All’epoca del Politeismo c’erano meno guerre e più ordine nel mondo, per il fatto che più Dei, ognuno controllava il proprio settore intervenendo prontamente al sorgere di eventuali dispute terrene, ma col passare del tempo e lo sviluppo dell’innovazione, ci siamo imbattuti con il falso progresso dove grandi filosofi scoprirono che Dio era ed è uno solo, (un unico Dio) il quale non riesce a controllare da solo l’intero universo, favorendo l’astuzia dell’uomo il quale ha scoperto dove e come beneficiare dei propri interessi a danno degli altri, quando il Signore si distrae.
In fondo siamo tutti creati ad immagine e somiglianza di Dio godendo e soffrendo dei medesimi atteggiamenti. Molti hanno avuto il sospetto di una forzatura del proprio pensiero ma non avevano i mezzi per intervenire e correggere una ideologia ormai diffusa.
Passarono molti anni e l’argomento si fece sempre più pressante sino ai nostri giorni, richiamando il pensiero di grandi uomini di azione. Hitler non era il solo a voler eliminare Roma per raggiungere la Pace nel mondo, ma non c’è riuscito a causa del fulmineo intervento Americano, che ha salvato il Vaticano perdendo di vista il Duce che intendevano salvare per gli alti meriti come Statista, in un periodo molto sofferto della Politica Italiana, minacciata dal pericolo Comunista, dallo strapotere della Chiesa e dagli abusi dei Gerarchi fascisti identici ai Politici attuali.
Un popolo immerso in una situazione Politica che rende quasi impossibile amministrare, incapace di eleggere i propri rappresentanti politici, probabilmente per il livello di disinformazione creato dalla moltitudine di Partiti, e la presenza della Chiesa intenta a difendere i personali interessi per costruire l’Impero Universale fondato sul Monoteismo Dottrinale e Amministrativo, generando non poca confusione fra le anime timorate di Dio.
Eventi scottanti duri a morire nella nostra lunga storia di continue sofferenze formulate su racconti Mitologici, Filosofici e Politici che si alternano secondo gli interessi del momento, frenando il vivo desiderio dell’uomo comune di tutti i tempi, di socializzare con l’intera umanità in modo coerente.
Man mano che trascorre il tempo, si fanno sempre più convincenti le accuse verso la pseudo Democrazia impastata con gli interessi personali dei candidati Politici, offuscati da interferenze Religiose, producendo come risultato un regime di Totalitarismo libertario di Gruppo, distruggendo la Nazione Governata da arrampicatori di poltrone, seminando disgusto verso l’Autorità e di conseguenza causando l’avanzare di una nuova Fede molto diversa e forse superiore che concorre per la conquista del mondo, ponendo seri problemi al Cattolicesimo.
“Il Profeta Maometto” i cui insegnamenti di umiltà, fratellanza e povertà al servizio del Signore, sono rimasti immutati nel tempo e progrediscono attraverso la ramificazione Islamica in ogni angolo del Pianeta, decisa a convertire tutti i Cristiani e ad eliminare “il Vaticano” in rappresaglia di un Occidente psicologicamente gravemente malato il quale semina continue sofferenze, con “Roma” Capitale della grande speculazione Mondiale, intenta a manovrare il grande business con scandali, crimini e guerre continue in nome di Dio.
Per questo motivo l’Italia impastata nello sviluppo del male, necessita di armamenti sofisticati, aerei da guerra, navi, missili, bombe atomiche, e tantissimi incoscienti disposti a premere il grilletto, per assecondare il lupo nel libero sbranare di esseri umani.
Partendo dal nostro Paese dove la cuccagna della Politica Italiana si fa sempre più devastante con tendenza ad inginocchiare l’intera Nazione, ricorrendo persino alla filosofia del Credo per convincere, spaventare i cascamorti che per paura vanno in Chiesa a battersi il petto e non appena usciti, proseguono indisturbati con azioni e pensieri nel fare del male ai propri simili, ai propri fratelli.
Il Sig. Monti coadiuvato dalla sua clicca di incoscienti, un evidente esempio di rappresentanza di Satana sulla terra, sorretti persino dal Vaticano per godere dei privilegi oltre misura, adoperandosi con infinite cattiverie per soddisfare i propri interessi contro il genere umano, fra i quali anche i suoi futuri discendenti.
Non intendo addentrarmi in ulteriori penose ricerche, limitandomi a trascrivere fatti già riportati ampiamente in Internet ad opera di illustri Giornalisti, i quali comprovano l’operato della Chiesa Cattolica come abituale responsabile di gravi illeciti, con super scandali che tendono a degenerare il Credo Cristiano.
