domenica 23 ottobre 2011

Piansano (Viterbo) - Ricorso al Presidente della Repubblica contro il mega impianto eolico pesante




PIANSANO NON SI ARRENDE ALL’IMPIANTO EOLICO: RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

ECC.MO SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
RICORSO STRAORDINARIO EX ART. 8 D.P.R. 24.11.1971 N. 1199
E CONTESTUALE ISTANZA DI SOSPENSIONE DELL’EFFICACIA DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNATI

Interposto da
Il Sig. D. E., presidente del Comitato “No eolico di Piansano”
rappresentato dagli Avv.ti M. Morcella e R. Pellegrini del Foro di Orvieto, giusta delega allegata al presente atto.

Ricorrente

CONTRO

La Provincia di Viterbo, in persona del Presidente pro tempore, via Saffi n. 49 , Viterbo. Resistente

E CONTRO
La Società E. E.(omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Milano……….. .

Controinteressato

PER ANNULLAMENTO PERVIA SOSPENSIONE DEI SEGUENTI ATTI

1.La Determinazione Dirigenziale n. 08/604/G del 22/06/2011 della Provincia di Viterbo, Assessorato Ambiente, Servizio Energia, avente ad oggetto “Approvazione Variante Non Sostanziale con solo diminuzione del numero totale degli aerogeneratori di cui alla autorizzazione rilasciata con det. n.56/717/2008 e proroga termine di ultimazione dei lavori”.

2. La Deliberazione della Giunta della Provincia di Viterbo n.76 del 16/06/2011 con cui si approvava la proposta transattiva tra la Provincia di Viterbo e la Società E. E. e in particolare l’atto di transazione sottoscritto dalla predetta società e la Provincia di Viterbo e il Comune di Capodimonte.

3. Di ogni atto presupposto, connesso e comunque conseguente, nonché di tutti gli atti relativi alla conferenza dei servizi indetta ai fini dell’adozione dell’autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto di produzione energia elettrica da fonti rinnovabili.

FATTO

- La Provincia di Viterbo, su istanza presentata dalla società E. E. s.r.l., con determinazione dirigenziale n. 56/717/G del 04.08.2008, autorizzava la costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza totale di 60 MW composto da n. 30 aerogeneratori, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione dell’impianto stesso da realizzarsi nei Comuni di Piansano e Arlena di Castro.

- L’autorizzazione unica prevista ex art. 12 del d.lgv. 387/03 veniva concessa dalla Provincia di Viterbo, in esito alla conferenza di servizi, alla quale partecipavano solo alcune delle Amministrazioni interessate al fine di rilasciare le opportune autorizzazioni, pareri, nulla osta e valutazioni.

- In data 21.11.2008, con protocollo n. 0001274, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio delle Provincie di Roma, Viterbo, e Rieti segnalava alla Provincia di Viterbo, Assessorato Ambiente, Servizio Energia, di non avere correttamente convocato la conferenza di servizi, in quanto la medesima non era stata invitata per l’esercizio delle proprie competenze.

- Alla predetta contestazione, nonostante l’incontro personale tenutosi il 15.10.2008 con il Dirigente dell’Ufficio dott.ssa F. Tosini, non seguiva nessun riscontro da parte della Provincia, ne’ tantomeno si addiveniva ad una nuova e corretta convocazione della conferenza di servizi.

- Successivamente, con determinazione dirigenziale n. 08/411/G del ottobre 2010, la Provincia, prendeva atto dell’inosservanza del termine assegnato per l’inizio delle opere per la realizzazione del parco eolico, e dichiarava la decadenza dell’autorizzazione rilasciata alla Società.

- La società E. E. proponeva ricorso al T.A.R. Lazio per l’annullamento, previa sospensione dell’esecutività, della determina dirigenziale n. 08/411/G del 7 ottobre 2010, ritenendo di aver avviato i lavori in conformità alle disposizioni applicabili alla specifica tipologia d’impianto.

