Un contributo alla comprensione può venire dalle ultime vicende:
- La Regione Toscana nell’aprile 2015 firma un protocollo d'intesa con l’ ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) e la Ferrero Trading Lux Sa con sede in Lussemburgo, che favorisce l’incremento di 5 mila ettari di coltivazioni a nocciolicoltura entro il 2020.
- La Regione Piemonte il 30 Maggio 2015 sottoscrive un accordo con la Ferrero Hazelnut Company e l’ISMEA per la realizzazione di ulteriori 5 mila ettari di terreno a nocciolicoltura.
- La Regione Lazio il 13 Maggio 2015 firma un accordo con l’ISMEA e la Ferrero Trading Lux S.A. per la realizzazione di nuove coltivazioni a nocciole su 10 mila ettari, circa 5 milioni di piante di nocciole nel viterbese.
Le tre Regioni Piemonte-Toscana-Lazio (ma anche altre Regioni fra le maggiori produttrici Campania e Sicilia potrebbero essere interessate all’ampliamento della noccioli coltura) con questi accordi pianteranno alberi di nocciolo su 20 mila ettari, circa 10 milioni di piante, e inseriranno nei loro Piani di sviluppo rurale PSR 2014-2020 finanziamenti appositi, sosterranno e incentiveranno il comparto; l’Ismea metterà a disposizione le proprie competenze nella progettazione delle azioni e nella realizzazione dei progetti, la Ferrero si renderà disponibile a cooperare supportando la ricerca, la formazione e lo sviluppo della corilicoltura anche tramite la stipula di contratti di fornitura di medio e lungo termine con gli agricoltori.
Nel Lazio la parte interessata è il viterbese, dove già insistono moltissimi terreni coltivati a noccioli.
Dopo i Piani integrati Mediterranei finanziati dalla Unione europea che hanno portato allo sviluppo della nocciolicoltura in tutto il viterbese, un nuovo progetto inserito nel PSR (Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Lazio) che prevede il sostegno all’ampliamento della coricoltura con fondi pubblici ed europei, per “indirizzare gli investimenti alle priorità chiave per la crescita”, ma anche nel segno della “sostenibilità ambientale”.
Il progetto si sviluppa in più fasi:
- servizi di formazione e assistenza tecnica per gli agricoltori;
- sviluppo di forme di cooperazione e aggregazione all'interno della filiera e di un settore vivaistico che assicuri la produzione di piante di qualità;
- strumenti d'incentivazione regionali, nazionali e comunitari, informazione, formazione e promozione dell'utilizzo degli strumenti economico-finanziari di Ismea;
- creazione di nuove aziende e riconversione delle esistenti.
Tutto ciò nei produttori di nocciole della Tuscia procura una nascente preoccupazione, per:
- l’aumento della produzione nazionale e mondiale con nuovi Paesi che da importatori sono divenuti produttori Australia, Argentina, Olanda, Cina, Corea;
- la concorrenza della Turchia che immette sul mercato grande quantità di prodotto;
- la possibilità per l’industria dolciaria di approvvigionarsi a prezzi che la stessa stabilisce.
Grande preoccupazione desta anche nella popolazione. Sarà davvero ricercata la sostenibilità ambientale oppure ci sarà ancora il tentativo di nascondere la realtà, così come si è verificato per i danni provocati dal metodi coltivazione esistente?
Come fugare queste preoccupazioni ?
Il metodo giusto c’è, ma va perseguito seriamente. Occorre puntare sulla qualità, anziché favorire l’affermazione della quantità del prodotto, anche perché il prodotto è quasi interamente destinato all’industria dolciaria, che giustamente dovrebbe imporre l’assenza di difetti fisici e precise caratteristiche morfologiche e fisico-chimiche.
Vanno, allora, revisionati i procedimenti adoperati per la coltivazione e abbandonata la chimica in agricoltura, puntando decisamente verso il biologico. Solo così si eviteranno i disastri ambientali e si tutelerà la salute della gente.
Alcune aziende agricole biologiche dell’agro falisco e l’ordine dei geologi del Lazio hanno ben compreso la gravità della scelta e si adoperano nel tentativo di far comprendere che tale invasioni vanno regolate e disciplinate; assieme ad alcuni Comuni del basso viterbese e il Biodistretto lavorano alla redazione di regolamenti restrittivi per l’utilizzo dei fitofarmaci nelle nuove piantagioni e chiedono a gran voce di convertire l’agricoltura chimica in biologica con l’abbandono delle dannose, in tutti i sensi, monocolture e il ritorno alla policoltura.
Preoccupa, quindi, per gli aspetti sociali, ambientali ed economici sopra richiamati, l’esultanza dell’assessore all’agricoltura della Regione Lazio Sonia Ricci : “ Il 27% di tutte le nocciole che si producono in Italia, sono concentrate in una zona bellissima, che è Viterbo. Si vuole mettere intorno ad un tavolo anche piccoli produttori per dar loro un futuro in questo settore”.
Come possono, infatti, definirsi bellissimi i campi ben recintati dove è meglio che non entri nessun animale, sia esso uomo, cinghiale, uccello o scoiattolo, perché abbondantemente irrorati da diserbanti e concimi chimici ? Quale futuro si offre ai piccoli produttori?