Un quasi Impero prevalentemente Occidentale costruito in due mila anni di dominio sull’uomo, sorretto da Giornali e mezzi di comunicazione Cattolici, da folte rappresentanze Spirituali nel mondo, paragonabili ai 007 col compito di scrutare la psicologia umana, unitamente allo IOR (la Banca Vaticana nata nel 1887), unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari, speculazioni e investimenti, con profitti più o meno leciti in offesa all’umanità.
Molti scandali passati e recenti abilmente soffocati dall’informazione e dall’estremismo Cattolico, con il peccato originale incarnato nel sistema senza redenzione.
Da oltre vent'anni, quando si chiuse il processo per lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo IOR è rimasto come un buco nero in cui nessuno osa guardare. Per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca Vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. Meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti. Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l'avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall'America al portone di casa.
Senza contare il mistero più inquietante, la morte di Papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della decisione di rimuovere Paul Marcinkus e i vertici dello IOR. Sull'improvvisa fine di Giovanni Paolo I si sono alimentate macabre dicerie, aiutate dalla reticenza vaticana. Non vi sarà autopsia per accertare il presunto e fulminante infarto e non sarà mai trovato il taccuino con gli appunti sullo IOR, che secondo molti testimoni il papa portò a letto l'ultima notte.
Era lo IOR di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri Lituano, nato a Cicero (Chicago) a due strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, era stato l'uomo che aveva salvato Paolo VI dall'attentato nelle Filippine. Ma forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella fuoriserie, il sigaro Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker della P2.
Con il successore di Papa Luciani, Marcinkus trova subito un'intesa. A Karol Wojtyla piace molto quel figlio di immigrati dell'Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato d'arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri e l'extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello IOR. Ma senza mai spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche "una vittima", anzi "un'ingenua vittima".
Dal 1989, con l'arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, amico e collaboratore di Gianni Bazoli, molte cose dentro lo IOR cambiano. Altre no. Il ruolo di bonificatore dello IOR affidato al laico Caloia è molto vantato dalle gerarchie Vaticane all'esterno quanto ostacolato all'interno, soprattutto nei primi anni. Come confida lo stesso Caloia al suo diarista, il giornalista cattolico Giancarlo Galli, autore di un libro fondamentale ma introvabile, Finanza bianca (Mondadori, 2003). "Il vero dominus dello IOR - scrive Galli - rimaneva monsignor Donato De Bonis, in rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. E poi aristocratici, finanzieri, artisti come Sofia Loren.
Questo spiegherebbe perché fra i conti si trovassero anche quelli di personaggi che poi dovevano confrontarsi con la giustizia. Bastava un cenno del monsignore per aprire un conto segreto".
A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l'oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, "più vicino al cielo". I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: "Un'aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest'ultimo a soccombere. Ma essendo lo IOR istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi".
La glasnost (trasparenza) finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l'ombra dello IOR venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93, alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l'ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.
L'autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello IOR una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: "Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo IOR, i contatti con Enimont...". Il fatto è che una parte considerevole della "madre di tutte le tangenti", per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo IOR. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell'inchiesta "Why Not" di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. "Monsignor Dardozzi - racconterà a Galli lo stesso Caloia - col suo fiorito linguaggio disse che era nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all'Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d'urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!". La risposta sarà di poche ma definitive righe: "Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale".
I magistrati del pool valutano l'ipotesi della rogatoria. Lo IOR non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto "ente fondante della Città del Vaticano", è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola sempre zero. In compenso l'effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull'opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: "Lo IOR non poteva conoscere la destinazione del danaro".
A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l'oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, "più vicino al cielo". I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: "Un'aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest'ultimo a soccombere. Ma essendo lo IOR istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi".
La glasnost (trasparenza) finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l'ombra dello IOR venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93, alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l'ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.
L'autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello IOR una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: "Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo IOR, i contatti con Enimont...". Il fatto è che una parte considerevole della "madre di tutte le tangenti", per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo IOR. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell'inchiesta "Why Not" di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. "Monsignor Dardozzi - racconterà a Galli lo stesso Caloia - col suo fiorito linguaggio disse che era nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all'Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d'urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!". La risposta sarà di poche ma definitive righe: "Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale".
I magistrati del pool valutano l'ipotesi della rogatoria. Lo IOR non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto "ente fondante della Città del Vaticano", è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola sempre zero. In compenso l'effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull'opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: "Lo IOR non poteva conoscere la destinazione del danaro".
