La sala del conclave di Avignone si
presenta con una immagine suggestiva ed accattivante. Quei seggi
austeri e vuoti, come d’incanto, riportano i numerosi visitatori
alle atmosfere medievali, delle elezioni al soglio di Pietro. Sembra
quasi di rivedere i porporati che intervengono in favore di un
cardinale da fare eleggere alla massima carica della Chiesa; o anche
di ascoltare le loro preghiere indirizzate allo Spirito Santo, perché
illumini le loro menti.
Invece la sala del conclave del Palazzo
Papale di Viterbo è tutto il contrario. Infatti, è povera, fredda e
disadorna. Più che ad una sala che ha visto numerosi conclavi
(cinque in totale), tra i quali il più lungo della storia della
Chiesa, che dette luogo al neologismo “conclave” (da clausi cum
clave), sembra quasi un vecchio magazzino mercantile, rimesso a
nuovo, in attesa di essere riempito di scatoloni, o anche di
granaglie.
Oggi si parla tanto di un museo del
conclave, di una bella installazione multimediale, che faccia
rivivere ai turisti i momenti storici della Viterbo “Caput Mundi”.
Plaudiamo a queste iniziative, ma conoscendo Viterbo e soprattutto i
viterbesi, suggeriamo di cominciare a fare qualcosa che sia
realizzabile da subito, senza rimpalli biblici tra i vari enti, che
dovrebbero impegnarsi per realizzare questa opera.
Allora, noi che amiamo Viterbo, noi che
vogliamo rendere migliore questa nostra città, per nostra ambizione
e per i nostri figli, ci permettiamo di suggerire una iniziativa che
abbia le caratteristiche di essere realizzata con un impegno di spesa
più abbordabile.
Cominciamo con il migliorare la sala del conclave,
facendo ricostruire i seggi in legno così come erano nel medioevo.
Magari ne facciamo confezionare diciannove; tanti quanti erano
all’inizio i cardinali del conclave più lungo della storia della
Chiesa (1271).
Per creare un minimo di atmosfera, basterebbe creare
questi seggi e posizionarli addossati alle pareti della sala. Poi
per dare un tocco di verosimiglianza, agli accadimenti dell’epoca,
che ricordi l’episodio del tetto scoperchiato per ordine del
Capitano del Popolo Raniero Gatti il Giovane, basterà riproporre un
esempio di tenda improvvisata, con panneggi di velluto rosso, come
quelle che i nostri storici ci dicono furono arrangiate dai
cardinali, per proteggersi dalle intemperie e dal freddo della notte.
Quindi le prime spese, in attesa del museo multimediale dei Conclavi,
sarebbero di lieve entità: due file di seggi contrapposti con
capienza di almeno venti posti, dieci sul lato destro e dieci su
quello sinistro, e alcuni bastoni piantati a mo’ di tenda,
ricoperti con panneggi di velluto rosso cardinale.
Poi potremo
attendere con pazienza, che gli enti che dovrebbero finanziare il
museo, si mettano d’accordo sulla ripartizione delle spese.
Fatte queste prime opere i turisti
avranno di che godere, respirando l’atmosfera giusta, e la nostra
città, anche senza essere Avignone, comincerà il suo cammino verso
quel turismo religioso tanto agognato, che fa ricchi i nostri cugini
d’oltralpe.
Giovanni Faperdue
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Intervento integrativo di Michele Bonatesta:
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Intervento integrativo di Michele Bonatesta:
Illustrissimo giornalista e storico viterbese,Giovanni Faperdue.
Mi lasci subito dire che sono perfettamente d’accordo con lei, quanto meno nel vero significato che il suo intervento sul Palazzo Papale di Viterbo non può non avere, e cioè che… un Palazzo Papale così come è quello di Viterbo non serve a niente ed a nessuno.
Non serve ad una città di arte e di cultura.
Non serve ad una città che si accinge a realizzare il Museo dei Conclavi.
Non serve ad una città che dispone del Museo del Duomo.
Non serve ad una città che vorrebbe diventare città turistica.
Non serve, per l’appunto, ai turisti.
Non serve alla Chiesa.
Non serve alla storia.
Non serve, per l’appunto ancora… come già detto… a niente ed a nessuno.
Massì.
Un Palazzo Papale come quello di Viterbo serve solo a quei viterbesi che - la notte - si siedono sui gradini della scalinata per chiacchierare, fumare, bere e… quant’altro.