- Il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 34945/2010, depositata in data 02.12.2010 accoglieva il ricorso della società e per l’effetto annullava la suddetta determinazione dirigenziale.

- La Provincia di Viterbo, con deliberazione di Giunta n.27 del 16.03.201, statuiva la proposizione dell’appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 34945/2010 e prendeva atto della volontà della società E. E. s.r.l. di definire in via transattiva la vicenda.

- La Provincia di Viterbo proponeva appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza del giudice territoriale e con successiva deliberazione della Giunta, n.76 del 16.06.2011, approvava la proposta transattiva.

- La società E. E. s.r.l. contestualmente stipulava l’atto di transazione e con il Comune di Capodimonte e con la Provincia di Viterbo.

- La Provincia di Viterbo, con determinazione dirigenziale n. 08/640/G del 22.06.2011, approvava la variante non sostanziale con sola diminuzione del numero totale degli aerogeneratori di cui alla autorizzazione rilasciata con determinazione n. 56/717/G del 04.08.2008 e prorogava il termine di ultimazione dei lavori.

- In data 5 luglio 2011, prot. n. 0020549, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio delle Provincie di Roma, Viterbo, e Rieti ribadiva alla Provincia di Viterbo Assessorato Ambiente, Servizio, Energia come già denunciato con nota del 21.11.2008 n.1274, che gli organismi dell’Amministrazione dei beni culturali competenti non erano stati invitati alla Conferenza di Servizi del 2008, convocazione preordinata al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione dell’impianto eolico. Già in quella nota si insisteva per la riconvocazione, mai avvenuta.

La determinazione dirigenziale della Provincia di Viterbo, Assessorato Ambiente, Servizio Energia, n. 56/717/G del 5 agosto 2008 e la n. 08/640/2011 del 22 giugno 2011, la deliberazione della Giunta della Provincia di Viterbo n. 76 del 16 giugno 2011 ed ogni atto presupposto, connesso o comunque conseguente adottato ai fini dell’autorizzazione del parco eolico, appaiono palesemente illegittimi per i seguenti motivi:

DIRITTO

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma IV della L. 239/2004. Difetto di competenza. Eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza della motivazione.

PREVISIONE DI MISURE COMPENSATIVE: ILLEGITTIMITA’.

Preliminarmente va precisato come il legislatore statale con l’art. 12 comma VI del D.Lgv. 387/2003 stabilisce che l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili non può essere subordinata ne’ prevedere misure di compensazione a favore delle Regioni e delle Provincie. Tale divieto è stato successivamente confermato dall’art. 1 comma 4, lettera f), della legge 239/2004, ai sensi del quale lo Stato e le Regioni devono garantire l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole Regioni, prevedendo eventuali misura di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale. Emerge, pertanto, la necessità di meglio precisare quali siano i confini applicativi delle misure compensative a fronte della realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Innanzitutto, le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale non rivestono carattere necessario e, pertanto, l’autorizzazione alla realizzazione di qualsiasi impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile non deve essere sempre assistita da misure compensative. In realtà, le suddette misure devono essere considerate come “eventuali” e non meramente patrimoniali e possono essere applicate solo nelle ipotesi in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 1, comma 4, lett. f), della Legge n. 239/2004, ossia quando gli indirizzi strategici nazionali prevedano una rilevante concentrazione di impianti ad elevato impatto su determinate aree, a detrimento del principio di equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture per la produzione di energia. In altri termini, le misure compensative temperano il disequilibrio territoriale nella localizzazione degli impianti, comportato dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole Regioni, di modo che l’eccessiva concentrazione di impianti, ad elevato impatto, per la produzione di energia elettrica sia attenuata da opportune misure compensative.

