Negli
oltre 40 anni di attività personale, di cui una cospicua parte spesi
nel volontariato operativo ed istituzionale, ho avuto modo di appurare
che esiste una costante comportamentale, un comune denominatore
culturale che accomuna quasi per intero la classe politica italiana a
tutti i livelli, da quello locale, all’intermedio, al massimo livello
nazionale: l’ambiguità.
Intendiamoci,
sono molteplici le connotazioni negative, mentre quelle positive sono
rare, ma ora mi voglio limitare e soffermare solo su questa.
Da
cosa si desume che la classe politica è pressoché prevalentemente
ambigua? Dal fatto che se voi scrivete loro per qualsiasi motivo,
raramente riceverete una risposta scritta, e se la riceverete è
soprattutto perché i livelli cui vi siete rivolti, dispongono di uno
staff assistenziale di collaboratori di segreteria e consulenti legali
che provvedono a fornire risposte standard, pressoché formali ed inutili
e di diniego, citando leggi, regolamenti, paragrafi, riferimenti, ecc.,
per giustificare l’inattività e paracularsi da ogni eventuale
ripercussione, con lo scopo primario di conservare ruoli e privilegi.
E
quelli che non dispongono di uno staff di segretari/e perché non
rispondono? Forse perché sono oberati di impegni e non hanno tempo? Non credo proprio.
Le ipotesi sono, a mio avviso, essenzialmente due.
La
prima è che la maggioranza degli amministratori e politici (se non sono
alle prime armi e con carriera appena iniziata, perché in tal caso
rispondono, inutilmente ma lo fanno) rientra nell’altissima percentuale
che il grande linguista (aggiungerei antropologo culturale) Tullio De
Mauro, e tanti altri dopo di lui negli ultimi dieci anni, nella sua
ricerca sull’ignoranza degli italiani, ha definito “analfabeti di
ritorno” o semianalfabeti, cioè ignoranti gravi, non in grado di leggere
e capire frasi e concetti articolati e di senso compiuto con contenuti
astratti e complessi, e meno che mai sono in grado di scrivere, se lo
facessero farebbero brutta figura, rivelando la loro inadeguatezza al
ruolo pubblico assunto.
La
seconda ipotesi è appunto l’ambiguità. Non rispondono praticamente mai
alle vostre istanze, qualunque esse siano (escluse le lusinghe, che sono
sempre gradite), semplicemente perché quanto viene scritto rimane agli
atti e non può venire contestato. Motivo per cui preferiscono comunicare
a voce, perché quanto si pronuncia può venire smentito, dimenticato,
equivocato, reinterpretato, mistificato, ecc..
Da
un approccio superficiale tale atteggiamento e comportamento abituale
potrebbe sembrare innocuo, inoffensivo, accettabile. In fondo basterebbe
cercarli al telefono o di persona (potendo), ed in tal caso non
potrebbero sottrarsi all’incalzare delle vostre legittime istanze,
semmai potrebbero temporeggiare, ed in questo sono più o meno tutti dei
maestri di sofismo, alcuni eccellendo nell’arte della dialettica più
sofisticata per simulare di occuparsene senza in realtà farlo in alcun
modo.
Invece
questo fenomeno tipicamente italico è tutt’altro che innocuo, perché
rivela la vera natura “corrotta” della politica italiana ad ogni
livello, la sua inutilità, in quanto non è più da decenni al servizio
del cittadino ma solo di coloro che vi si dedicano e che la
sponsorizzano, qualunque sia la motivazione ed il ruolo dell’investitura
pubblica.
L’ambiguità
rivela quanto grave e diffusa sia divenuta nel nostro degradato paese
l’assenza di assunzione di responsabilità individuale a livello politico
istituzionale. Nessuno è più responsabile di nulla, nessuno vuole
assumersi delle responsabilità, nessuno vuole essere valutato e
giudicato, disperdendosi nella moltitudine anonima e dotata di pressoché
totale immunità ed impunità della cosiddetta “casta”. L’importante e
farne parte. Se ne siete esclusi potete solo avanzare delle suppliche,
da bravi “sudditi”, e sperare nell’eventuale paternalistica benevolenza
dell’interlocutore politico di turno.
Se
vi accontentate proseguite pure in questo gioco privo di regole ed
alquanto perverso, i vincitori saranno sempre loro. A voi tuttalpiù
perverrà ogni tanto un contentino per tenervi buoni e guadagnare tempo,
soprattutto se in periodo di elezioni, le promesse non costano nulla e
vengono presto dimenticate.
Claudio Martinotti Doria
claudio@gc-colibri.com
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