giovedì 7 dicembre 2017

Gerusalemme capitale d'israele ... e presto sede della religione sionista universale e della Coca Cola

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Dopo 69 anni di negoziati di pace gettati alla fogna nel conflitto israelo-palestinese, per il mondo intero le speranze di vedere la fine di quella tragedia – fra l’altro uno dei carburanti principali del terrorismo (reazione) islamico contro l’Occidente – sono ormai nulle. Poi il 6 dicembre 2017 Trump ha riconosciuto Gerusalemme come futura capitale d’Israele, e tutti a strapparsi i capelli. Brutta notizia per la pace, no? 
No. 
L’ho già scritto, ma lo ripeto oggi. Se si vuole capire dove sono le speranze per la pace, non dobbiamo guardare a est nel Mediterraneo, né alla Casa Bianca. Puntiamo tutti gli occhi su due fattori: 
1) LA COMUNITA’ EBRAICA D’AMERICA E I LORO COMMENTATORI DI PUNTA. 
2) LE RINNOVABILI.
Mi sbarazzo del secondo punto in due righe, perché voglio concentrarmi sul primo. Israele non era nulla per gli USA fino all’arrivo alla Casa Bianca di Dwight Eisenhower. La politica USA neppure celebrava l’Olocausto. Col crescere della dipendenza di Washington sul petrolio del Golfo, e poi con la grande crisi del 1973, l’America decise che Israele doveva diventare la più grande base militare americana del mondo a guardia dell’oro nero. E lì, il destino dei Palestinesi fu segnato. Oggi però il mondo sta marciando alla velocità di una supernova verso l’energie Rinnovabili in AI, e il petrolio è destinato al cestino della Storia, e con esso molta dell’importanza d’Israele per gli USA. Traetene le conclusioni da soli, visto che Tel Aviv senza armi e dollari USA combatterebbe con i moschetti napoleonici e farebbe il PIL a pompelmi Jaffa (enfatizzo ma più o meno…). Stop.
La domanda quindi centrale è: cosa mai potrà in America portare il consenso politico a costringere Israele ad accettare una pace decente coi Palestinesi e coi Paesi Arabi? La risposta sta nello spiare gli opinionisti di, ad esempio, il New Yorker o il New Republic, che sono i fogli di punta dell’opinione leader degli ebrei d’America. Solo 10 anni fa, entrambi erano integralisti fanatici pro-Israele, neppure una colite di Shimon Peres era criticabile, tutti muti! Poi… 
Poi semplicemente Israele con la sua brutalità “neonazista” (citaz. Aharon Zisling, ministro di Ben Gurion) contro i civili del Libano o contro quelli di Gaza, li ha sempre più disgustati. Le Operazioni Militari israeliane Grapes of Wrath e Cast Lead sono state mostrate in Tv, e questa volta due uomini come Peter Beinart ex direttore del The New Republic e David Remnick ex direttore del The New Yorker, ebrei, hanno detto basta. Hanno vomitato anche loro. E con loro, e i loro editoriali, ha iniziato a vomitare anche l’ebraismo americano. Attenti, non accadeva dal primo minuto della nascita d’Israele nel 1948 che gli ebrei americani voltassero le spalle a quello che l’immenso dissidente ebreo Norman G. Finkelstein chiama “Lo Stato Psicotico”.
Ecco oggi cosa hanno pubblicato il New Republic e il New Yorker mentre la Casa Bianca approvava Gerusalemme capitale d’Israele, e ricordate che questi furono da sempre feroci partigiani americani a priori sempre pro Tel Aviv. 
New Republic: editoriale di Alex Shepard “L’America storicamente ha assunto la posizione secondo cui la divisione di Gerusalemme come capitale dei due Stati è parte integrante ed essenziale della pace”… “L’eventuale riconoscimento di Gerusalemme come capitale indivisibile sarebbe come gettare veleno nell’acquedotto prima che vi bevano sia gli israeliani che i palestinesi”… “La posizione odierna della Casa Bianca e dei Sauditi sulla questione, distrugge le promesse di pace del Presidente”… “Si tratta di una decisione che era ovvio avrebbe portato sugli USA le critiche di tutto il mondo”. 