Non è per certo sufficiente la semplice circostanza della realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, perché si addivenga all’applicazione delle misura compensativa, indipendentemente da ogni considerazione in merito alle caratteristiche dimensionali dell’impianto, al suo impatto sul territorio circostante ed all’oggettiva situazione complessiva di disequilibrio territoriale nella localizzazione degli impianti. Così correttamente inquadrate sotto il profilo oggettivo le misure compensative tipiche, ben si comprende quanto diverse siano le richieste sovente formulate dalle Amministrazioni, a chi si appresti a realizzare un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile; richieste variamente qualificate, ora come liberalità, ora come misura compensativa, ora come contributo ambientale, volte più ad introitare denari, che non a bilanciare un’obiettiva, elevata e squilibrata concentrazione di impianti.
Siffatte misure compensative atipiche, introdotte con convenzioni stipulate tra Comune e titolare dell’impianto e/o tra Provincia e titolare dell’impianto, appaiono viziate sotto il profilo del difetto assoluto di attribuzione attesa l’incompetenza assoluta degli enti locali in tal senso, posto che l’art. 1, comma 4, della Legge n. 239/2004 riserva ogni potere circa l’introduzione di misure compensative (per il vero, tipiche) in capo a Stato o Regioni. Con ogni conseguenza in termini di nullità, da un lato (ai sensi dell’art. 21 – septies della Legge n. 241/1990), del provvedimento amministrativo, che dovesse obbligare ad atipiche compensazioni ambientali, dall’altro (ai sensi dell’art. 1418 Cod. Civ.), della clausola della convenzione, che dovesse contemplare una qualsivoglia forma di canone, del pari dissimulata da misura compensativa atipica.

Legittime devono, invece, considerarsi le sole misure compensative tipiche, previste dall’art. 1, comma 4, lett. f), della Legge n. 239/2004, che possono essere introdotte solo dallo Stato o dalle Regioni, ricorrendo i presupposti di legge.
In particolare il Consiglio di Stato, sez. III, con un parere del 14 ottobre 2008 n. 249 ha affermato che “le misure compensative devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche del parco eolico e del suo specifico impatto ambientale e territoriale. Infatti, secondo il citato art. 1, co. 4, lett. f) le misure compensative sono solo “eventuali”, e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici richiedano concentrazioni di attività, impianti e d infrastrutture ad elevato impatto territoriale.

Dunque, non dà luogo a misura compensativa, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente. E comunque tali misure compensative sono di competenza dello Stato o della regione, in sede di conferenza di servizi, e non possono unilateralmente essere stabilite da un singolo comune”.

Il non aver adottato le misure compensative secondo le modalità sopraindicate comporta l’illegittimità della determinazione dirigenziale con cui si autorizza la variante non sostanziale dell’impianto eolico.

2. In ordine alla determinazione dirigenziale n. 08/640/g del 22.06.2011.
Qualifica NON SOSTANZIALE della variante proposta: illegittimità-violazione di legge-eccesso di potere.
Un altro evidente vizio del provvedimento per eccesso di potere è riscontrabile nella forma del travisamento ed erronea valutazione dei fatti, in quanto se il progetto iniziale avesse avuto un elevato impatto territoriale ed ambientale, le misure compensative di cui al capo che precede si sarebbero dovute prevedere sin dalla fase genetica del procedimento. E cioe’ nella conferenza di servizi del 2008.
Al contrario, tali misure, sono state adottate solo nel 2011 a seguito di un semplice atto di transazione. Questo significa che la variante del parco eolico solo nel 2011 viene qualificata ad elevato impatto ambientale e paesaggistico tale da prevedere le suddette misure.
E’ chiaro dunque che la variazione non può che essere sostanziale e pertanto legittimamente adottata solo in conferenza di sevizi, previa nuova valutazione di impatto ambientale.

