al nuovo governo (una “astensione tecnica”), ed i Cinque Stelle avrebbero automaticamente la maggioranza. Dopo di che, dovrebbero dimostrare cosa sono in grado di fare, dal reddito di cittadinanza in giù.
Il Centro-destra dovrebbe limitarsi a sorvegliare che i grillini non facciano troppo danno: soltanto quel “minimo sindacale” che serva a metterli alla prova. D’altro canto, il coltello dalla parte del manico lo terrebbe sempre la coalizione vincitrice: basterebbe ritornare a votare in aula, fare venir meno la “astensione tecnica”, e Giggino e tutto il suo governo stellare si ritroverebbero, dall’oggi al domani, col sedere per terra. Questo, naturalmente, non per l’intera legislatura; ma soltanto per un annetto, o giù di lì, il tempo strettamente necessario per farli apparire per quello che realmente sono: un bluff colossale.
Ci pensino Salvini e i suoi. Questo è l’unico modo per archiviare una volta per tutte la pratica di Casaleggio, Grillo e compagni: dimostrare che non sono capaci di governare. Diversamente, se si mette insieme una qualche maggioranza rabberciata e dequalificata, Giggino O’ Guaglione potrà sempre dire che «se fossimo andati al governo noi...». E – state tranquilli – troverà sempre qualcuno disposto a credergli.

Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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