A nostro parere si offrono vantaggi momentanei, estremamente costosi per la collettività tutta, anche perché nel tempo si riveleranno dannosi per la salute di produttori e cittadini.
Quali sono, infatti, gli aspetti positivi dello sviluppo maggiore della monocoltura delle nocciole nei laghi di Vico e Bolsena, nei cui comprensori sono progettati altre centinaia di ettari?
Anche il lago di Bolsena diverrà come il lago di Vico, definito “malato in coma” proprio a causa delle monocoltura della nocciola?
Il disastro ambientale del lago di Vico, che potrebbe divenire irreversibile, dovuto specialmente all’uso incontrollato di fertilizzanti e di fitofarmaci, che aumentano l’eutrofizzazione e l’inquinamento, compromettendo la salute della popolazione, va fermato. Occorre per questo l’impegno concreto delle associazioni ambientaliste, dei cittadini e delle istituzioni.
“L’uso massiccio di fertilizzanti azotati, che poi, a causa delle piogge, si sono riversati nel bacino lacustre, comporta l’aumento di queste sostanze nocive nelle acque” così afferma il prof. Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia al Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell’Università della Tuscia, che da più di 20 anni studia lo stato di salute del Lago di Vico.
Lago di Vico – Dopo la pioggia
Poco ascoltati i suoi appelli e gli appelli fatti in numerosi convegni da molti medici e ambientalisti, richiedenti l’intervento delle istituzioni perché fosse invertito l’andazzo dello scarica barile delle responsabilità e soprattutto si ponesse fine all’inquinamento sistematico del lago ed infine si bloccasse la distribuzione di acqua avvelenata alla popolazione. Acqua che a causa delle microcistine cancerogene rilasciate dalla Planthotrix rubescens o Alga Rossa, oltre che per l’arsenico dovrebbe essere utilizzata esclusivamente per lo sciacquone. ( 1 Protezione civile Sicilia )
Acqua dichiarata dalla ASL e dalle ordinanze dei Sindaci non potabile, ancora immessa nelle condutture dei Paesi di Caprarola e Ronciglione, dopo impianti filtranti costati enormemente alla collettività.
Nonostante gli studi portati alla conoscenza di cittadini e istituzioni, inchieste giornalistiche, esposti e denuncie alla magistratura, interpellanze all’Unione Europea, interrogazioni parlamentari, si vuole ancora continuare l’opera distruttiva del lago di Vico e a distribuire questa acqua alla popolazione ?
Lo stesso PUA tanto sbandierato come risolutore dei problemi del lago, riteniamo invece abbia accentuato un modo di fare, che non ha permesso e non permette controlli sulle quantità utilizzate di prodotti chimici.
Il PUA (Piano di Utilizzazione aziendale) progettato dal Comune di Caprarola e fatto proprio anche dal Comune di Ronciglione, dobbiamo dirlo chiaramente, è una presa in giro delle popolazioni che ancora attendono la tutela piena del lago e la difesa della loro salute.
Perché la Regione Lazio, nonostante le nostre richieste, ancora non rivede la delibera che ha permesso la formazione del PUA in un comprensorio dove sono vietate per legge le immissioni nelle acque di sostanze inquinanti, proprio perché da utilizzare come potabili?
La legge R.L. n. 539 del 2/11/2012 BUR n.67 pag 215, è infatti un’assurdità giuridica perché mentre individua le aree di salvaguardia ambientale in tutta la conca del lago, al punto 6/3 permette di continuare l’uso di diserbanti e concimi chimici, attraverso i PUA. La qualità delle acque del lago di Vico da allora è peggiorata e documenti dell’Istituto Superiore di Sanità lo certificano, e nonostante ciò ne viene permessa la utilizzazione per le produzioni agricole, per l’abbeveraggio degli animali e la distribuzione nelle abitazioni di Ronciglione e Caprarola, sebbene siano in vigore le ordinanze di non potabilità.
L’ampliamento dei terreni per la monocoltura delle nocciole, è quindi un intervento che si inserisce in un ecosistema già compromesso, che andrebbe invece tutelato, per farlo tornare ad essere sano, oltre che bellissimo.
Fermare l’eutrofizzazione dovrebbe essere il pensiero preminente delle istituzioni. La perdita di beni ambientali danneggia enormemente il turismo e il valore del patrimonio immobiliare. Questo quanto è accaduto per il Lago di Vico.
Finanziare allora l’impianto di altri noccioleti è quindi una scelta fatta “nel segno della sostenibilità ambientale”?
In zone protette come sono i laghi viterbesi Vico e Bolsena, tale scelta dimostra al contrario, che nella programmazione di interventi nell’agricoltura, vengono tenuti di poco conto i principi di tutela ambientale.
Mantenere in salute l’ambiente, le falde idriche, le acque di fiumi e dei laghi, la loro flora e fauna, difendere la salute e l’economia delle popolazioni e degli operatori economici questo dovrebbe essere il compito delle istituzioni. Sono queste le scelte che debbono essere fatte se si vuole veramente il bene della gente ed in particolare delle generazioni future.
Raimondo Chiricozzi
Referente Prov. Viterbo AICS AMBIENTE
Referente Prov. Viterbo AICS AMBIENTE
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