In altri termini, la diminuzione del numero totale di aerogeneratori originariamente previsti, non puo’ essere qualificata come “variante non sostanziale”. Al mutare della consistenza dell’impianto, varia necessariamente il rapporto tra tutela del paesaggio e tutela del territorio. Il sacrificio imposto al territorio, che in forza dell’originario progetto sarebbe stato giustificato stante i derivati benefici ambientali scaturiti dai previsti livelli di produzione di energia “pulita”, non lo sarebbe oggi in dipendenza del depotenziamento dell’impianto. In termini ultimativi: il danno al paesaggio (che resta pressoché immutato anche in ipotesi di riduzione degli aerogeneratori) oggi non potrebbe piu’ essere giustificato in ragione della minore quantità di energia che verrà prodotta in esito all’accoglimento della variante di cui in trattazione. Tali valutazioni dovranno quanto meno essere riconsiderate all’interno degli ambiti istituzionali deputati per legge ad operare valutazioni comparative in ordine ai rapporti danni/benefici di una data opera. In altre parole, dunque, l’intera vicenda, per come mutata a seguito della adozione della contestata variante, dovrà necessariamente tornare all’esame della nuova valutazione di impatto ambientale.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.Lgv. 387/2003. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria.
La questione dell’inserimento degli impianti eolici nel territorio italiano è un momento di sintesi di molteplici interessi locali e nazionali facenti capo principalmente al Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Attività Produttive, Ministero dei Beni Culturali.
Tra le amministrazioni interessate rientra indiscutibilmente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso l’attività dei suoi organi periferici, le Soprintendenze, mira alla tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico e paesaggistico del territorio e ognuna per quanto attiene alle specifiche attribuzioni, esprime pareri, riferiti ai settori e agli ambiti territoriali di competenza.

Il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387, in attuazione della direttiva comunitaria 2001/77/CE, disciplina la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, all’art.12 prevede che l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto eolico, debba essere rilasciata a seguito di un procedimento unico articolato secondo il modulo della conferenza di servizi.
E’ stata, quindi, prevista un’autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni altrimenti necessari, e in cui confluiscono anche le valutazione di carattere paesaggistico, nonché quelle relative all’esistenza di vincoli di carattere storico-artistico, tramite il meccanismo della conferenza di servizi. Pertanto, l’organo competente al rilascio dell’autorizzazione unica compie la valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, tenendo conto delle posizioni di eventuale dissenso espresse dai partecipanti ( Cons. Stato, sez. VI, 22 febbraio 2010 n.1020), mentre le amministrazioni interessate dal progetto di realizzazione dell’opera, ivi compresa quella deputata alla tutela del paesaggio, sono tenute a partecipare alla predetta conferenza ed ad esprimere in tale sede i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative e dialettiche di impianti di energia da fonti rinnovabili ( TAR Sicilia, Catania, sez. I, 14 gennaio 2011, n.35).

Si tratta di conferenza di servizi obbligatoria atteso che ai sensi del comma 3 deve essere necessariamente convocata dalla regione o dalle provincie delegate entro trenta giorni dal ricevimento della domanda della stessa autorizzazione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Ai sensi del successivo comma 4, partecipano tutte le amministrazioni interessate.

La mancata convocazione della conferenza di servizi o la mancata partecipazione di amministrazioni titolari per legge di una competenza primaria, (tale può definirsi quella attinente alla tutela del paesaggio), non può che comportare la illegittimità dell’autorizzazione unica in quanto ne risulta frustrata la finalità perseguita dal legislatore di favorire la composizione di interessi antagonisti attraverso la predisposizione di una sede unitaria di confronto reputata la più idonea a superare eventuali ragioni di dissenso o di contrasto. ( TAR Molise, sez. I, 8 marzo 2011 n.98;TAR Sicilia Palermo, sez. I, 2 febbraio 2010, n.1297;TAR Sicilia Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n.578).

In tema di produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili, tutte le amministrazioni pubbliche interessate dal progetto di realizzazione dell’opera, ivi compresa quella deputata alla tutela del paesaggio, sono tenute a partecipare alla conferenza di servizi ed esprimere in tale sede i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative e dialettiche proprie dello strumento di semplificazione procedimentale voluto dal legislatore. In tal modo, le determinazioni delle amministrazioni interessate, devono essere espresse solo in sede di conferenza di servizi, così da assicurare l’unicità del procedimento, mediante il coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l’autorizzazione unica finale. Conseguentemente, anche la Soprintendenza deve esprimersi esclusivamente in sede di conferenza di servizi.
Alla conferenza partecipano i rappresentanti legittimati ad esprimere definitivamente la volontà dell’amministrazione di appartenenza. Le determinazioni concordate nella conferenza di servizi, descritte nel verbale conclusivo della conferenza stessa, tengono luogo degli atti di rispettiva competenza.