Il secondo episodio, ancora più cupo, risale alla metà degli anni Novanta, durante il processo per mafia a Marcello Dell'Utri. In video conferenza dagli Stati Uniti il pentito Francesco Marino Mannoia rivela che "Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano". "Lo IOR garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione". Fin qui Mannoia fornisce informazioni di prima mano. Da capo delle raffinerie di eroina di tutta la Sicilia occidentale, principale fonte di profitto delle cosche. Non può non sapere dove finiscono i capitali mafiosi.
Quindi va oltre, con un'ipotesi. "Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano.
Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma". Mannoia non è uno qualsiasi.
E' secondo Giovanni Falcone "il più attendibile dei collaboratori di giustizia", per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo IOR. I magistrati del caso Dell'Utri non indagano sulla pista IOR perché non riguarda Dell'Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: "Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?".
Sulle trame dello IOR cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei "furbetti del quartierino". Il 10 luglio dell'anno scorso il capo dei "furbetti", Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: "Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro". Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l'elenco dei versamenti in nero fatti alle casse Vaticane: "I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M'ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero".
Altri seguiranno, a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell'incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: "Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male".
E' secondo Giovanni Falcone "il più attendibile dei collaboratori di giustizia", per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo IOR. I magistrati del caso Dell'Utri non indagano sulla pista IOR perché non riguarda Dell'Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: "Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?".
Sulle trame dello IOR cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei "furbetti del quartierino". Il 10 luglio dell'anno scorso il capo dei "furbetti", Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: "Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro". Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l'elenco dei versamenti in nero fatti alle casse Vaticane: "I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M'ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero".
Altri seguiranno, a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell'incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: "Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male".
Il Vaticano molla presto Fiorani, ma in compenso difende Antonio Fazio fino al giorno prima delle dimissioni, quando ormai lo hanno abbandonato tutti. Avvenire e Osservatore Romano ripetono fino all'ultimo giorno di Fazio in Bankitalia la teoria del "complotto politico" contro il governatore. Del resto, la carriera di questo strano banchiere che alle riunioni dei governatori centrali non ha mai citato una volta Keynes ma almeno un centinaio di volte le encicliche, si spiega in buona parte con l'appoggio vaticano. In prima persona di Camillo Ruini, presidente della Cei, e poi di Giovanni Battista Re, amico intimo di Fazio, tanto da aver celebrato nel 2003 la messa per il venticinquesimo anniversario di matrimonio dell'ex governatore con Maria Cristina Rosati.
Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello IOR e dell'Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E' difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle "missio sui iuris" alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello IOR.
Il quarto e non ultimo episodio di coinvolgimento dello IOR negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell'azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello IOR sarebbe custodito anche il "tesoretto" personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di "etica e sport" su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l'ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).
Con l'immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l'ultima puntata dell'inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello IOR rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L'epoca Marcinkus è archiviata ma l'opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello IOR non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "stato più ricco del mondo", come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell'unica inchiesta di un'autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.
Nessuna autorità italiana ha mai avviato un'inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello IOR, la "finanza bianca" ha conquistato posizioni su posizioni.
Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello IOR e dell'Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E' difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle "missio sui iuris" alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello IOR.
Il quarto e non ultimo episodio di coinvolgimento dello IOR negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell'azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello IOR sarebbe custodito anche il "tesoretto" personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di "etica e sport" su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l'ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).
Con l'immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l'ultima puntata dell'inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello IOR rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L'epoca Marcinkus è archiviata ma l'opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello IOR non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "stato più ricco del mondo", come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell'unica inchiesta di un'autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.
Nessuna autorità italiana ha mai avviato un'inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello IOR, la "finanza bianca" ha conquistato posizioni su posizioni.
La definizione è certo generica e comprende personaggi assai distanti tra loro. Ma tutti in relazione stretta con le gerarchie ecclesiastiche, con le associazioni cattoliche e con la prelatura dell'Opus Dei. In un'Italia dove la politica conta ormai meno della finanza, la chiesa cattolica ha più potere e influenza sulle banche di quanta ne avesse ai tempi della Democrazia Cristiana.
Dopo gli infiniti casi di pedofilia e perversione nella Chiesa, Suore messe incinte da Preti, Preti assassinati e tanto altro, si possono contare bombardamenti continui di illeciti compiuti dall’ipocrisia, falsità, speculazioni e corruzione come una virtù positiva della scuola politica Italiana con un preciso punto di partenza individuato nella fede Cattolica.
Nessun altro Credo a livello universale soffre di canagliate e ipocrisie come quelle riscontrate nel Cattolicesimo.
Il caso dell’Ospedale San Raffaele fu messo abilmente a tacere, considerando che l’autore del grande crac finanziario fu un prete dai comportamenti fondati sulla bella vita fra l’Italia e l’America Latina.