Un Palazzo Papale come quello di Viterbo serve solo a quei turisti che alla fine cedono alle vaghe reminiscenze scolastiche che parlano loro di Viterbo come ex città dei Papi, di Viterbo come sede del conclave più lungo della storia dei conclavi ed alla fine cedono – come già detto - alla curiosità di una visita.
Epproprio: una visita alla ex Città dei Papi, una visita al Palazzo Papale dove si svolse il conclave più lungo della storia, il tutto per una sosta di circa cinque minuti… giusto il tempo di girare le spalle al Palazzo Papale e farsi unselfie davanti la loggetta con le arcate.
Tutto qui.
Tutto qui per poi tornarsene a casa con quella domanda che sicuramente non potrà non ronzare loro nel cervello per chissà quanto tempo: “ Ma valeva davvero la pena di venire a Viterbo ? “
Epproprio, carissimo giornalista e storico della nostra città, gentilissimo Giovanni Faperdue : “ Ma davvero vale la pena di venire a Viterbo per vedere l’attuale Palazzo Papale ? “.
La risposta lei se l’è data – di fatto – da solo e quindi penso sia inutile continuare ad infilare il dito nella piaga.
La sua, infatti, è stata una risposta implicita, caritatevole.
Della serie… della serie… il Palazzo Palale non è come…la sera del 3 settembre.
Il Palazzo Papale non è come la sera del 3 settembre,dove tutta la città ( e non solo) si stringe intorno a Santa Rosa, alla sua tradizione, facendo esplodere nel buio della notte tutta la gioia della sua Fede… tanto da far pronunciare a Giovanni Paolo II quella frase oramai diventata storica, frase pronunciata da un Papa già in odore di Santità “ Valeva la pena di venire a Viterbo “.
Una frase che in tantissime altre città che avessero avuto la fortuna di avere un Papa-Santo che l’aveva pronunciata… una frase – le dicevo - che in ben altro modo sarebbe stata sfruttata in qualsiasi altra parte del mondo, non certo relegandola ad un semplice dichiarazione di ‘ stupore ‘ per il passaggio dellaMacchina di Santa Rosa.
Eggià… perché… perché sicuramente Papa Giovanni Paolo II avrà voluto manifestare il suo plauso ‘ anche ‘ per la Macchina di Santa Rosa e per i Facchini di Santa Rosa ma – ad avviso del sottoscritto, carissimo Giovanni Faperdue – quel… “ valeva la pena di venire a Viterbo…” era rivolto non a loro ma al ‘ cuore ‘ della città di Viterbo che in quel momento palpitava per la sua Santa bambina portata in trionfo lungo le vie della città, era rivolto a quel tripudio di Fede che non poteva non toccare il cuore di un Santo come Papa Giovanni Paolo II.
Il Palazzo Papale, dicevamo, dunque.
Un Palazzo Papale che così com’è non serve a niente ed a nessuno se non – come già detto – ai pochi, pochissimi secondi di… un selfie.
Un Palazzo Papale che – come giustamente rilevato ‘anche ‘ da lei -, andrebbe fatto rivivere anziché lasciarlo come è, abitato solo dai fantasmi di un passato che viene ricordato … ogni morte di Papa.
In realtà, nei cinquant’anni circa della mia attività politico-giornalistica, non so più nemmeno io quante volte sia tornato su questo argomento.
Sono d’accordo con Lei – dunque – quando dice che occorrerebbe fare rivivere il Palazzo Papale di Viterbo ma non sono assolutamente d’accordo, carissimo Giovanni Faperdue, con il solito… bicchiere mezzo vuoto del quale siamo soliti accontentarci noi viterbesi.
Eccerto: a Viterbo - come dappertutto in Italia, del resto – non c’è mai stato nulla di più definitivo del… provvisorio.
Mettere due file di panche nella sala del Conclave a ‘ricordo ‘ degli scranni dove sedevano i Cardinali servirebbe solo ad aumentare il senso di tristezza che già trasuda abbondantemente dalle pareti di quella sala.
Di tristezza e di abbandono della storia da parte del presente.
Nossignore.
Il Palazzo Papale andrebbe ‘ rigenerato ‘ ( e reso fruibile ) in tutte le sue stanze, con mobili, suppellettili, manichini, stoffe e… quant’altro.