L’art. 14 comma 2 della legge 241 del 1990, a seguito della modifica apportata dall’articolo 8 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha reso obbligatoria la conferenza di servizi.
Al riguardo, il principio di obbligatorietà della conferenza di servizi comporta che ad essa partecipino tutte le amministrazioni interessate; infatti, solo in tale ipotesi, acquista pieno ed effettivo significato il principio di maggioranza, di cui all’art. 14 ter, comma 6-bis, l. n. 241/1990.
In base a tale disposizione, “All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.”

In tal modo, si realizza il perseguimento della fondamentale finalità di valutare e contemperare i diversi interessi pubblici. Un riscontro di come la predetta finalità stata palesemente elusa si è avuta in seguito all’esercizio del diritto di accesso agli atti amministrativi esercitato in data 3 ottobre 2011. Dal verbale delle due conferenze di servizi convocate ai fini dell’adozione dell’autorizzazione unica per la realizzazione del parco eolico nei comuni di Piansano e Arlena di Castro risulta che, le medesime non risultano regolarmente costituite per l’assenza di rappresentanti di enti la cui presenza, invece, sarebbe stata indispensabile quale per esempio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso i suoi organi periferici (nessun rappresentante della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale ne’ tanto meno della Soprintendenza ai Beni Architettonici e il Paesaggio delle Provincie di Roma, Viterbo e Rieti).
Proprio la Soprintendenza avrebbe dovuto effettuare la comparazione del bene-paesaggio con gli interessi sottesi alla produzione di energia da fonti rinnovabili e con quelli legati all’iniziativa economica privata, specie in un’area a ridosso di zona SIC e ZPS, già Geoparco e Candidata Unesco, di rilevanza fondamentale per le rotte migratorie e a fini stanziali quale habitat ideale all’approvvigionamento idrico, alimentare, nelle zone attigue la caldera del Lago di Bolsena, e riproduzione delle specie protette.

Nel caso specifico è titolare di una competenza primaria di verifica della legittimità del parere regionale di compatibilità paesaggistica, trattandosi di impianto da localizzare in un area di notevole interesse pubblico per il suo pregio ambientale e naturalistico

Ulteriore documento di cui si è venuto a conoscenza solo con il predetto accesso, è quello attraverso il quale l’E. E., società esecutrice dei lavori di realizzazione del parco eolico, ha illegittimamente chiesto al Ministero per i Beni e le Attività Culturali il parere ai fini dell’autorizzazione unica prevista dall’art. 12 del D. Lgv. n.387/2003. Modalità del tutto anomala e pertanto illegittima in quanto, l’unico soggetto preposto alla richiesta del suddetto parere, sarebbe dovuto essere l’ente pubblico, ossia la Provincia o la Regione.
4. La mancata partecipazione di un’amministrazione interessata al procedimento si riflette certamente in vizio dell’intera procedura di rilascio dell’autorizzazione unica e degli atti ad esso susseguenti.

Nel contesto normativo sopra riportato, tutte le amministrazioni – e quindi anche la Soprintendenza – sono tenute ad adottare le proprie determinazioni, ai fini della valutazione d’impatto ambientale per la costruzione e l’esercizio degli impianti eolici e devono esprimere il proprio avviso in sede di conferenza dei servizi (C.G.A., sez. Giur., 11 aprile 2008, n.295).

