martedì 31 dicembre 2013

Riflessioni sulla democrazia costruita dal potere finanziario



La Corte Costituzionale è composta da 15 membri ed è nominata per due terzi dalla politica: un terzo da Napolitano, che ci ha scandalosamente infilato anche Giuliano Amato (amato solo dai gestori del sistema) e  un terzo dai partiti in Parlamento, mentre gli altri 5 vengono designati dalla Corte di Cassazione, Consiglio di stato e Corte dei Conti.  

Dal 2005, con premi di maggioranza (mutuati dalla Legge Acerbo del 1924) e le liste bloccate (per garantire l’elezione delle persone scelte dagli oligarchi dei partiti), riconosciuti come incostituzionali dalla Corte Costituzionale,  si sono svolte tre elezioni politiche che hanno portato alla nomina di tre PARLATOI e del Presidente della Repubblica, Napolitano.

Proprietari del teatrino, impresari, registi, attori, figuranti , sono allo sbando. Napolitano si affretta a dire che è tutto regolare e che la stessa Corte nella scrittura della sentenza chiarirà SICURAMENTE che la sentenza sul “Porcellum” non ha valore retroattivo ( allora, ci spieghi Napolitano come mai fu invece retroattiva quella sul “porcellonem” Berlusconi ), mentre è cosa assai delicata sul piano istituzionale, ma semplicissima su quello razionale, che se i parlamentari non scelti dagli elettori (lista bloccata) sono stati eletti con modalità incostituzionali , la loro elezione è nulla; così come è doppiamente nulla la elezione di quei parlamentari assegnati non sulla base dei voti di lista o di collegio, ma con il premio di maggioranza.

Lo stesso Napolitano fu eletto Presidente della Repubblica (il 10 maggio 2006, con 543 voti), con i decisivi voti dei parlamentari divenuti tali per via della applicazione di tale, incostituzionale, premio di maggioranza elettorale.

Ma ciò su cui la Corte Costituzionale non poteva pronunciarsi, poiché non chiamata a decidere da alcun ricorso, è questione costituzionalmente ancor più grave:  tra i cittadini che hanno esercitato il proprio diritto di voto , nel 2008, oltre il 10% è stato ingiustamente privato di una propria rappresentanza.

E’ pur vero che mentre si grida al trionfo per un sindaco di New York eletto con il consenso di meno del 20% degli aventi diritto al voto, avere un parlamento composto da partiti che hanno ottenuto il consenso di circa il 68% degli aventi diritto al voto consentirebbe di affermare che siamo più in grado noi degli USA di rappresentare il volere del popolo; ma un conto è scegliere di rinunciare ad un diritto inutile,  come anch’io faccio dal 2008, un altro conto è avere milioni di cittadini privati del loro diritto costituzionale, civile, politico e sociale di esercitare la propria sovranità, sancita dal primo articolo della Costituzione Repubblicana.

Nelle future battaglie per avere una legge elettorale che, attraverso un sistema proporzionale puro, rispetti i nostri diritti civili credo vada adeguatamente utilizzata anche la regola assoluta americana del  “No taxation without rappresentation”, visto che i gestori del potere sono idolatri dell’american way of life, e che i loro titolari sono molto sensibili all’incasso delle nostre tasse e dei nostri tributi che vanno a loro (per pagare gli oltre 80 miliardi annui di soli interessi del debito pubblico che ci hanno imposto attraverso la circolazione della loro moneta debito ).

Letta e Alfano, su input di Napolitano, hanno reagito alla eclatante sentenza della  Corte Costituzionale, (eclatante proprio perché eccezionalmente corretta nel rispettare principi costituzionali e democratici), ventilando la necessità di una nuova legge elettorale che sia imperniata sul bipolarismo e sul voto di preferenza. Ovviamente non sono ignoranti (almeno in questa materia) né votati al ridicolo e sanno che obbligare partiti e liste elettorali a sottoporsi ad alleanze forzate con i maggiori partiti graditi al sistema , di centrodestra o di centrosinistra, è anch’essa una violazione della sovranità individuale e di libertà culturale, politica e di associazione,  ma per loro natura di servitori della grande finanza (...)

Fernando Rossi


La democrazia bipolare
La democrazia bipolare


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