Paolo D'Arpini in una delle ultime recite in piazza a Calcata
Nel corso degli anni vissuti a Calcata ho goduto immensamente nello sviluppare forme immaginarie di ciò che Calcata potesse rappresentare per ognuno di noi, nuovi venuti e vecchi abitanti del luogo.
E questa immaginazione assunse spesso la forma di "spettacoli" all'aperto, potevano essere mostre d'arte in piazza, concertini improvvisati e soprattutto recite e performances di vario genere.
Vi ho già raccontato della mia esperienza teatrale con i Vecchi Tufi e poi con il Teatro Cinabro. Questa passione per il teatro fu l'ultima a tenermi legato a Calcata. Fino a pochi giorni prima di andarmene recitai... E sembrava che dovessi continuare a farlo sempre poiché se qualcuno mi chiedeva “Ma è vero che te ne vuoi andare da Calcata?”
Ed io rispondevo schernendomi… “Beh, chissà, può darsi di sì o può darsi di no..". Ed in realtà il giorno che assieme a Caterina, che era venuta a prendermi, lasciai Calcata non lo dissi a nessuno, me ne partii alla chetichella come se dovessi andare semplicemente al paese nuovo a bere un cappuccino. Ed infatti così facemmo, andammo su al baretto in piazza e bevemmo il cappuccino e poi proseguimmo per Treia come se nulla fosse...
In verità ormai per me Calcata era diventata un luogo invivibile, una specie di Sodoma e Gomorra, ma la gente mi vedeva come immerso in un mondo fantastico…. con addosso il marchio “Calcata”, dove poter litigare, arrabbiarsi ma alla fine dove è tutto un teatro… Un luogo che sarebbe piaciuto a Caravaggio …
Questa premessa -per associazione di idee- mi ha ricordato dell’esperienza di un altro attore calcatese, uno che ci provò professionalmente. Si chiamava Mauro Cremonini. Pensate che si vendette la casa di Calcata ed anche un locale in cui oggi c’è un baretto, per finanziarsi un paio di spettacoli a Roma in cui egli recitava da attore principale. Sperando di aver successo. Gli organizzai anche un paio di recite al Circolo, in cantina, invitando critici e giornalisti…
Rileggendo un articolo che avevo pubblicato sul Paese Sera (credo nel 1990) mi sono accorto di quanto ci fosse del vero in quella storia, in cui (come al solito) mi ero inventato una similitudine per via di un mio desiderio di parlar male di un oste calcatese che un giorno mi aveva scacciato dalla sua bettola…
Infine Mauro dovette andarsene da Calcata, povero in canna, e finì a recitar poesie ed insegnare recitazione in quel di Udine, dall’amico Sergio De Prophetis che lì gestisce un centro naturista.
Ecco uno stralcio dell'articolo:
Mauro Cremonini ricorda i particolari degli avvenimenti che l’hanno ispirato a mettere in scena alcune importanti pieces. L’ispirazione ha sempre una sua radice nella vita di ogni giorno di questo piccolo Centro Mondiale che è Calcata.
“Proprio vivendo qui – ha confidato Cremonini -ho delineato alcuni dei miei personaggi. La cosa iniziò quando decisi di andare in scena con “La vita del Caravaggio, emblematica figura che sconvolse i canoni artistici del suo tempo rivoluzionando la pittura del ‘600. Una notte mi trovavo all’ingresso del Borgo e intravidi nel buio un paio di uomini che scendevano dalla Bocchetta.
Nel buio erano irriconoscibili, le voci impastate dall’alcool.
Avvicinatomi riconobbi due abitanti del paese, uno era un oste con il fiasco in mano e l’altro un avventore che si trascinava alticcio, andavano a finire la serata chissà dove. A quel punto, un po’ per l’atmosfera antica un po’ per il loro vociferare convulso, mi venne in mente la Roma del ‘600, che non doveva certo essere dissimile da questa scena di Calcata.
Da qui l’ispirazione a recitare Caravaggio che, avvezzo com’era a girar per bettole miserabili, avrebbe senz’altro individuato in quei due gli “sgherri” da collocare nella crocifissione di Pietro o i “fustigatori” del Cristo alla colonna. Per i due beoni non erano certo trascorsi secoli e questa “finestra temporale” mi aveva aperto gli occhi sul misterioso mondo del Caravaggio”
Bene anche questo pezzetto di memoria è stato raccattato per il divertimento dei posteri...
Ciao Calcata, Paolo D'Arpini
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