Per quanto precede, la Soprintendenza ai Beni Architettonici e il Paesaggio delle Provincie di Roma, Viterbo, Rieti ha l’obbligo di pronunciarsi sull’istanza della società interessata e non può essere esclusa dalla fase procedimentale e in particolare dalla più volte citata conferenza di servizi.
Proprio la Soprintendenza avrebbe dovuto effettuare la comparazione del bene-paesaggio con gli interessi sottesi alla produzione di energia da fonti rinnovabili e con quelli legati all’iniziativa economica privata.
Nel caso di specie è titolare di una competenza primaria di verifica della legittimità del parere regionale di compatibilità paesaggistica, trattandosi di impianto da localizzare in un area di notevole interesse pubblico per il suo pregio ambientale e naturalistico.

La Provincia di Viterbo nell’indire la conferenza di servizi (in data 17.06.2008 ed in data 09.072008) aperta a tutti gli enti interessati all’intervento, avrebbe dovuto invitare tutti gli organi preposti alla valutazione di compatibilità ambientale e paesaggistica. Invece, in sede di convocazione della conferenza preordinata all’adozione dell’autorizzazione per la realizzazione del parco eolico nei Comuni di Piansano ed Arlena di Castro, è stata invitata la sola Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, la quale esercita le sue competenze nella parte meridionale dell’antico territorio etrusco per la tutela, conservazione, ricerca, valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico su un territorio che comprende comuni ricadenti nella provincia di Viterbo e nella parte nord della provincia di Roma; ma non la Soprintendenza ai Beni Architettonici e il Paesaggio delle Provincie di Roma, Viterbo e Rieti.

La mancata convocazione di quest’ultima ha impedito all’organo competente di esprimere il parere sull’interferenza dell’impianto eolico con l’interesse paesaggistico. Tale palese omissione determina la illegittimità della conferenza di servizi, perché svolta in assenza dell’organo periferico titolare dell’interesse coinvolto nella valutazione dell’impatto ambientale (TAR Umbria, sez. I, 3 maggio 2011, n.124) e, in via derivata, determina la illegittimità dell’interno iter procedimentale e, quindi, dei connessi atti autorizzativi di cui all’art. 12 del D. Lgv. 387/2003.

L’aver convocato la Soprintendenza per i Beni Archeologici, non esonerava la Provincia di Viterbo dal convocare anche quella per i Beni Architettonici e il Paesaggio. I due enti costituiscono infatti organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dotate di specifiche ed autonome competenze, i cui pareri erano entrambi necessari. Da ciò deriva che il provvedimento di autorizzazione emesso dalla Provincia risulta illegittimo per carenza d’istruttoria.

Il mancato invito della Soprintendenza rende illegittima l’autorizzazione unica non essendo stato acquisito adeguatamente il parere relativo alla tematica della visibilità dell’impianto; parere che può essere obbligatoriamente manifestato solo in sede di conferenza di servizi,posto che, qualora fosse espresso al di fuori di essa sarebbe comunque illegittimo per incompetenza assoluta, alla stregua di atto adottato da autorità amministrativa priva di potere in materia ( TAR Molise, sez. I, 8 marzo 2011 n. 98).

Il vizio procedurale si riflette chiaramente sul provvedimento finale che risulta illegittimo per l’estromissione della locale Soprintendenza dal procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica e comporta, conseguentemente, una lesione delle proprie competenze in materia di localizzazione degli impianti eolici.
5. Illegittimità derivata per violazione di legge per mancata convocazione della conferenza di servizi così come prevista dalla legge 241/1990
La illegittimità di cui si è in precedenza argomentato è un’illegittimità del provvedimento per violazione ad una specifica e recente norma di legge, che in materia di realizzazione di parco eolico, prevede l’obbligo del parere espresso dalle amministrazioni interessate esclusivamente all’interno della conferenza di servizi.

Il provvedimento sarebbe comunque illegittimo, secondo un principio giurisprudenziale ormai consolidato, in base al quale qualora si indica una conferenza di servizi, la mancata convocazione di uno degli enti interessati rende illegittime le deliberazioni statuite in sua assenza ( Cons. Stato, sez. V, 03 luglio 1996, n.842).

Quando, come nel caso di specie, l’intervento riguardi ed interessi più enti, l’art. 14 della legge 241/1990 stabilisce: “Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi.
La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

La conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall’amministrazione o, previa formale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente. L’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta”.