Un altro fra gli ultimi scandali di cui nessun Partito Politico Italiano intende indagare, per paura di rompersi le ossa, riguarda il più grande e sfacciato imbroglio della storia del nostro Paese e si compie in Lombardia per merito di Comunione e Liberazione, ultimamente destituito del Presidente e della Giunta per comportamenti illeciti e abusi continui di varia natura.
Dal 1972 al 1992 per decreto legge emesso dal Santo Giovanni Leone, considerato l’uomo degli scandali, poi obbligato a dimettersi, allora Presidente della DC (Democrazia Cristiana), dove tutti i lavoratori Italiani furono derubati di una tassa addizionale inizialmente programmata per la creazione di un Fondo GESCAL, che avrebbe permesso allo Stato Padrone di raccogliere miliardi con la scusante di fabbricare case popolari per i bisognosi.
Fu rafforzato l’Ente denominato IACP, nel quale furono incamerati una parte di questi soldi raccolti ed iniziarono a costruire case a costi superiori al valore di mercato per far fronte al supporto della continua corruzione Politica Italiana.
In quanto al resto dei soldi, la parte più consistente della torta, badate che si trattava di migliaia di miliardi, dei quali non si sa che fine abbiano fatto. Nel frattempo sono nati molti Politici ricconi. Pare che la DC o chi per essa disponesse di tanti Palazzi in Svizzera. Pare che il Moro non di Venezia ma quello di Roma, in poco tempo divenne miliardario, ma non riuscì a portarsi dietro la sua fortuna, eliminato ante tempo dalle Brigate Rosse.
Bisognerebbe chiedere alla DC, ai Sindacati e ai Governi ombra di allora, i quali avevano Governato il Paese per tanti anni, sempre protetti da un sipario Politico e Giuridico impenetrabile, dal quale nasce il pentolone senza fondo che diede origine al penoso debito pubblico in modo sempre più crescente.
Terminate le costruzioni nel 1975, lo IACP iniziò ad assegnare le case alle famiglie a condizioni di riscatto, in modo che l’Ente rientrasse nei soldi della costruzione attraverso i mutui Bancari.
Il colpo di scena, i documenti relativi al riscatto non sono mai arrivati, benché le varie proteste e ricorsi alle Autorità superiori. Nessuno risponde. La Legge del silenzio per non cascare nell’inganno. Intanto i Condomini pagavano le bollette mensili gonfiate, deprivati persino dei servizi fatturati e mai goduti, il tutto per mantenere una Piramide di corrotti e corruttori.
Nel 2001 lo IACP venne sostituito in gran segreto dall’ALER, cancellando ogni precedente accordo con gli inquilini e l’ALER subentra come dipendenza della Regione Amministrata da rappresentanti della Chiesa Cristiana, la quale con la forza si impadronisce delle case già pagate oltre dodici volte il valore originale, sottraendo sia i soldi iniziali versati dai lavoratori alla GESCAL, sia il pagamento versato dagli inquilini per oltre trenta sette anni, e le case diventano proprietà del Partito di Comunione e Liberazione.
L’ALER come dipendenza della Regione Lombardia, Amministrata da Comunione e Liberazione con lo zampino della Chiesa, minacciano di sfratto tutte le famiglie che non sottostanno alle pressioni e soprusi imposti dal sistema, con l’appoggio del Comune, dei Sindacati e dei Politici a libro paga.
Il caso non fu mai risolto nonostante i vari cambi di Governo. Uno scandalo di grandi proporzioni di cui non tutti sono informati e fu riportato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, come uno dei tanti reati impuniti dello Stato Italiano e del Cattolicesimo, il quale logora l’immagine del Paese nel mondo, ed oggi giustamente la Nazione paga le conseguenze con una recessione che rivendica le ingiustizie di diversi anni di Sciacallaggio Politico.
Come finirà, è un interrogativo senza risposta. Chi vivrà vedrà, si dice che i mulini del signore macinano lenti e prima o poi colpiscono pesantemente.
I cittadini Italiani, un tempo professavano il Credo Cattolico come condotta esemplare del vivere in un mondo impostato sulla correttezza della Fede in Cristo, ma dai pochi esempi riportati con riferimento all’Italia, si può notare una Chiesa tendenzialmente diversa, che specula sulle famiglie portate alla disperazione, amministrata da gente profondamente malata di ipocrisie, falsità, speculazioni e corruzione, allontanando sempre più i fedeli, favorendo l’avanzata dell’Islamismo che mira ad abbattere la prepotenza Occidentale nel mondo, ad opera del Cristianesimo fondato sulla ricchezza materiale e non al servizio di Dio.
Anthony Ceresa
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