Il New Yorker affida a un’altissima personalità ebraica un raffinato ma tagliente editoriale. Parla Bernard Avishai, professore alla Dartmouth and Hebrew University, e autore di La Tragedia del Sionismo, oltre che Senior associato al Guggenheim “In Israele la destra di Netanyahu ha controllato la realtà del Pese così a lungo che fra poco sarà inutile persino tentare di ricordare un passato che loro non hanno mai contribuito a costruire”… “La realtà che Gerusalemme Est sia, dalla guerra del 1967, territorio occupato da Israele secondo la legalità internazionale è ovvia a chiunque al mondo, meno che a Israele”… “Un sondaggio del Israel Democracy Institute ci dice che il 61% degli israeliani stessi hanno accettato Gerusalemme come città divisa”… (nda IL PASSAGGIO CHE SEGUE E’ DI CRUCIALE IMPORTANZA STORICA)… “Gerusalemme non fu mai un luogo di adorazione atavica per l’ebraismo. Il massimo moralista della Storia ebraica moderna, Ahad Ha’am (1891), lasciò scritto il suo shock nel vedere quegli strani uomini ebrei fare mosse inconsulte al Muro del Pianto… Ha’am scrisse che le pietre di quel muro rappresentavano la distruzione della nostra terra, e quegli uomini rappresentavano la distruzione della nostra razza”. 
Non so se voi lettori italiani potete capire che micidiale portata hanno parole così scritte da quelli che in America erano le lobby-megafoni telecomandati di Tel Aviv da sempre. Esse rappresentano non solo l’inizio della fine dell’Israele irragionevole, fanatico, “neonazista” nell’oppressione, ma anche le prime pietre della pace futura laggiù. 
Infatti pochi hanno notato che lo stesso Trump nella sua dichiarazione si è guardato bene dal sancire Gerusalemme come capitale INDIVISIBILE d’Israele. Ha infatti detto alla lettera “Non prendo posizione sugli accordi finali, inclusi i confini finali della sovranità d’Israele a Gerusalemme… E’ una questione che devono risolvere israeliani e palestinesi”. Hey, chi gli ha scritto quelle parole nel testo? Esattamente ciò che ho scritto finora. Sa che l’ebraismo americano ora non tollera più gli eccessi dello Stato ebraico. 
Infatti un sondaggio nientemeno che del American Jewish Committee ha mostrato ieri che quasi la metà degli ebrei americani neppure arriva ad approvare lo spostamento dell’Ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme. E Trump sa che il 64% dei potentissimi ebrei americani aveva votato per la Clinton, mentre lui si era beccato un misero 18%. 
Conclusione: calma tutti, gli strilli lasciamoli ai fessi austeri delle Tv. Là dove veramente si fanno i giochi (inclusa l’ebrea Goldman Sachs o nella Coca Cola Company), la corrente è cambiata, e caro psicotico e assolutamente anti-ebraico Sig. Netanyahu, tu e i tuoi sionisti fanatici avete gli anni contati.
Paolo Barnard

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2 commenti:

  1. Commento di Vincenzo Brandi:

    "L'analisi di Barnard (di cui spesso ho condiviso alcune idee) questa volta non mi convince molto.

    La questione del petrolio nel Medio Oriente è diventata secondaria, ma è cresciuta l'importanza strategica della regione (e di conseguenza di Israele) in vista dei piani grandiosi dell'imperialismo USA di dominio mondiale. La guerra in Siria e l'alleanza con i falchi sauditi ne sono un esempio.

    In quanto agli intellettuali ebrei americani "politicamente corretti" ce l'hanno forse con Netanyau per la sua rozzezza e con Trump per la sua mancanza di ipocrisia (il riconoscimento di Gerusalemme come capitale "indivisibile" di Israele in realtà fu già fatto da Clinton), ma sono tra i più accaniti sostenitori dell'imperialismo "democratico"-neocon, stile Hilary Clinton, ed hanno ancora bisogno del bastione israeliano." (V. Brandi)

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  2. Commento di Sebastiano Cosenza:

    "La cosa disgustosa è che i media italioti ( vedi soprattutto il Foglio e la Stampa di oggi) non hanno lo stesso coraggio e la stessa dignità degli opinionisti ebrei del New Yorker e New Republic."

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