A partire dalla legge n. 127 del 1997 la convocazione della conferenza istruttoria viene a configurarsi come ordinaria (“l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi”); pertanto, occorre motivare le ragioni della sua mancata convocazione qualora il procedimento coinvolga una pluralità di interessi pubblici.
Un applicazione giurisprudenziale del suddetto principio è da ravvisarsi nella sentenza del TAR Abruzzo 25 ottobre 2002 n.540, relativa alla realizzazione della galleria di messa in sicurezza del foro autostradale del Gran Sasso. Il giudice amministrativo dichiarava l’illegittimità della conferenza di servizi per un pluralità di vizi, tra i quali quello della mancata convocazione delle ASL competenti territorialmente, nonostante fossero emerse problematiche di natura sanitaria.

Infine l’Amministrazione competente ad assumere le decisione deve tenere conto di ciò che è emerso in sede di conferenza, cioè di tutti gli interessi in esse rappresentati.

La Sopraintendenza, mai è stata chiamata ad esprimere il proprio parere o, eventualmente, il proprio motivato dissenso, pertinente e propositivo all’interno della conferenza.

Va da se che il vizio genetico riverbera i propri effetti di illegittimità su tutta la fase procedimentale, sugli atti susseguenti, connessi e derivati, fino a “travolgere” il provvedimento autorizzatorio di cui in epigrafe.
DOMANDA CAUTELARE

Quanto al fumus bonis iuris che assiste il presente ricorso, è sufficiente un rinvio ai motivi di diritto precedentemente esposti.
Quanto al periculum in mora, va da sé che in caso di mancata sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, nelle more del giudizio la Società E. E. potrebbe terminare i lavori inerenti la realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sulla base di provvedimenti autorizzativi illegittime e realizzando una irreversibile trasformazione dei terreni, in ciò frustrando in termini irreparabili l’utilità che dal presente ricorso potrebbe derivare in capo al ricorrente.

Si impone dunque l’adozione in via cautelare della sospensione dell’efficacia degli atti qui impugnati.

*****

Quanto sopra premesso e dedotto il ricorrente come in epigrafe indicato, rappresentato e difeso, con la più ampia riserva di formulare motivi aggiunti all’esito dell’esame degli eventuali atti e documenti che dovessero essere depositati dalla Provincia.

CHIEDE
Che l’Ecc.mo Presidente della Repubblica, in accoglimento del presente ricorso, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione articolata dal resistente, voglia:
a) In via istruttoria, ordinare alla Provincia di Viterbo la produzione e, quindi, disporre l’acquisizione al giudizio, di tutti gli atti i documenti oggetto di istanza istruttoria;
b) In via cautelare: per i motivi elencati in premessa e attesa la ricorrenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile, disporre la sospensione dei provvedimenti impugnati;
c) In via principale nel merito annullare i provvedimenti impugnati, nonché di tutti gli altri eventuali atti, allo stato sconosciuti, preordinati, consequenziali e/o connessi al provvedimento impugnato per una o tutte le ragioni indicate nel presente ricorso.

*****
Si chiede inoltre che tutti gli scritti difensivi dell’Amministrazioni vengano portati a conoscenza del ricorrente, con assegnazione di congruo termine per replicare.

Ai sensi della direttiva del P.C.M. 27 luglio 1993 n.176, si chiede di avere conoscenza del nominativo del responsabile dall’ostruzione del ricorso presentato e del termine entro cui sarà presumibilmente completata.
Con riserva di proporre motivi aggiunti di ricorso a seguito delle controdeduzioni e del deposito da parte dell’Amministrazione degli atti del procedimento.

Avv. M. Morcella
Avv. R. Pellegrini


Documenti collegati:
1) Determinazione della Provincia n. 08/640/G del 22 giugno 2011
2) Delibera Giunta dell Provincia di Viterbo n. 76 del 16 giugno 2011.
18 ottobre 2011


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