Né più né meno di quanto c’è nel Palazzo Papale di Avignone dove i turisti fanno la fila per entrare (pagando) e – quando escono . possono tranquillamente esclamare:“ Valeva la pena di venire ad Avignone “.
Epproprio: far rivivere il Palazzo Palale di Viterbo significherebbe, carissimo Faperdue, far rivivere la città, risuscitare l’artigianato, far risorgere le tante piccole botteghe degli artigiani, ridare immagine e contenuto a San Pellegrino.
Significherebbe, magari, anche ‘ giustificare ‘ un Hotel del Conclave ( a 5 stelle) al posto del vecchio Ospedale Grande degli Infermi.
Significherebbe, insomma, portare lavoro e ricchezza a Viterbo, in altre parole ma… c’è – purtroppo - … un ‘ ma ‘.
Un ‘ ma ‘ che è sempre esistito e che nessuno ha mai avuto il coraggio di… ammettere.
Un ‘ ma ‘ grande come una ‘ casa ‘ che nessuno ha mai avuto il coraggio di… denunciare.
E, come al solito, anche questa volta tocca al sottoscritto ricoprire il ruolo del vecchio borbottone.
Essì, carisimo Faperdue: la verità è che se nessuno mette mano al Palazzo Papale di Viterbo non è solo questione di soldi ( come per tutte le cose) ma è perché… perché c’è ben altro.
Epproprio: c’è un problema … grosso quanto una casa.
Eccerto: c’è un problema grosso come… comel’abitazione del Vescovo, carissimo Giovanni Faperdue, storico e giornalistico viterbese.
Il Palazzo Papale, infatti, è ‘ la casa ‘ del Vescovo di Viterbo, da sempre.
Il Cardinal Bertone ha un attico di alcune centinaia di metri, i Vescovi di Viterbo hanno sempre potuto disporre, come loro abitazione, addirittura… del Palazzo Papale.
E far rivivere il Palazzo Palale di Viterbo, oggi significherebbe, inevitabilmente, dare ‘ lo sfratto ‘ alla Curia viterbese ed al Vescovo, oggi e sempre.
Capisce ora, carissimo Giovanni Faperdue, perché – ad avviso del sottoscritto, ovviamente - le due file di banchi nella Sala del Conclave non servirebbero assolutamente a niente?
Mi sono spiegato per quale motivo, molto probabilmente, a Viterbo nemmeno quelle due file di banchi da lei auspicate nessuno si permetterà mai né di proporre né di realizzare o quei tendaggi ?
Se la Curia fosse d’accordo, infatti, se il Vescovo fosse disposto a traslocare – infatti – i soldi per una cosa del genere Viterbo sicuramente li troverebbe.
Magari andandoli a cercare in Europa.
Magari andandoli a chiedere a qualche mecenate ( a… sconto fisco).
Magari andandoli a cercare in Vaticano.
Epproprio, carissimo Giovanni Faperdue: il Vaticano.
Il Vaticano e… il Papa.
Papa Francsco, carissimo Giovanni Faperdue.
E se si trovasse il modo di… arrivare a lui ?
Lui potrebbe anche ritenere che sia arrivato il momento che il Palazzo Papale di Viterbo torni ai Papi, cioè alla Chiesa, per essere goduto da tutti.
Probabilmente… il progetto di fare rivivere un pezzo di storia della Chiesa mettendola a disposizione di credenti e non credenti potrebbe trovarLo d’accordo.
Probabilmente… probabilmente Lui stesso potrebbe ritenere che un Palazzo Papale come abitazione del Vescovo ‘ di turno ‘ potrebbe essere eccessivo e meritevole invece di essere restituito al… popolo plaudente.
Essì: l’unica speranza per noi viterbesi, egregio giornalista e storico Giovanni Faperdue,potrebbe essere proprio Lui, Papa Francesco, Francesco.
Nessun politico, nessun amministratore… di centro di destra o di sinistra… si sognerebbe mai – infatti - di ‘ dare lo sfratto ‘ al Vescovo (di turno) di Viterbo.
Ma Lui… Lui sì: Francesco potrebbe sicuramente chiedere al Vescovo di cambiare abitazione restituendo il Palazzo Papale di Viterbo ai viterbesi e… alla ex Città dei Papi !
O no ?
Sen. Michele Bonatesta
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